La richiesta di giudizio abbreviato costituisce un negozio processuale abdicativo a seguito del quale possono essere fatte valere e denunziate soltanto lenullità assolute e ele inutilizzabilità patologiche, onde la richiesta, normalmente, implica accettazione anche degli effetti degli atti propulsivi e interruttivi del rito inficiati da nullità intermedie e opera rispetto a esse un effetto sanante ai sensi dell’art. 183 c.p.p..
Di regola, quindi, la scelta del giudizio abbreviato costituisce una sorta di tacita rinunzia a far valere anche le eccezioni relative alla competenza per terrirorio; peraltro, tale effetto non può ritenersi prodotto alloché l’imputato, espressamente insistendo invia principale – sia prima che dopo la proposizione della rischiesta di rito abbreviato – abbia formalizzato l’eccezione di incompetenza per territorio del giudice procedente.
Una tale conclusione è imposta dal rilievo che se l’opzione del rito alternativo attiene all’esercizio del diritto di difesa e ne costituisce importante manifestazione per la consistente riduzione di pena che ne può derivare, tuttavia anche la prescrizione del rispetto del giudice naturale, da intendere come giudice non solo precostituito ma anche competente, rappresenta espressione del precetto costituzionale dell’art. 25, comma 1, che va rispettato per evitare un vulnus della difesa.
(Cass. penale Sez. I, sentenza 5 luglio – 23 settembre 2011, n. 34686)
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Prima Penale
Sentenza 5 luglio – 23 settembre 2011, n. 34686
[OMISSIS]
visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DI TOMASSI Mariastefania;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. D’Angelo Giovanni, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
uditi l’avvocato Cardinali Fabrizio per [OMISSIS] e, in sostituzione degli avvocati Mancuso Pierluigi e Marzio Gianluca, per [OMISSIS], nonche’ l’avvocato Gaito Alfredo per [OMISSIS] e per [OMISSIS], che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
(1 – La sentenza impugnata).
1. Con la decisione in epigrafe, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza in data 29 maggio 2009 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano nella parte in cui, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato [OMISSIS], [OMISSIS] e [OMISSIS] responsabili dei reati di importazione illegale di sostanza stupefacente (cocaina) loro rispettivamente ascritti. In parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare, dichiarava [OMISSIS], [OMISSIS] responsabili della mera partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, per la quale erano stati condannati come promotori e organizzatori in primo grado.
Riduceva per l’effetto le pene inflitte ai primi due determinandole, come da dispositivo, in dieci anni di reclusione; riduceva altresi’ la pena inflitta al terzo determinandola in quattro anni di reclusione e euro 16.000 di multa.
I reati per i quali [OMISSIS] risultano condannati consistono:
capo 5) nell’avere [OMISSIS] concorso, con [OMISSIS] e [OMISSIS] e tale [OMISSIS], nell’importazione dall’Albania di cocaina, per circa 0,528 chili, che Sh. aveva detenuto a [OMISSIS] per conto dell'[OMISSIS] e che era stata poi trasportata a [OMISSIS] dal [OMISSIS] per la cessione all'[OMISSIS] ; fatti commessi in [OMISSIS];
capo 23) nell’avere [OMISSIS] concorso, con [OMISSIS], [OMISSIS] e [OMISSIS], nell’importazione di cocaina dall’Olanda, ricevendola [OMISSIS], con [OMISSIS], in Italia; fatti commessi tra il [OMISSIS];
capo 29) nell’avere [OMISSIS] concorso, con [OMISSIS], [OMISSIS], [OMISSIS] e [OMISSIS], nell’importazione di cocaina dall’Olanda, ricevendola [OMISSIS], con [OMISSIS] e [OMISSIS], in Italia; fatti commessi tra il giorno [OMISSIS];
capo 30) nell’avere [OMISSIS] e [OMISSIS] concorso con v nell’importazione di cocaina dall’Olanda, ricevendola [OMISSIS] e v in Italia; fatti commessi tra il [OMISSIS];
capo 43) nell’avere [OMISSIS] e [OMISSIS] preso parte all’associazione per delinquere diretta da [OMISSIS], volta alla commissione di delitti di importazione e smercio di stupefacente, in specie cocaina, attiva in Italia e in Olanda dal [OMISSIS].
