Nel caso di alloggio fornito a cittadini extracomunitari irregolari, ai fini della configurabilità del reato previsto e punito dall’art. 12, comma 5, D.L.gs.vo 286/1998 (“Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni”), occorre che l’agente abbia agito “al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero” e “sempre in relazione a quel particolare rapporto sinallagmatico».

Attendiamo di conoscere le posizioni della giuriprudenza per le condotte poste in essere a far data dal 27.5.2008 (entrata in vigore del c.d. “Pacchetto Sicurezza”), con l’introduzione nell’art. 12 del D.Lgs.vo 286/1008, del comma 5bis, ai sensi del quale:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cede a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilita’ ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell’immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attivita’ di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina”.

 

TRIBUNALE DI MILANO
Giudice Corbetta
12 maggio 2009
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE – Con decreto di citazione diretta ex art. 552 c.p.p. emesso dal P.M. in data 14.10.2008, OMISSIS veniva tratto in giudizio per rispondere del reato di cui in epigrafe.
All’udienza del 29.4.2009, permanendo la contumacia già dichiarata in data 25.3.2009, le parti prestavano il consenso all’acquisizione al fascicolo per il dibattimento degli atti di indagine.
All’esito della discussione finale, le parti concludevano come sopra riportato.
La richiesta assolutoria, congiuntamente formulata dalla parti, è fondata e deve perciò essere accolta.
Come emerge dall’annotazione di servizio del 13.2.2008, in atti, quel giorno, alle ore 9 personale della questura di Milano si portò in OMISSIS  al fine di verificare la reperibilità di OMISSIS, accertamento disposto dal tribunale di Milano, Sez. 10, con nota del 5.11.2007.
Giunti presso l’abitazione, gli agenti constatarono la presenza di due cittadine brasiliane, identificate, tramite passaporto,  in OMISSIS, poiché entrambe erano sprovviste di permesse di soggiorno, furono accompagnate negli uffici di polizia per gli accertamenti di rito.
OMISSIS riferì agli agenti di abitare in quell’appartamento da circa due mesi insieme al proprio fidanzato, OMISSIS, e alla propria sorella, OMISSIS, la quale era giunta in Italia da una decina di giorni.
La donna riferì di versare 600 euro mensili più spese al OMISSIS, che veniva a ritirare la somma ad ogni fine del mese; il versamento veniva effettuato “in nero”, in quanto, essendo la donna e il fidanzato clandestinamente presenti in Italia, non era stato stipulato con il OMISSIS alcun contratto scritto. Alla luce di questa ricostruzione della vicenda, l’imputato deve essere mandato assolto per carenza di dolo.
Invero, ai fini della sussistenza del reato in esame, secondo la norma vigente al momento del fatto (peraltro ribadita, sotto questo profilo, anche nella versione vigente) occorre, per espressa previsione, che l’agente abbia agito “al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero”.
Come in più occasioni ha chiarito la Suprema Corte, la condotta di chi fornisce alloggio a cittadini extracomunitari clandestini può integrare il delitto previsto dall’art. 12, comma 5, D.Lgs.vo n. 286 del 1998, solamente se «dalla stipula del contratto l’imputato intenda trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità in cui si trova lo straniero, sempre in relazione a quel particolare rapporto sinallagmatico» (in questo senso, cfr. Cass, Sez. I, 29 novembre 2006, n. 40398, in Diritto penale e processo, 2007, 305).
In particolare, ha chiarito la Suprema Corte in un’altra decisione, se la concessione ad un immigrato clandestino di locali ad uso abitazione «dal punto di vista obiettivo è idonea ad integrare la condotta tipica del reato», tuttavia, «non lo è necessariamente dal punto di vista soggettivo, dovendosi accertare in concreto se il proprietario dell’alloggio abbia inteso trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità dello straniero, quale contraente più debole, imponendogli condizioni onerose ed esorbitanti dall’equilibrio del rapporto sinallagmatico» (così Cass., Sez. I, 15 febbraio 2006, n. 5887, in Diritto penale e processo, 2006, 574).
Nel caso di specie, in considerazione dell’importo versato, pari a 600 euro mensili,  non può affermarsi che l’agente abbia agito con il dolo specifico richiesto dalla norma, imponendo cioè al clandestino «condizioni onerose ed esorbitanti dall’equilibrio del rapporto sinallagmatico», dato che quell’importo appare in linea con i prezzi di mercato relativi al canone di locazione di un appartamento situato nella città di Milano.
Ne segue che l’imputato deve essere assolto con la formula indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Visto l’art. 530 c.p.p.
A S S O L V E
OMISSIS dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato.

 

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