IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GARRIBBA Tito – Presidente –
Dott. GRAMENDOLA Francesco – Consigliere –
Dott. LANZA Luigi – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –
Dott. APRILE Ercole – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
OMISSIS;
avverso la sentenza n. 648/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del 05/12/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito, per la parte civile, l’Avv. . che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore Avv. che ha chiesto accogliersi il ricorso.
1. Con sentenza del 5.12.2011 fa Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza emessa dai Tribunale di Roma in data 28,4.2008 appellata dall’imputato OMISSIS, dichiarava non doversi procedere nei confronti del predetto in ordine al delitto di calunnia ai danni di OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS essendo il reato estinto per prescrizione.
Confermava le statuizioni civili della sentenza impugnata, ad eccezione del riconoscimento delle provvisionali in favore delle pp.cc..
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato deducendo:
2.1. inosservanza e violazione dell’art. 24 Cost., artt. 191, 234, 237 e 238 c.p.p. in relazione all’acquisizione e valutazione della memoria difensiva ed all’interrogatorio formate del OMISSIS resi nel procedimento civile: quanto alla prima, essa non poteva ritenersi quale documento ex art. 234 c.p.p. trattandosi di atto di natura processuale e finalità difensive; quanto al secondo, non poteva ritenersi dichiarazione di scienza ex art. 237 c.p.p. trattandosi di un mezzo di prova proveniente da giudizio civile non conclusosi con sentenza passata in giudicato, essendosi il relativo giudizio conclusosi con conciliazione giudiziale.
2.2. violazione e falsa applicazione dell’art. 64 c.p.p., comma 3, artt. 191, 208 e 209 c.p.p. essendosi posto a base del giudizio di condanna l’esame dell’imputato svoltosi nel giudizio di primo grado non preceduto dagli avvertimenti di cui all’art. 64 c.p.p., comma 3, non essendo conferenti al caso i richiami giurisprudenziali della sentenza all’esclusione di tali avvertimenti all’esame dibattimentale dell’imputato ed essendo l’eccezione difensiva conforme alla decisione costituzionale n. 191/2003.
2.3. illogicità e contraddittorietà detta motivazione per manifesto travisamento del contenuto della lettera inviata da OMISSIS all’avv. OMISSIS, avendo la Corte territoriale estrapolato dal predetto documento solo le parti funzionali alla tesi di accusa.
2.4.violazione ed erronea applicazione dell’art. 185 c.p. e art. 2059 c.c.; contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità civile senza l’allegazione o prova sulle conseguenze pregiudizievoli della condotta contestata, includendo, peraltro, nel cd. danno morale anche la lesione dell’immagine e dell’onorabilità professionale.
1. La Corte territoriale ha considerato – al fine di giustificare la consapevolezza da parte dell’imputato della diversa giustificazione causale delle somme destinate ai coniugi OMISSIS – sia la memoria difensiva che l’interrogatorio formale reso dal OMISSIS nel procedimento in materia dì lavoro promosso dai coniugi OMISSIS a seguito del licenziamento in tronco dei due domestici.
1.1. Quanto alla memoria difensiva resa nel procedimento civile, correttamente ne è stata considerata la natura documentale in base alla nozione generale di documento prevista dall’art. 234 c.p.p. (Sez. 1, Sentenza n. 8559 del 02/05/1997 Ud. (dep. 24/09/1997 ) Rv.208573 Imputato: Dragone e altri).
1.2. Quanto all’interrogatorio formale reso dal OMISSIS nello stesso procedimento civile, la sua legittima considerazione non si può fondare – come risulta aver opinato la Corte territoriale – qualificando l’atto nell’ambito delle dichiarazioni di scienza acquisibili ex art. 237 c.p.p. che fanno riferimento a documenti preesistenti e, comunque, formati al di fuori del processo. Non può negarsi, invece, la natura probatoria e processuale dell’atto in questione, e la considerazione fattane in sentenza è legittima – ai sensi dell’art. 238 c.p.p., comma 2 – in quanto si fonda sulla sua provenienza da processo al quale ha partecipato, esplicando la sua difesa, colui nei confronti del quale l’atto è stato utilizzato e che risulta definito, ancorchè con conciliazione giudiziale.
2. Il secondo motivo è infondato. Correttamente la Corte territoriale ha escluso l’applicabilità dell’art. 64 c.p.p. all’esame dibattimentale reso dall’imputato, dovendosi condividere il pertinente orientamento di legittimità (Sez. 1, Sentenza n. 34560 dei 06/06/2007 Rv, 237624 Imputato: Pranno) considerando proprio l’ordinanza costituzionale n. 191/2003 ed osservandosi che gli avvertimenti di cui all’art. 64 c.p.p., comma 3 non si applicano all’esame dell’imputato nel dibattimento, disciplinato invece dall’art. 208 c.p.p., art. 401 c.p.p., comma 5, e art. 503 c.p.p., il quale ha una funzione del tutto diversa, essendo previsto per la fase dibattimentale in cui il contraddittorio tra le parti è pieno e il diritto di difesa può esplicarsi nella massima ampiezza.
3. Il terzo motivo è inammissibile perchè involge, attraverso la formale censura di travisamento del contenuto della prova documentale, un profilo di merito improponibile in questa sede di legittimità e nei termini peraltro generici proposti attraverso stralci del documento di cui si asserisce il travisamento.
4. Il quarto motivo è inammissibile. Esso ripropone l’analoga doglianza mossa in sede di appello, in presenza di motivazione logica e priva di vizi giuridici al riguardo della sussistenza del danno morale ed alla sua commisurazione connesse allo svolgimento da parte di due delle persone offese della professione di avvocato e, quanto alla terza, alla gravita del ruolo addebitatogli.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente ai pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che liquida complessivamente nell’importo di Euro 2.000,00 oltre IVA e CPA.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che liquida complessivamente nell’importo di Euro 2.000,00 oltre I.V.A. e CPA.