2. In relazione alla posizione dello [OMISSIS], la Corte di appello ricordava che a carico dell’imputato stavano numerose conversazioni telefoniche e il sequestro dello stupefacente da lui inviato.
Significative apparivano, in particolare, le intercettazioni del [OMISSIS] (in cui [OMISSIS] chiedeva all’imputato di fare arrivare a [OMISSIS], a un suo acquirente, mezzo chilo di cocaina che [OMISSIS] teneva [OMISSIS]); del [OMISSIS] (in cui [OMISSIS] comunicava all’imputato che il giorno successivo l’acquirente avrebbe potuto raggiungerlo direttamente a [OMISSIS]); del [OMISSIS] (delle ore 16,46, in cui l’acquirente o un suo inviato chiamava [OMISSIS] per comunicargli di essere arrivato a [OMISSIS] per incontrarlo; e di due ore piu’ tardi, in cui l’imputato si lamentava con [OMISSIS] del fatto che quella persona desiderava ricevere solo un campione da esaminare, e in cui [OMISSIS] decideva percio’ di mettere [OMISSIS] in contatto diretto con [OMISSIS]); del [OMISSIS] (in cui [OMISSIS] contattava l'[OMISSIS] e questo chiedeva di inviare lo stupefacente a [OMISSIS], cosa che l’altro prometteva di fare, tramite un corriere, per treno, il giorno successivo); del [OMISSIS] (relativa a conversazione effettuata dopo il fermo, a [OMISSIS], nei pressi della stazione, del corriere [OMISSIS], che teneva in parte cuciti indosso in parte in tasca ovuli di cocaina, e in cui [OMISSIS] attribuiva a [OMISSIS] la colpa di quanto accaduto, per non essere andato a prendere immediatamente il corriere).
In risposta ai motivi di gravame, osservava quindi, quanto alla doglianza relativa all’incompetenza territoriale, che l’eccezione doveva intendersi rinunciata da parte dell’interessato, a seguito della richiesta di giudizio abbreviato; che la individuazione del ricorrente come la persona che aveva intrattenuto le telefonate intercettate poteva ritenersi certa, [OMISSIS] avendolo chiamato [OMISSIS]; che il giudizio abbreviato non aveva portato alcuna novita’ agli elementi gia’ illustrati nell’informativa di polizia, posti a base della misura cautelare e correttamente, quindi, anche della sentenza impugnata.
3. In relazione alla posizione del [OMISSIS] e del [OMISSIS], con riguardo al reato associativo, la Corte di appello premetteva che dalle telefonate intercettate era emersa la figura di tale [OMISSIS] che, dall’Olanda, dirigeva un’organizzazione a carattere familiare finalizzata al traffico di stupefacenti, della quale facevano parte sua moglie [OMISSIS], il cognato [OMISSIS] e il nipote [OMISSIS], che avevano il compito di ricevere smistare in Italia lo stupefacente proveniente dall’Olanda, nonche’ [OMISSIS] e [OMISSIS], fratelli, che fungevano da corrieri. A proposito dei ricorrenti rilevava che costoro erano stati individuati nelle persone chiamate dall'[OMISSIS], nelle numerose conversazioni intercettate, [OMISSIS] ed [OMISSIS], mediante controlli anagrafici, riferimenti familiari, il riscontro ottenuto tramite l’acquisizione dell’elenco dei passeggeri che avevano effettuato il volo [OMISSIS] in corrispondenza del viaggio della persona chiamata [OMISSIS].
