L’esito del riconoscimento di persona effettuato nel corso delle indagini preliminari senza le garanzie del contraddittorio, in virtù del principio di atipicità della prova, è ammesso ed ha accesso al dibattimento a mezzo della testimonianza di chi ha effettuato l’individuazione, ma la sua utilizzazione ai fini del giudizio è subordinata al rigoroso vaglio sulla spontaneità del riconoscimento e sull’assenza di qualsivoglia elemento di condizionamento.
Sulla scorta di tale principio, il Tribunale di Varese ha ritenuto irreparabilmente pregiudicata e dunque invalida, la ricognizione di persona effettuata in sede di incidente probatorio senza rispettare le modalità esecutive dettate dalla norma per l’assunzione di tale mezzo di prova, tra cui il divieto di incontro del teste con l’indagato e l’averne taciuto, il teste, la pregressa conoscenza.

Tribunale Ordinario di Varese
in composizione monocratica
Giudice Minerva
Sentenza 7 aprile 2008 (dep. 7 maggio 2008)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE – [OMISSIS] l’accusa fonda la richiesta di condanna essenzialmente sul fatto che TIZIO è stato visto sul luogo del delitto il 14.4.2007 da due diverse persone appena prima che divampasse l’incendio. Si tratta di CAIO, abitante nella zona, fratello della parte civile SEMPRONIO, il quale spesso percorreva la strada per [OMISSIS], e di MEVIO, abitante a [OMISSIS], che il 14.4.2007, giorno dei fatti, si è trovato a percorrere la strada per accompagnare la madre abitante a [OMISSIS].
Entrambi hanno eseguito un riconoscimento di persona in sede di incidente probatorio riconoscendo in TIZIO la persona da loro vista.
Di CAIO, deceduto prima dell’apertura del dibattimento, sono anche state acquisite le s.i.t. rese ai C.C. della Stazione di [OMISSIS] il 16.4.2007, dalle quali risulta che il 14.4.2007 alle ore 13,30 circa costui stava percorrendo la via [OMISSIS] proveniente da [OMISSIS] quando aveva scorto un ragazzo completamente pelato dall’apparente età di 40 anni circa, di corporatura magra, dalla carnagione chiara, che indossava un paio di pantaloni di una tuta da ginnastica di colore blu con le strisce bianche sui lati. Egli aveva quindi proseguito recandosi in Svizzera per fare benzina, ma, appena superato il valico per fare ritorno a casa, aveva notato del fumo sollevarsi proprio dalla zona dove aveva visto il ragazzo.
Il P.M. non ha chiesto l’esame testimoniale di MEVIO, circostanza che a parere di questo giudice ha creato un significativo vulnus nella ricostruzione accusatoria. Ciò si afferma in quanto la mancata localizzazione dell’avvistamento, la mancata determinazione dei tempi dello stesso, nonché la mancata individuazione della condotta tenuta dalla persona osservata dal MEVIO, svilisce evidentemente anche l’esito del riconoscimento, venendo meno ogni elemento di collegamento tra la persona vista e l’incendio verificatosi.
In ragione di ciò e della circostanza che, come si dirà meglio a breve, il riconoscimento effettuato dal CAIO presenta dei vizi insuperabili e che la condotta tenuta dal giovane e osservata da costui, in quanto estremamente generica, non appare significativa circa le finalità della presenza di quest’ultimo sul luogo dell’incendio, è stata disposta l’audizione del MEVIO ex art. 507 c.p.p.
Inoltre, considerato che dalla testimonianza degli operanti era emerso che il MEVIO aveva effettuato un riconoscimento spontaneo dell’imputato appena dopo i fatti, circostanza ritenuta da questo giudice determinante al fine di valutare la bontà del riconoscimento eseguito in incidente probatorio, posto che quest’ultimo aveva rivelato qualche profilo di incertezza, è apparso necessario sentire il MEVIO anche su questo punto.
Ma andiamo con ordine partendo dagli elementi di accusa.
Il 9.7.2007, data fissata per l’incidente probatorio, entrambe le persone chiamate ad effettuare l’incombente sono assenti. Ne viene disposto l’accompagnamento coatto immediato, che risulta possibile solo per CAIO. Si procede pertanto a detto primo riconoscimento.
In ossequio alla proceduta rigorosa prevista dall’art. 213 c.p.p. in tema di ricognizioni, il CAIO preliminarmente descrive la persona vista il giorno dei fatti “appena più alto di me – io sono alto circa 1,70 – era pelato, ha tra i 33 e i 35 anni, corporatura normale, giusta. Ricordo che era calvo. non aveva baffi né barba, non aveva occhiali, il viso giusto, normale. Non aveva orecchini. Ricordo che aveva la tuta blu con le strisce bianche”.
