Avverso il provvedimento con il quale il giudice di pace, ai sensi dell’art. 35 del D.L.vo 274/2000, abbia dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta riparazione del danno, la parte civile non è facoltizzata a proporre ricorso per Cassazione né ai fini penali (salvo che il procedimento sia stato instaurato con ricorso immediato, per cui si renda operativo il disposto di cui all’art. 38, co. 1, D.L.vo 274/2000), né a quelli civili, attesa l’inidoneità del provvedimento in questione a produrre effetti pregiudizievoli nell’eventuale giudizio civile che venga intrapreso  dalla persona offesa per ottenere il risarcimento del danno in misura ritenuta congrua.
(Cass. Penale Sez. V, sentenza 26 giugno – 10 luglio 2014, n. 30535)

[OMISSIS]Questo collegio, pur consapevole del diverso orientamento espresso da sez. IV, n. 23527 del 14 maggio 2008, ritiene di dover rispondere ancora negativamnte; la sentenza del Giudice di Pace, accertando la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell’estinzione del reato ai sensi dell’art. 35 D.L.vo 274/2000 – con valutazione operata allo stato degli atti, senza alcuna istruttoria – non produce invero alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile ricorrente; tanto più che la sentenza non contiene alcun capo di carattere civile sull’esistenza del danno e sulla sua entità.
Il Giudice di Pace si limita a verificare la congruità del risarcimento con valutazione sommaria ed incidentale, senza efficacia ulteriore rispetto a quella prevista dall’art. 35 del decreto legislativo 274/2000, sicché nell’eventuale giudizio civile di danno, la parte civile non risente alcun pregiudizio dalla sentenza di proscioglimento predetta.
Peraltro, nel giudizio civile di responsabilità, è solo la sentenza di assoluzione – pronunciata in giudizio per insussistenza del fatto, mancata commissione dello stesso da parte dell’imputato o ricorrenza di un’esimente – che ha efficacia preclusiva di giudicato; le sentenze di proscioglimento per estinzione del reato non statuitscono sulla responsabilità dell’imputato e pertanto non possono avere alcun effetto negativo per la parte civile.
La facoltà per la parte civile di impugnare le sentenze di assoluzione risiede nel fatto che esse, giudicando sulla responsabilità penale, contengono normalmente un espresso rigetto della domanda civile e compiono, comunque, una valutazione in fatto che ha effetti pregiudizievoli sulla domanda di risarcimento; è per questo che le sentenze di assoluzione possono essere impugnate.
Nel caso di sentenza di proscioglimento di natura “processuale” (mancanza di querela, prescrizione, estinzione del reato ai sensi dell’articolo 35…) emessa all’esito del giudizio, il provvedimento, ove non vi sia un capo civile da impugnare, rimane privo di alcuna efficacia preclusiva in sede civile in ordine al richiesto risarcimento.
Non c’è dunque motivo per consentire l’impugnazione alla parte civile, che può essere riconosciuta solo nei casi eccezionali previsti dalla legge (ad es. articolo 38 D.L.vo 274/2000; art. 428 c.p.p.; in sede di udienza preliminare. In questi casi, il legislatore ha voluto eccezionalmente accordare tutela alle ragioni di segno penale del titolare dell’interesse protetto dal precetto penale, cioè alla vittima del reato che patisce il “danno criminale”).
[OMISSIS*

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