Il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231, in tema di responsabilità da reato degli enti, prevedendo un’autonoma responsabilità amministrativa dell’ente in caso di commissione, nel suo interesse o a suo vantaggio, di uno dei reati “presupposti” tassativamente indicati da parte di un soggetto che abbia agito in nome e per conto dell’ente, si basa sull’assunto che il reato “è fatto della società, di cui essa deve rispondere”: la persona fisica che, nell’ambito delle proprie competenze societarie, opera, quindi, come organo e non come soggetto distinto rispetto all’ente; né la degenerazione di tale attività in illecito penale è di ostacolo alla immedesimazione.

L’ente, quindi, risponde per fatto proprio, senza alcuna violazione del principio costituzionale del divieto di responsabilità penale per fatto altrui (art. 27 della Costituzione).
Né, in proposito, si costruisce alcuna inammissibile ipotesi di responsabilità oggettiva, perché il sistema prevede la necessità che sussista la cosiddetta colpa di organizzazione dell’ente, basata sul non aver predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei a evitare la commissione di uno dei reati presupposti: è il riscontro di tale deficit organizzativo che, quindi, consente l’imputazione all’ente dell’illecito penale realizzato nel suo ambito operativo.
A tale proposito, grava certamente sull’accusa l’onere di dimostrare l’esistenza e l’accertamento dell’illecito penale presupposto in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa dell’ente e che questa abbia agito nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.
Per converso, è onere dell’ente di provare, per contrastare gli elementi di accusa a suo carico, le condizioni liberatorie di segno contrario di cui all’art. 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001.
Per l’effetto, non si realizza neppure alcuna violazione dei principi costituzionali relativi al principio di eguaglianza e all’esercizio del diritto di difesa (artt. 3 e 24 della Costituzione), perché non si determina alcuna inaccettabile inversione dell’onere della prova nella disciplina che regola la responsabilità dell’ente: grava comuque sull’accusa l’onere di dimostrare la commissione del reato da parte di persona che rivesta una delle qualità di cui all’art. 5 del decreto n. 231 del 2001 e la carente regolamentazione interna dell’ente, mentre quest’ultimo ha ampia facoltà di prova liberatoria.
(Cass. Penale Sez. VI, sentenza 18 febbraio – 16 luglio 2010, n. 27735)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.