Sempre in ossequio alla procedura richiamata, il CAIO, circostanza che si evince dalle risposte riportate nel verbale riassuntivo, tutte negative, viene invitato a dichiarare se aveva già effettuato un riconoscimento o se la persona in oggetto gli era stata precedentemente indicata da qualcuno o se avesse altre circostanze utili da riferire che potessero incidere sul riconoscimento, e il dichiarante nega ognuna di dette circostanze.
La difesa ha eccepito l’inattendibilità del riconoscimento in quanto dallo stesso non emerge (rectius: emerge surrettiziamente) una circostanza a tal fine determinante, rappresentata dal fatto che il CAIO conosceva TIZIO.
Secondo la difesa, il CAIO ha omesso di dichiarare tale circostanza, nonostante si trattasse di una di quelle che per espressa previsione del menzionato art. 213 c.p.p., devono essere verificate al fine di valutare l’attendibilità del riconoscimento stesso. Sempre secondo la difesa il CAIO si sarebbe tuttavia tradito affermando di aver visto la persona in questione a mt. 100 da casa “sua”, dimostrando così di sapere di chi si trattasse.
Ritiene questo giudice che le perplessità manifestate dalla difesa siano condivisibili.
Seppur dal verbale non risulti una chiara affermazione di negazioni di detta circostanza da parte del CAIO, tuttavia appare inverosimile che questa non sia emersa in modo cristallino nel corso della ricognizione considerata l’importanza della medesima facilmente intuibile anche dal comune cittadino.
Sorge allora il sospetto che il CAIO abbia volontariamente taciuto la medesima, sospetto corroborato dal fatto che anche in sede di sommarie informazioni testimoniali tale circostanza non sia stata riportata.
E che il CAIO conoscesse TIZIO, oltre a risultare la lapsus sopra riportato, è emerso dalla testimonianza di CLAUDIO e FILANO, i quali hanno riferito che conoscevano il CAIO da sempre e che costui conosceva anche il TIZIO. Hanno in particolare ricordato che anche CAIO abitava in via [OMISSIS], che la loro famiglia era stata cliente del CAIO, proprietario di una macelleria, che il CAIO percorreva la strada per [OMISSIS] 4-5 volte al giorno passando davanti alla loro casae che in un’occasione vi era stato anche uno screzio per questioni relative allo scarico della fognatura.
Incerte infine solo le circostanze che hanno portato gli operanti ad individuare il CAIO come soggetto in grado di riferire sui fatti, posto che il M.LLO X, ascoltato sul punto, ha riferito di non ricordarle.
Completa il quadro la circostanza, evidenziata dal difensore in sede di conclusioni, che lo stesso P.M. in sede di indagini aveva delegato alla P.G. un approfondimento di indagine riguardo alla conoscenza tra CAIO e TIZIO, indagine della quale tuttavia non vi è traccia negli atti di P.G.
MEVIO ha eseguito il riconoscimento in incidente probatorio il 26.7.2007. Anch’egli, come il CAIO, ha preliminarmente descritto la persona vista il giorno dei fatti: “un uomo di circa 30/35 anni, magro, altezza 1,70/1,75, pelato completamente, di carnagione chiara, senzabarba né baffi, senza occhiali né berretti. Aveva una maglietta blu o comunque scura e indossava pantaloni di una tuta da ginnastica con strisce laterali bianche”. Ha inoltre affermato di non aver effettuato in precedenza alcun riconoscimento, che la persona in oggetto non gli era mai stata mostrata in foto e di non averla mai più rivista dopo i fatti.
Ha poi riconosciuto il TIZIO tra i cinque giovani che si sono sottoposti al riconoscimento.
Nel corso dell’incidente probatorio la difesa ha evidenziato che prima di entrare in aula per il riconoscimento, nell’atrio antistante la medesima, ove per un disguido organizzativo si trovava il TIZIO, i due si sono visti, circostanza che ben può aver condizionato la genuinità del riconoscimento.
Tale situazione è stata poi approfondita nel corso del dibattimento e, precisamente, nel corso dell’esame del M.LLO X e di MEVIO. Entrambi hanno confermato quanto sostenuto dal difensore, anche se il MEVIO ha sottolineato di essersi reso conto che si trattava dell’imputato perché il M.LLO X aveva commentato negativamente la circostanza, ma non di averlo visto in volto.
