Si segnala un contrasto di legittimità in merito all’ammissibilità dell’impugnazione del P.M. avverso la sentenza di non luogo a procedere per la concessione del perdono giudiziale nei confronti del minore rimasto contumace.
La Terza Sezione III, con la sentenza n. 24357, di seguito riportata, sebbene ribadisca il principio di diritto, già riportato nella s
entenza n. 7395 della Sezione VI Penale, secondo il quale il Gip presso il Tribunale dei minorenni può pronunciare sentenza di non luogo a procedere per il perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto solo quando il minore, personalmente o tramite il suo difensore munito di procura speciale, abbia espresso il suo consenso alla definizione del giudizio in sede di udienza preliminare, si è tuttavia discostata dalla precedente pronuncia di altra Sezione laddove ha ritenuto che il provvedimento del GIP non sia ricorribile in Cassazione da parte del pubblico ministero, difettando l’interesse a far valere la lesione di un diritto di difesa dell’imputato.
La Suprema Corte ha quindi dichiarato inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione del pubblico ministero (nella specie, il Procuratore Generale presso la Corte di appello) che, senza contestare la sussistenza dei presupposti per la concessione del perdono giudiziale, ha impugnato con ricorso per cassazione la sentenza del giudice per l’udienza preliminare di non luogo a procedere applicativa del beneficio previsto dall’art. 32 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.
1. (OMISSIS) nato ad (OMISSIS), imputato del delitto di cui alla Legge 14 dicembre 2000, n. 376, articolo 9, commi 1 e 4, perchè, in qualità di tesserato per la Società (OMISSIS), affiliata alla Federazione Pugilistica Italiana, al fine di alterare le sue prestazioni agonistiche, essendo stato trovato positivo al “Furosemide”, assumeva la suddetta sostanza biologicamente e farmacologicamente attiva in assenza di condizioni patologiche o biologiche dell’organismo che ne giustificassero l’assunzione (acc.to in (OMISSIS)).
All’udienza preliminare il difensore dell’imputato contumace, ancorché non in forza di procura speciale, prestava consenso alla definizione anticipata del procedimento in sede di udienza preliminare.
Il G.u.p. presso Tribunale per i minorenni di Firenze con sentenza del 6 giugno 2011 dichiarava non doversi procedere a carico dell’imputato, in concorso con le circostanze attenuanti generiche e la diminuente della minore età, per concessione di perdono giudiziale.
Il G.u.p. osservava che la prova del fatto emergeva con chiarezza dagli atti trasmessi dal CONI dai quali si evinceva che il minore veniva trovato positivo alle analisi antidoping; il fatto era stato riconosciuto di rilievo disciplinare in relazione alla disciplina sportiva di pugilato per la quale all’epoca l’imputato era regolarmente tesserato, non essendo stato l’atleta in grado di spiegare e sostenere le ragioni di tali positività. Riteneva tuttavia il Tribunale che sussistessero i presupposti per l’applicazione dell’istituto del perdono giudiziale poiché oltre, al dato della formale incensuratezza, l’imputato era rimasto estraneo alla successiva commissione di illeciti non avendo a suo carico alcuna altra pendenza nonostante il tempo trascorso.
Tali considerazioni, unitamente all’assenza di precedenti penali, hanno portato il G.u.p. a ritenere che il fatto era stato episodico e occasionale e che quindi, trattandosi di reato per il quale poteva essere irrogata una pena inferiore ai due anni, essendo senz’altro concedibili le circostanze attenuanti generiche oltre alla diminuente della minore eta’, poteva essere applicato l’istituto del perdono giudiziale, con conseguente estinzione del reato.
2. Avverso questa pronuncia il Procuratore di della Repubblica presso la corte d’appello di Firenze propone ricorso per cassazione con un unico motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’unico motivo di ricorso il Procuratore Generale ricorrente deduce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articolo 32 avendo il primo giudice dichiarato non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale senza che l’imputato, contumace, avesse prestato il proprio consenso alla definizione anticipata del procedimento ne’, per quanto risultava dal verbale dell’udienza, lo avesse prestato un difensore munito di procura speciale.
2. Il ricorso e’ inammissibile.
3. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articolo 32 prevede che nell’udienza preliminare, prima dell’inizio della discussione, il giudice chiede all’imputato se consente alla definizione del processo in quella stessa fase, salvo che il consenso sia stato validamente prestato in precedenza. Se il consenso e’ prestato, il giudice, al termine della discussione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall’articolo 425 c.p.p. o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto.
Questa disposizione, nel suo comma 1 (come modificato dalla Legge n. 63 del 2001, articolo 22, comma 1), e’ stata dichiarata costituzionalmente illegittima “nella parte in cui, in mancanza del consenso dell’imputato, preclude al giudice di pronunciare sentenza di non luogo a procedere che non presuppone un accertamento di responsabilita'” (Corte cost. n. 195 del 2002).