3.1. In relazione ai reati “fine” a ciascuno contestati, richiamava quindi, quanto ai capi 23) e 29), le osservazioni fatte a proposito delle posizioni dei concorrenti [OMISSIS] e [OMISSIS].
Trattando del [OMISSIS] avendo in particolare ricordato, con riguardo all’importazione contestata al capo 23) e al [OMISSIS], le conversazioni del [OMISSIS], intrattenute dal ricorrente, che chiedeva la droga; la conversazione del 14 novembre in cui si parlava della droga destinata a [OMISSIS]; l’arresto del corriere e gli accertamenti eseguiti sui tabulati del suo telefono.
Trattando di [OMISSIS], avendo richiamato, a proposito del capo 29) e dell'[OMISSIS], le intercettazioni dell'[OMISSIS], relative a conversazioni intrattenute tra [OMISSIS] e tale [OMISSIS], nelle quali si parlava del [OMISSIS], e con lo stesso [OMISSIS], nelle quali si parlava del trasporto, della consegna, dello smistamento e del pagamento della droga.
3.2. In relazione al reato al capo 30), la Corte di appello evidenziava le intercettazioni del 23 e 24 dicembre 2005 tra [OMISSIS] e [OMISSIS], tra [OMISSIS] e [OMISSIS], tra [OMISSIS] e [OMISSIS], tra [OMISSIS] e [OMISSIS], relative alle operazioni di importazioni e alla consegna della droga, secondo uno schema operativo all’evidenza sperimentato.
3.3 In risposta alle censure difensive, osservava, anzitutto, che le intercettazioni dovevano ritenersi sicuramente utilizzabili dal momento che le operazioni in genere avevano riguardato il traffico telefonico intrattenuto in Italia, ovvero qui instradato mediante nodi e i gestori interni.
Nel merito ribadiva che il tenore dei colloqui intercettati (gli interlocutori s’intendevano al volo; i corrieri erano sempre disponibili; si facevano riferimenti continui a operazioni e modalita’ precedenti e note) e i sequestri operati dimostravano l’intensa attivita’ dell’organizzazione diretta da Il. , che risultava avere effettuato altre importazioni pure nel recente passato. Sequestri e riferimenti dei colloquianti alle percentuali di purezza, agli importi pagati, al numero di pacchi, dimostravano natura e quantita’ della droga trattata.
(2 – I ricorsi).
4. [OMISSIS] ha proposto ricorso a mezzo dei difensori avvocati Pierluigi Mancuso e Gianluca Marzio chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
4.1. Con il primo motivo rinnova la denunzia d’incompetenza territoriale dei giudici di Milano e lamenta la violazione di legge in relazione al rigetto della relativa eccezione.
Ricorda che con ordinanza 21.4.2009 il Giudice dell’udienza preliminare aveva rigettato l’eccezione d’incompetenza territoriale avanzata in via principale, e che essa era stata tuttavia riproposta sia nel corso del giudizio di primo grado sia con l’atto d’appello.
La tesi seguita dai giudici di merito, secondo cui la richiesta di giudizio abbreviato implicava accettazione della competenza, era effettivamente seguita da parte della giurisprudenza di legittimita’; v’era pero’ anche giurisprudenza contraria (sez. 1, 10.6.2004, La Perna; sez. 6, 28.10.1998, dep. 1999, Generali, Rv. 231136; Sez. 6 Angelucci Rv. 211126; Sez. 6, Rv. 213430) che andava condivisa, giacche’ la tesi secondo cui la richiesta di giudizio abbreviato comporterebbe una rinunzia implicita alla eccezione d’incompetenza e’ priva d’ogni aggancio normativo ed e’ in contrasto con il diritto dell’imputato ad essere giudicato dal suo giudice naturale.