Seppur quello evidenziato rappresenti un elemento di criticità rispetto alla attendibilità del riconoscimento, mezzo di prova per il quale il legislatore ha dettato regole di grande vigore, significativa è apparsa a questo giudice la circostanza, riferita dagli operanti, che il MEVIO, appena dopo i fatti avesse effettuato un riconoscimento spontaneo del giovane avvistato circa mezz’ora prima sul luogo dei fatti.
Come noto, quella cui ci si riferisce, è tecnicamente una individuazione atipica, un “riconoscimento” di persona effettuato cioè nel corso delle indagini senza le garanzie del contraddittorio ed al di fuori della procedura di cui all’art. 361 c.p.p. E’ altresì noto che, in virtù del principio di atipicità della prova in materia penale, tale mezzo di prova è ammesso ed ha accesso nel dibattimento a mezzo della testimonianza di chi il riconoscimento ha effettuato (non anche degli operanti cui il teste abbia riferito, stante il divieto di cui all’art. 195, comma 4, c.p.p.).
Appare superfluo ricordare che in ragione dei principi che regolano la materia del riconoscimento, anche il mezzo considerato dovrà essere sottoposto ad un attento vaglio da parte del giudice e che oggetto principale di tale valutazione debba essere la spontaneità dello stesso, nonché più in generale l’assenza di qualsivoglia elemento di condizionamento. Si imporrà inoltre il vaglio di attendibilità che è proprio della prova dichiarativa, dal momento che – come detto – assurge a prova attraverso la testimonianza.
Vediamo pertanto cosa è emerso in istruttoria sul punto.
Il M.LLO Y ha riferito di essere stato avvicinato da un giovane, poi identificato nel MEVIO, dopo essere intervenuto sul luogo dei fatti dove aveva organizzato un posto di blocco per evitare che alcuno si inoltrasse lungo la via intorno alla quale si era sviluppato l’incendio. In tale frangente il MEVIO, che si era fermato proprio per riferire di aver notato poco prima una persona sospetta, spontaneamente indicava un giovane affacciato al balcone di un’abitazione dichiarando che si trattava della persona avvistata. L’operante ha riferito che l’abitazione era quella del TIZIO e che il giovane indicato era l’imputato che egli conosceva. Il P.M. ha inoltre prodotto una fotografia che riproduce lo stato dei luoghi utilizzando la quale il teste M.LLO Y ha indicato il luogo in cui si trovavano lui e il MEVIO, nonché l’abitazione ed il balcone dove si trovava il giovane indicato dal MEVIO riferendo di aver anche successivamente rilevato la distanza tra i due punti risultata essere pari a mt. 70.
Ebbene costui, nel riferire quanto accaduto il giorno dei fatti ed in particolare di essersi fermato a segnalare ai Carabinieri di aver visto una persona sospetta, nulla ha detto riguardo al riconoscimento spontaneo. Ha piuttosto riferito che in detta occasione i Carabinieri lo avevano accompagnato in Caserma dove gli avevano sottoposto la fotografia di un uomo che egli aveva effettivamente riconosciuto nell’uomo vista poco prima nel bosco.
A specifica domanda del P.M. se avesse visto detta persona anche allorché si era fermato a parlare con gli operanti, il teste ha risposto negativamente, ma, a seguito di contestazione, ha ricordato nel dettaglio riferendo che stava parlando con i Carabinieri quando questi gli avevano detto “è per caso quella persona che è lì?”. Lui si era quindi girato riconoscendo il giovane indicatogli.
La testimonianza di MEVIO sul punto ha introdotto significativi elementi di dubbio riguardo al riconoscimento, posto che, a dire del teste, non si è trattato affatto di un atto spontaneo. Resta senza dubbio una contraddizione rispetto a quanto riferito dal M.LLO Y ma, stante la naturalezza della risposta offerta dal teste cui la risosta non è stata in alcun modo suggerita, appare plausibile quanto riferito.
Tale evenienza peraltro indebolisce non solo l’attendibilità dell’individuazione spontanea, ma anche quella del riconoscimento in incidente probatorio, in quanto non può escludersi che in tale frangente il teste abbia riconosciuto la persona indicatagli dopo i fatti e non chi egli aveva effettivamente scorto nel bosco.
E tali conclusioni si impongono tanto più se si considera l’ulteriore circostanza emersa nel corso dell’esame del MEVIO – negata invece dal M.LLO X – dell’individuazione fotografica effettuata nell’immediatezza dei fatti in Caserma, posto che la stessa, di cui non è peraltro emersa alcuna traccia in incidente probatorio, è stata effettuata su un’unica fotografia, quella dell’imputato.
Da quanto detto deriva che il primo fondamentale indizio a carico del TIZIO presenta seri profili di incertezza. [OMISSIS]