In caso di reato di abusiva duplicazione di cui all’art. 171 bis della legge sul diritto d’autore, la condotta concorsuale è rilevante sul piano causale se almeno contemporanea a quella della duplicazione, non potendo ritenersi necessariamente provata in via presuntiva solo dalla successiva detenzione di programmi abusivi.
Il reato di illecita detenzione di programmi privi del contrasegno Siae, contestabile quando la detenzione ha luogo a scopo commerciale o imprenditoriale, non si riferisce anche alla detenzione e utilizzazione nell’ambito di un’attività libero professionale.

Né può opporsi al riguardo l’assunto secondo cui ogni utilizzo che non sia personale possegga i requisiti di uno degli scopi sanzionati dalla menzionata disposizione perché tale assunto muove da un’erronea e vietata applicazione analogica della stessa disposizione a case che ne sono estranei. L’illecita detenzione, per gli scopi sanzionati, riguarda i programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Siae, ma non i programmi abusivamente duplicati. Poiché lo Stato italiano non ha rispettato l’impegno di comunicare alla Commissione europea l’introduzione nel proprio ordinamento dell’obbligo di apposizione del contrassegno Siae quale regola tecnica in materia di commercializzazione di programmi informatici, tale obbligo non è opponibile ai privati e, pertanto, non è contestabile a questi né la relativa violazione né la conseguenza sul piano penale dettata dall’artcolo 171 bis della legge sul diritto d’autore.
(Cass. Penale Sez. III, sentenza 22 ottobre – 22 dicembre 2009, n. 49385).

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