Quanto al fondamento dell’eccezione, premette che nei confronti del ricorrente il Pubblico ministero aveva chiesto al Giudice per le indagini preliminari misura cautelare per i capi 5) e 6) e che per il capo 6) il Giudice per le indagini preliminari si era dichiarato incompetente, trasmettendo, per quel solo fatto, gli atti al tribunale di Roma. Tanto rendeva pero’ ulteriormente evidente che le condotte contestate allo [OMISSIS] avevano come centro di riferimento proprio [OMISSIS]. Ne’ la soluzione mutava a considerare separatamente il reato in esame, che si riferiva a condotta iniziata e portata avanti, secondo la prospettazione accusatoria, a [OMISSIS], con la detenzione dello stupefacente li’ asseritamente custodito dal ricorrente e le trattative per la sua vendita, stipulata mediante l’accordo raggiunto telefonicamente. La circostanza che poi lo stupefacente fosse stato trasportato a [OMISSIS] per la materiale consegna all’acquirente non era idonea a determinare uno spostamento della competenza gia’ radicata con le condotte illecite prodromiche (cita sez. 1, n. 16810 del 2007 e sez. 4, n. 41175 del 2004).
4.2. Con il secondo motivo denunzia violazione di legge e sostanziale omessa risposta al motivo di appello con il quale si lamentava in particolare che la sentenza di primo grado si limitava a riportare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, che a sua volta ripeteva la richiesta del pubblico ministero, la quale trascriveva l’informativa della Guardia di Finanza: il singolare modo di motivare adottato dal G.u.p. risolvendosi nell’elusione dell’obbligo di motivazione.
5. [OMISSIS] e [OMISSIS] hanno proposto ricorso con unico atto, a mezzo del difensore avvocato Alfredo Gaito, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
5.1. Si premette che l’impostazione disarticolata della sentenza impugnata – che con riferimento ai capi 23) e 29) si limitava richiamare le osservazioni effettuate in relazione alle posizioni degli altri soggetti coimputati dei medesimi reati – rendeva problematica la comprensione del discorso giustificativo.
5.2. Si denunzia quindi violazione di legge con riferimento alla ritenuta utilizzabilita’ del materiale intercettato mediante la cosiddetta “tecnica dell’instradamento”. Si afferma, in particolare, che l’orientamento giurisprudenziale fatto proprio dalla sentenza impugnata abbisognava di una seria rimeditazione, giacche’ tanto le norme interne che quelle internazionali prevedono procedure standard nell’attivita’ di ricerca della prova; le attivita’ di intercettazione che hanno ad oggetto utenze di nazionalita’ estera o ambienti ubicati in territorio straniero devono essere percio’ regolate, ai sensi dell’articolo 727 c.p.p., mediante rogatoria attiva e nell’ambito delle procedure di collaborazione internazionale di polizia; l’articolo 696 c.p.p. accorda mero valore suppletivo alle norme interne rispetto alle diritto convenzionale, per conseguenza in mancanza di previsioni autorizzative di diritto convenzionale al giudice italiano dovrebbe essere vietato interferire con l’esercizio della giurisdizione di altro Stato; la tecnica dell’instradamento deve considerarsi illegale perche’ la captazione e’ effettuata senza fare ricorso alla cooperazione internazionale, nonostante l’ovvio principio che ciascuno Stato ha sovranita’ esclusiva all’interno del suo territorio, il quale impone di procedere a mezzo di rogatoria internazionale al fine di eseguire in uno Stato intercettazioni su utenze straniere.