Rimane invece la necessità del consenso dell’imputato nel caso di definizione del processo con sentenza di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale (ovvero per irrilevanza del fatto). Cfr. Cass., sez. 6, 19 febbraio 2009 – 31 marzo 2009, n. 14173, che ha affermato che il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale per i minorenni puo’ pronunciare sentenza di non luogo a procedere per perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto solo quando il minore, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, abbia espresso il proprio consenso alla definizione del giudizio in sede di udienza preliminare. Conf. Cass., sez. 5, 7 dicembre 2007 – 28 gennaio 2008, n. 4134, che ha ribadito che al fine della definizione in sede di udienza preliminare del procedimento a carico del minorenne con la concessione del perdono giudiziale, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articolo 32, come modificato dalla Legge 1 marzo 2001, n. 63, articolo 22, il G.u.p. deve raccogliere il consenso dell’imputato, prestato personalmente o a mezzo di procuratore speciale.
Puo’ quindi dirsi acquisito il principio secondo cui il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale per i minorenni puo’ definire il procedimento pronunciando sentenza di non luogo a procedere per perdono giudiziale solo quando il minore abbia espresso il proprio consenso alla definizione del giudizio all’udienza preliminare personalmente o a mezzo di procuratore speciale. Infatti – ha sottolineato Cass., sez. 6, 26 febbraio 2003 – 21 maggio 2003, n. 22538 tale tipo di pronuncia presuppone un accertamento della responsabilita’ penale, normalmente devoluto alla fase dibattimentale, e pertanto e’ solo l’imputato che puo’ decidere di rinunziare al dibattimento ed alle facolta’ difensive ivi esercitabili.
La conseguenza – come ha precisato Cass., sez. 2, 20 maggio 2004 – 10 giugno 2004, n. 26325 – e’ che e’ impugnabile mediante ricorso per cassazione la pronuncia con la quale il G.u.p., in sede di udienza preliminare definisce, con la concessione del perdono giudiziale (ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articolo 32, come modificato dalla Legge 1 marzo 2001, n. 63, articolo 22), il procedimento a carico del minorenne non presente in udienza, che non abbia prestato il proprio consenso, o che non sia rappresentato da difensore munito di procura speciale. L’assenza del consenso dell’interessato, infatti, e’ ammissibile esclusivamente nel caso di decisione interamente liberatoria, che non implichi, ne’ presupponga alcun accertamento di responsabilita’; in caso contrario la scelta di accedere al rito semplificato minorile e’ personalissima e conseguentemente e’ riservata in modo esclusivo all’interessato.
4. Il principio appena enunciato va però coniugato con l’ulteriore principio secondo cui per proporre impugnazione occorre avere interesse.
Ha affermato Cass., sez. 3, 17 ottobre 1984 – 13 dicembre 1984, n. 1650, che l’interesse a ricorrere va commisurato al pregiudizio che il provvedimento impugnato e’ idoneo a determinare nella sfera giuridica della parte appellante o ricorrente, non all’esito del giudizio che essa invoca sulla legittimità del provvedimento stesso. Principio quest’enunciato anche dalla giurisprudenza piu’ risalente: cfr. Cass., sez. 2, 20 ottobre 1978 – 8 febbraio 1979, n. 1466, che parimenti ha ritenuto che l’interesse a proporre impugnazione deve configurarsi in modo concreto, nel senso di una qualche utilità pratica, come tale riconosciuta dalla legge, diretta alla riparazione di lesioni giuridiche produttive di effetti pregiudizievoli, mediante la modifica di un determinato provvedimento, non sussistendo, invece, interesse a ricorrere in relazione alla pretesa di teorica esattezza giuridica della decisione.
La prescrizione, contenuta nell’articolo 32 citato, del consenso dell’imputato a definire il processo nell’udienza preliminare con una pronuncia di non luogo a procedere, in particolare, per concessione del perdono giudiziale e’ una norma dettata a protezione del diritto di difesa dell’imputato stesso. Il quale quindi ha, certo, l’interesse ex se ad impugnare la pronuncia del G.u.p. emessa senza il suo consenso lamentando la lesione del suo diritto di difesa.
Invece, nella stessa situazione, l’interesse del pubblico ministero a far valere l’irritualità della pronuncia del G.u.p. per omessa previa acquisizione del consenso dell’imputato ha consistenza e rilevanza giuridica solo se mediato dalla censura di insussistenza dei presupposti di legge per la concessione del perdono giudiziale. Ma se il pubblico ministero – così come nel caso di specie non contesta la sussistenza di tali presupposti, non ha egli interesse a far valere la lesione di un diritto di difesa dell’imputato di cui questo ultimo non si duole.
Sarebbe contraddicono che il pubblico ministero possa predicare, con l’impugnazione, un’astratta istanza di legalità per rimediare alla lesione di un diritto personalissimo dell’imputato, quale e’ la prestazione del consenso alla definizione del processo nell’udienza preliminare con la concessione del perdono giudiziale, con l’effetto – negativo per l’imputato che abbia prestato acquiescenza alla pronuncia di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale – di far retrocedere quest’ultimo in una situazione processuale dall’esito che tornerebbe ad essere impregiudicato.
Deve quindi ritenersi carente di interesse a ricorrere il pubblico ministero (nella specie, il procuratore generale presso la corte d’appello) che, senza contestare la sussistenza dei presupposti per la concessione del perdono giudiziale all’imputato minorenne, impugni con ricorso per cassazione la pronuncia del giudice per le indagini preliminari di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale ove si limiti a dedurre la lesione del diritto di difesa dell’imputato per non essere stato acquisito il suo consenso alla definizione del processo con tale pronuncia all’udienza preliminare ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, articolo 32.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.