In una delle prime applicazioni riguardanti le modifiche al codice penale introdotte con la l. n. 94 del 2009, la Suprema Corte, premesso che la ratio della modifica dell’art. 61 n. 5 c.p. (consistita nell’espresso riferimento, tra le condizioni di minorata difesa, all’età senile della persona offesa dal reato) va individuata nella volontà di tutelare le persone anziane contro i pericoli dello sfruttamento, a fini illeciti, dell’età senile, ha affermato che, ai fini della sussistenza dell’aggravante in oggetto, il giudice deve verificare in concreto se, agli occhi dell’aggressore, la capacità di percezione e di reazione a condotte antigiuridiche della vittima anziana fosse concretamente menomata a cagione dell’età avanzata, ovvero, con giudizio controfattuale, se astrattamente la condotta criminosa avrebbe avuto le medesime probabilità di successo se posta in essere in danno di persona non anziana, o se essa sia stata agevolata dalla scarsa lucidità e dalla sostanziale incapacità delle vittime di orientarsi nella comprensione degli avvenimenti.
(Cass. penale Sez. II, sentenza 23 settembre – 7 ottobre 2010, n. 35997)