Il difensore d’ufficio, nel caso in cui successivamente al passaggio in giudicato della sentenza l’imputato sia deceduto, per ottenere la liquidazione dei propri onorari ai sensi dell’art. 116 del D.P.R. 115/2002, non deve previamente dimostrare di avere esperito senza successo la procedura per il recupero dei crediti professionali, dovendosi applicare in tal senso estensivamente la disciplina dettata con riguardo alla liquidazione dei compensi dei difensori d’ufficio di persona irreperibile.

Corte Suprema di Cassazione
Sezione Quarta Penale
Sentenza 16 ottobre 2007 – 2 luglio 2008, n. 26655 
[OMISSIS]
La Corte di Appello di Venezia pronunziando in sede di opposizione a provvedimento collegiale che negava all’avvocatessa P.C., la liquidazione dei richiesti onorari per l’opera prestata in favore dell’imputato V.L., assolto dai reati di cui agli artt. 624 e 582 c.p. con sentenza divenuta irrevocabile il 24/4/2001, ha rigettato l’opposizione proposta.
Contro tale provvedimento l’Avvocato P. propone ricorso per cassazione a ministero di suo difensore il quale conclude per l’annullamento del decreto 3/10/2005.

All’udienza camerale del 16/10/2007 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti prescritti dal codice di rito.
RITENUTO IN DIRITTO

La Corte di Appello di Venezia ha adottato la impugnata statuizione di rigetto ritenendo che sia maturata, tra la data del passaggio in giudicato della sentenza assolutoria (24/4/20019) e la data della domanda di liquidazione per onere dello stato (11/3/2005), la prescrizione triennale regolata dall’art. 2956 c.c. relativamente al diritto dei professionisti per il compenso relativo all’opera prestata e al rimborso delle relative spese.
Secondo il provvedimento impugnato la prescrizione, a fronte della particolare natura del procedimento di liquidazione degli onorari, bene era stata rilevata di ufficio e in assenza di formulazione di eccezione estintiva ad opera del debitore. La Corte rilevava anche che la opponente non aveva esperito nella sua interezza la procedura di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116, procedura arrestatasi all’invio il 6/6/2001 di lettera raccomandata al cliente, (lettera neppure consegnata per accertato trasferimento del destinatario, successivamente deceduto il 12/9/2001).
Il ricorso premette talune vicende di vita dell’imputato originariamente assistito dalla ricorrente successive alla pronunzia della sentenza e ritenute rilevanti per la decisione del ricorso.
L’imputato prima risultò trasferito, poi deceduto e con eredi che avevano rinunziato alla eredità così che risultarono inutili la raccomandata a lui spedita e la tassazione ottenuta presso il Consiglio dell’Ordine il giorno 8/10/2001 (la morte del cliente assistito V. è del 12/9/2001).

In diritto parte ricorrente denunzia:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2956 c.c. e ss.; art. 2938 c.p.c. (non rilevabilità di ufficio della prescrizione non opposta) e art. 112 c.p.c. (principio di corrispondenza tra chiesto e ritenuto e divieto di pronunziare di ufficio su eccezioni proponibili per esclusiva iniziativa di parte) in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5;
2) violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 116 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per aver ritenuto necessaria una procedura di previa escussione, all’evidenza inutile e inutilmente dispendiosa.
Con i motivi aggiunti, parte; ricorrente formula 2 quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (introdotto da D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e in relazione alle censure concretamente proposte qualificabili ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, prima parte, in ordine alla rilevabilità ex officio della prescrizione presuntiva e in ordine alla obbligatorietà del previo esaurimento delle procedure di recupero anche nei casi in cui il cliente/debitore risulti deceduto senza eredi).
La requisitoria del PG ritiene inammissibile il primo motivo relativo a questione mai prima posta e infondato il secondo perchè inteso ad affidare alla scelta discrezionale del professionista l’esperimento o il non esperimento della previa escussione del cliente imposta dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116.
Osserva questa Corte che le norme applicate in punto di prescrizione appartengono alla regolazione comune del codice civile. Tale regolazione prevede all’art. 2936 c.c., la inderogabilità delle norme sulla prescrizione (sicchè la disciplina legale resiste ad ogni patto tra le parti del rapporto obbligatorio diretto a modificarla) e all’art. 2938 c.c., la non rilevabilità di ufficio della prescrizione non opposta. L’art. 2956 c.c., applicato dalla Corte di Appello di Venezia, si completa con la regola dell’art. 2957 c.c., comma 2 che stabilisce la decorrenza di una tale prescrizione dalla data di decisione della lite e con la regola dell’art. 2960 c.c., che garantisce un preciso strumento processuale a tutela del creditore che si vede opporre la estinzione presuntiva del credito.
La decisione impugnata ha operato una applicazione del sistema di legge, fin qui in estrema sintesi delineato, tale da determinarne la frammentazione con esiti applicativi che contrastano con l’equilibrio di una disciplina intesa a raggiungere una apprezzabile certezza dei rapporti giuridici con bilanciate garanzie per la parte titolare del diritto “compresso”. Si consideri che nella specie la sentenza assolutoria divenne irrevocabile il 24/4/2001 e l’imputato venne a morte il 12/9/2001 sicchè l’applicazione, ad iniziativa del giudice, della estinzione per prescrizione presuntiva, diede oltretutto operatività ad una prescrizione triennale ancorata ad una prefigurazione di pagamento costruita su una base di adempimento presuntivo ridotta da un triennio ad un tempo di meno di cinque mesi.
In linea generale la sostituzione del rapporto processuale trilatero nel quale è evidente la posizione di terzietà del giudice (richiamata specificamente per il caso che ci occupa dall’art. 2938 c.c.), con un rapporto semplificato nel quale si confrontano giudice e parte istante, non può smarrire la garanzia della terzietà del giudice, garanzia che costituisce pilastro del processo penale sempre più rafforzato dalla evoluzione legislativa di sottosistema (lo schema triadico è quello che caratterizza sia il processo civile che il processo penale attuali).
Il provvedimento di rigetto si affida all’ulteriore considerazione che il difensore istante non aveva esaurito nei confronti del cliente le procedure per il recupero dei crediti poi azionati nei confronti dello Stato.
Questa Corte, a partire dalla previsione espressa di legge che esclude che sia in ogni caso indispensabile il previo inutile esperimento delle procedura di recupero per il difensore dell’imputato irreperibile ha affermato un principio di equiparabilità della non necessità di previo esperimento a situazioni assimilabili a quella espressamente esonerata per comando esplicito della legge (per l’imputato latitante (Cassazione Penale Sez. 4^, sent. n. 115 del 05 gennaio 2006) e in una pronunzia apparentemente di contrasto ha sostanzialmente confermato il principio a condizione che la situazione equiparabile non sia frutto di una volontaria scelta dell’imputato (Cassazione Penale Sez. 4^, sent. n. 48217 del 15 dicembre 2004).
Considerato che nel caso di specie le operazioni di previo recupero non furono completate, a causa della morte del debitore e della assenza di eredi che ne avessero accettato l’eredità e in applicazione del richiamato principio di equiparazione, la Corte di Venezia avrebbe dovuto ritenere non necessario il previo completamento delle procedura di recupero a partire dalla data della morte senza successori del debitore.

L’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Venezia.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Venezia.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2007.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2008.

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