5.3. In relazione al reato associativo si denunziano violazione di legge e vizio di motivazione, osservandosi: che la Corte d’appello aveva liquidato le articolate doglianze difensive (l’ipotizzata associazione era stato operativa per poco piu’ di un mese ed aveva svolto un compito specifico, quello di ricevere e smistare nel territorio italiano stupefacente proveniente dall’Olanda; in questo ridotto arco temporale di due ricorrenti avrebbero dovuto anche partecipare ai due episodi di spaccio a ciascuno ascritti; il ristrettissimo lasso temporale falsificava l’ipotesi accusatoria, non consentendo di ravvisare affectio societas, programmazione di una serie indeterminata di delitti e scopo comune con predisposizione di attivita’ e mezzi economici comuni; mancava la prova dell’elemento soggettivo del reato ovverosia la coscienza e volonta’ di fare parte dell’associazione e di attivarsi per la realizzazione del comune programma criminoso) senza analizzarle e senza, sostanzialmente, dare risposta all’obiezione che poteva tutt’al piu’ ravvisarsi un’ipotesi di concorso in singoli episodi delittuosi.
Stando, anzi, alla motivazione della sentenza impugnata, il delitto associativo era configurabile sulla base soltanto: di alcune conversazioni telefoniche, perche’ immediate e senza superfetazioni; di una continuita’ di rapporti telefonici; della facilita’ dimostrata nel reperire eventuali corrieri. Dimostrava la superficialita’ dell’approccio adottato dalla Corte d’appello, il riferimento espresso alla “ipotesi” di un programma delittuoso, che non risultava pero’ verificata neppure sotto l’aspetto dell’indeterminatezza dei reati oggetto del permanente programma.
5.4. Analoghe censure vengono articolate con riferimento ai reati fine.
5.4.1. In relazione al capo 23), del tutto in appagante era il riferimento alla motivazione relativa al coimputato, nell’ambito della quale non vi era alcuna distinta ed autonoma disamina della condotta del [OMISSIS] e del materiale probatorio che lo riguardava, ne’ alcuna valutazione della sua specifica posizione. Il giudizio di responsabilita’ in relazione a tale imputazione veniva ad essere fondato su una manciata di conversazioni telefoniche di dubbio tenore. S’era affermato che parte della sostanza fatta pervenire in Italia mediante il corriere B. sarebbe dovuta essere consegnata, in seconda battuta, al [OMISSIS]; ma dell’effettiva realizzazione di questa seconda fase nulla era detto nella sentenza.
5.4.2. In relazione ai capi 29) e 30), del tutto inappagante – specie a fronte del diverso regime sanzionatorio vigente all’epoca dei fatti – era la risposta alla censura relativa alla ritenuta qualita’ – cocaina – della droga in tesi trattata, fondata esclusivamente su di una sorta di prova “virtuale”, ovverosia sulla natura della droga sequestrata, in altra occasione, al corriere [OMISSIS].
5.5. Si denunziano infine violazione di legge e manifesta illogicita’ della motivazione in ordine al trattamento sanzionatori. La richiesta di circostanze attenuanti generiche era stata disattesa richiamando la motivazione del primo giudice, che s’era limitato a considerare, arbitrariamente, il legittimo silenzio mantenuto dai due imputati in sede d’interrogatorio, senza alcuna considerazione dei criteri dell’articolo 133 c.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO
(1 – Ricorso di [OMISSIS]):
1. Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di [OMISSIS] attiene alla eccezione d’incompetenza territoriale, tempestivamente proposta e dichiarata infondata dalla Corte di appello perche’ il ricorrente aveva optato per il rito abbreviato.
E’ opportuno ricordare che nei confronti dell’imputato Sh. la richiesta di rinvio a giudizio concerneva il solo reato al capo 5), per il quale il ricorrente e’ stato condannato in entrambi i gradi.
Secondo la contestazione [OMISSIS] aveva concorso con [OMISSIS] e [OMISSIS], per i quali si era proceduto separatamente, e con un non meglio identificato [OMISSIS], all’importazione dall’Albania di circa mezzo chilo di cocaina, che Sh. aveva custodito a [OMISSIS] per conto di[OMISSIS] e che poi era stata trasportata a [OMISSIS] dal [OMISSIS] per cederla all'[OMISSIS]. Tale ricostruzione risultava avvalorata, stando alla sentenza impugnata, dalle conversazioni intercettate, intrattenute dall’imputato a Roma. Si riferisce altresi’, ma ad altri fini, che nel corso del giudizio abbreviato rimpianto probatorio non risultava modificato.
