“La perquisizione non può essere esercitata ad libitum da parte dell’amministrazione penitenziaria, dovendo ricorrere i motivi di sicurezza di cui all’art. 34 legge 354/’75. Il regolamento di esecuzione e quello interno, disciplinano le singole ipotesi in cui dette esigenze possono essere ritenute sussistenti. Tra queste rientra il trasferimento del detenuto da un istituto all’altro, e in tal caso la perquisizione personale è eseguita prima della partenza (art. 83 d.p.r. 230/2000; si veda anche il regolamento interno dell’Istituto Rebibbia NC acquisito in atti – cfr. ordine servizio n. 65 del 22.5.2003).
La Consulta ha poi rilevato come la perquisizione debba essere eseguita evitando modalità incompatibili con il rispetto della dignità della persona. L’amministrazione penitenziaria con circolare DAP n. 3542/5992 del 26 febbraio 2001 (allegata in atti all’udienza del 18 novembre 2009) ha stabilito che in relazione alle modalità esecutive va limitato allo stretto indispensabile il ricorso alle ispezioni personali con flessione o tecniche simili (si pensi al denudamento), vietandole quando ragionevolmente le si debba ritenere superflue o addirittura vessatorie, dovendosi ricorrere, ove possibile, a strumenti di controllo alternativi (art. 4, lett. a n. 1).
Nel caso di specie trattasi di detenuti sottoposti ad elevato indice di sorveglianza (E.I.V.) e gli agenti hanno proceduto a perquisizione personale in difetto delle condizioni legittimanti, tale controllo (trattavasi di perquisizione ordinaria a mezzo denudamento disposta nei confronti di detenuti provenienti con scorte da altro istituto di pena), ma in virtù di una prassi consolidata e reiterata nel tempo, fatto che consente di escludere nella loro condotta malanimo, capriccio, prepotenza o sopruso.
Conseguentemente, deve escludersi l’ipotesi dell’arbitrarietà dell’atto idonea ad integrare la scriminante di cui all’art. 393 bis c.p.”