(Cass. Sezione II Penale, sentenza 29 novembre – 17 dicembre 2012, n. 48738)
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Giuseppe M. – Presidente –
Dott. IANNELLI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. CASUCCI Giuliano – Consigliere –
Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –
Dott. RAGO Geppino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) OMISSIS;
avverso l’ordinanza n. 21/2012 TRIB. LIBERTA’ MINORI di MILANO, del 24/07/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
Letti gli atti, la ordinanza, il ricorso;
Udita la relazione del Cons. Dr. Enzo Jannelli;
Udite le richieste del S. Procuratore Generale, Dr. Gialanella Antonio, per la rimessione degli atti alle Sezioni Unite e in subordine per l’annullamento con rinvio del procedimento.
1- Tramite difensori OMISSIS, minorenne e indagato per il delitto di tentativo di rapina impropria aggravata dalla circostanza delle più persone riunite – art. 110 c.p., art. 628 c.p., comma 2 e comma 3, n. 1 – ricorre per cassazione avverso l’ordinanza, in sede di riesame, del tribunale per i minorenni di Milano, in data 24.7.2012, di conferma del rigetto dell’istanza volta alla revoca sostituzione della misura della permanenza in casa disposta dal gip del predetto tribunale con ordinanza 16.7.2012, contestando, con l’unico motivo di ricorso, l’omessa motivazione in ordine alla possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, con la conseguente preclusione, ai sensi dell’art. 275, comma 2 bis, di disporre la misura.
2- Non ignora il collegio le diverse posizioni culturali che sul tema proposto si registrano nella giurisprudenza di legittimità: da un lato, Sez. 2, 12.6/21.9.2007, Marcu, Rv 237852 e Cass. Sez. 3, 3.11.1995/30.1.1996, P.M. in proc. Milavi, Rv 204162,hanno ritenuto che l’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, inserito dalla L. 8 agosto 1995, n. 332, art. 4, secondo cui “non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza penale possa essere concessa la sospensione condizionale della pena” è riferibile anche alle misure introdotte dagli artt. 21 e 22 (D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448) – e quindi, nella specie, alla misura cautelare del collocamento del minorenne in casa o in comunità – e non solo alla ipotesi della custodia cautelare in carcere. Infatti non potrebbe negarsi, nelle predette misure, un rilevante e decisivo carattere o contenuto di limitazione della libertà personale del minore che giustifica, ai fini dell’applicazione dell’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, un trattamento comune alle altre “misure custodiali”. Di diverso avviso la Sez 4 di questa Corte – 22.2/22.3.2007, Materia Rv 236285; Sez. 4,27.3/19.6.2003, Druiescu, Rv. 225126, ed ancora Sez. 4, 5.7.1999/13.3.2000, Vincente, Rv 215875- per una duplice ragione, formale l’una sostanziale l’altra: da un lato, per il fatto che il D.P.R. 22 settembre 1088, n. 488, artt. 21 e 22, considerano il minore, destinatario di una delle misure di permanenza in casa o in comunità, in stato di custodia cautelare ai soli fini della durata massima della misura e del calcolo della pena da scontare, mentre per il resto è considerato libero anche se sottoposto a prescrizioni ed obblighi, dall’altro per il fatto che le misure predette hanno struttura diversa da quella della detenzione domiciliare e della detenzione in carcere ed assolvono altresì ad una più complessa finalità coerente alle linee di trattamento dei minorenni voluto dal nostro ordinamento.
3- Non ritiene la Corte sostenibile la tesi alla cui stregua in materia di misure cautelari nei confronti di minorenni, l’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, secondo cui non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza penale possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, non sia riferibile alle misure cautelari speciali apprestate per i minorenni dal D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, artt. 21 e 22.
La tesi, per la verità, sì richiama esplicitamente alla lettera del cit. art. 21, comma 4 secondo cui una volta”…imposta la permanenza in casa il minorenne è considerato in stato di custodia cautelare ai soli fini della durata massima della misura….”, lettera corroborata dalla ritenuta ratio della disposizione attenta alla ” – una più complessa finalità coerente alle linee di trattamento dei minorenni voluto dal nostro ordinamento ..” (testualmente, Sez. 4, 22.2/23.22007, Materia cit.). Entrambi gli argomenti non si coniugano, però, con le regole della logica letterale interpretativa, con la più centrata finalità della disposizione, con la coerenza del sistema complessivo infine. Non con le regole della logica perchè la non equiparazione alla custodia cautelare è un giudizio normativo che presuppone, per volontà di legge, la già avvenuta “imposizione della misura”, laddove la eventuale concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena preclude la stessa ” imposizione”. Non con la ratto immanente alle misure coercitive nei confronti dei minori, vocate ad una attenuazione delle predette in vista di una finalità rieducativa e di inserimento nella società promossa per l’appunto da misure, che nella normalità dei casi, non li allontanino dall’ambiente familiare – art. 21 – o da una comunità curativa, educativa e socializzante – art. 22 – fermi restando, e non è il caso di specie, i casi eccezionali o per la gravità dei reati o per il periclum libertatis eccezionalmente grave – art. 23 – che impongono la misura cautelare in carcere. Ora, premesso che anche la misura cautelare personale della permanenza in casa, come del collocamento in comunità presentano un rilevante e decisivo carattere o contenuto della limitazione personale del minore, tale da giustificare di per sè un trattamento comune alle altre misure custodiali, la soluzione della problematica in esame dipende dalla risposta che si voglia dare alla domanda se la sospensione condizionale della pena persegua o meno una finalità incompatibile con il trattamento cautelare che il legislatore ha voluto riservare ai minori che commettano reati. E la risposta non può che essere, ad avviso della Corte, obbligata: l’istituto, specie in una prospettiva diacronica, consente di percorrere la via dell’alternativa al carcere non già erga omnes, ma limitatamente ad alcune categorie di colpevoli. Tra i quali devono annoverarsi a pieno titolo i minori, per i quali il legislatore ha previsto misure cautelari solo in via eccezionale individuate nella custodia in vinculiis, ma di norma misure vocate ad una funzione preminentemente special – preventiva e risocializzante, della cui ratto partecipa a pieno la causa estintiva del reato che è l’istituto previsto dall’art. 163 c.p., e segg.. Devesi,ancora, rilevare che i contenuti promozionali propri della misura della permanenza in casa, tesi alla correzione ed al reinserimento del minore, potranno pur sempre essere disposti,” allorchè non risulta necessario far ricorso a….misure cautelari”, quale quella del caso di specie, dal giudice disposto ed avere quel contenuto così socializzante e rieducativo proprio delle prescrizioni previste dal D.P.R. n. 448 del 1988, art. 20 in funzione dello studio, del lavoro ovvero delle altre attività utili per la sua rieducazione. Peraltro, sul piano della coerenza del sistema, sarebbe irragionevole, ove si aderisse alla soluzione interpretativa che in questa sede non si condivide, non ammettere la sospensione condizionale della pena in presenza di misure cautelari ed invece ammetterla in sede di giudizio sulle sanzioni finali da assumere in sede di sentenza di condanna. Come disarmonico sarebbe il sistema delle misure cautelari ai danni del minorenne che potenzialmente destinatario della custodia cautelare in carcere ai sensi del D.P.R. n. 488 del 1988, art. 23, sfugge in concreto alla predetta misura “se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena” ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, mentre non sfugge, sempre il minorenne, alla misura cautelare minore, la permanenza in casa o il collocamento in comunità, pur in presenza dello stesso presupposto: la prognosi della concessione della causa estintiva del reato in sede di sentenza.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale dei minorenni di Milano per nuovo esame.