Ai fini dell’applicazione delle misure cautelari il giudizio sulla pericolosità sociale dell’indagato, sia sotto il profilo del pericolo di reiterazione del reato, sia sotto quello dell’adeguatezza della misura da applicare, deve essere espresso avendo riguardo alla personalità, ai precedenti e ai costumi di vita dell’indagato stesso; non è invece legittimo, in quanto riconducibile a una visione per stereopiti (mal celatasi dietro un generico richiamo alla “comune esperienza”) marcata da pregiudizi di tipo razziale, il riferimento agli schemi culturali dell’etnia di appartenenza.
(Cass. Penale Sez. V, 3 febbraio – 7 maggio 2010, n. 17696)
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Quinta Penale
Sentenza 7 maggio – 3 febbraio, n. 17696
[OMISSIS]
Con ordinanza in data 29 settembre 2009 il Tribunale per i Minorenni di Napoli ha disatteso l’appello cautelare proposto da [OMISSIS] alias [OMISSIS] avverso il provvedimento della locale Corte d’Appello, di rigetto della sua richiesta di revoca o modifica della misura cautelare della custodia in Istituto Penale Minorile, cui è sottoposta quale imputata del delitto di sottrazione di minore.
Ha ritenuto quel collegio che l’essere l’imputata pienamente inserita negli schemi tipici della cultura Rom, unitamente alla mancanza di concreti processi di analisi dei propri vissuti, rendesse concreto il pericolo di recidiva; ha osservato, altresì, che ogni misura alternativa sarebbe inadeguata in considerazione della citata adesione agli schemi di vita Rom, che per comune esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Ai fini dell’applicazione delle misure cautelari il giudizio sulla pericolosità sociale dell’indagato (o – come nel presente caso – dell’imputato), sia sotto il profilo del pericolo di reiterazione del reato, sia sotto quello dell’adeguatezza della misura da applicare, deve essere espresso avendo riguardo alla personalità, ai precedenti e ai costumi di vita dell’indagato stesso; non è invece legittimo, in quanto riconducibile a una visione per stereopiti (mal celatasi dietro un generico richiamo alla “comune esperienza”) marcata da pregiudizi di tipo razziale, il riferimento agli schemi culturali dell’etnia di appartenenza.
L’ordinanza impugnata, motivata unicamente in base alla linea argomentativa or ora censurata perché contra ius, va conseguentemente annullata.
Il giudice di rinvio, che si designa nello stesso Tribunale per i Minorenni di Napoli, provvederà – in diversa composizione – a sottoporre a rinnovato esame la richiesta di revoca o modifica della misura cautelare: decidendo in piena libertà di giudizio, col solo obbligo di fornire una motivazione immune da vizi logici e giuridici.
Le ragioni dell’annullamento non comportano la rimessione in libertà dell’imputata. Conseguentemente la cancelleria è chiamata a curare gli adempimenti di cui all’ar. 94, comma 1 ter disp. att. c.p.p.
[OMISSIS]