Stando a quanto risulta dalle sentenze di merito, in udienza preliminare l’imputato aveva tempestivamente contestato la competenza per territorio del Tribunale di Milano, sostenendo che lo stupefacente era stato da lui sia ricevuto sia detenuto, per la vendita, a [OMISSIS], ed era stato trasportato a [OMISSIS], per essere consegnato all’acquirente [OMISSIS], soltanto dopo che con questo era intervenuto l’accordo per la cessione, comprensivo di prezzo e spedizione, anch’esso perfezionatosi a [OMISSIS]; in subordine aveva chiesto il giudizio abbreviato e, ammesso il rito, aveva rinnovato l’eccezione, riproposta, quindi, con l’atto d’appello e con il ricorso.
Con il ricorso il ricorrente torna a segnalare, altresi’, che non soltanto la detenzione e la vendita dello stupefacente oggetto del reato al capo 5) s’erano perfezionati a [OMISSIS], ma che all’imputato era stato in fase d’indagini contestato, al capo 6), anche altro reato analogo, per il quale il Giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta di custodia cautelare in carcere ritenendolo interamente consumato a [OMISSIS] e di competenza, percio’, del Tribunale di Roma: cosi’ da un lato riconoscendo che i traffici illeciti del ricorrente s’incentravano a [OMISSIS]; dall’altro arbitrariamente frammentando i fatti di cui lo stesso doveva rispondere.
1.1. Cio’ posto, la censura appare, nei termini che si diranno, fondata.
Il Collegio e’ consapevole che dopo Sez. U, n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, la giurisprudenza di questa Corte sembra essersi univocamente orientata nel senso che, costituendo la richiesta di rito alternativo un negozio processuale di tipo abdicativo, a seguito del quale possono essere rilevate e denunziate soltanto le nullita’ assolute e le inutilizzabilita’ patologiche, anche l’eccezione d’incompetenza territoriale, in quanto suscettibile di rinuncia da parte dell’interessato, non e’ piu’ proponibile dopo che e’ stato chiesto e ammesso il giudizio abbreviato, pure se in precedenza prospettata e respinta (tra molte e da ultimo: Sez. 5, n. 1937 del 15/12/2010, Dalti, Rv. 249100; Sez. 1, n. 10399 del 13/01/2010, Amendola, Rv. 246352; Sez. 1, n. 38388 del 18/09/2009, Romeo; Sez. 1, n. 22750 del 13/05/2009, Calligaro; Sez. 6, n. 19825 del 13/02/2009, Balmane, Rv. 243850; Sez. 4, n. 2841 del 20/11/2008, Greco, Rv. 242493; Sez. 1, n. 37623 del 17/09/2008, Confi, comp. in proc. Leuzzi, Rv. 241141; Sez. 6, n. 4125 del 17/10/2006, Cimino, Rv. 235600; Sez. 6, n. 33519 del 04/05/2006, Acampora).
A tale orientamento sembra opporsi soltanto la sentenza Sez. 1, n. 37156 del 10.6.2004, La Perna, Rv. 229532, che si ispira alle ragioni esposte dalla conforme giurisprudenza formatasi anteriormente a Sezioni Unite Tammaro (Sez. 4, 28/10/1998 – dep. 1999 -, Generali, Rv. 231136; Sez. 6, 20/11/1997 – dep. 1998, Angeli, Rv. 211126; Sez. 6, 23/09/1998, Vicentini, Rv. 213430) e secondo cui la richiesta di rito abbreviato non implica necessariamente accettazione della competenza territoriale del giudice procedente e non comporta, quindi, di per se’ rinuncia a contestarla, ferma la necessita’ di riproporre la relativa eccezione nei termini.
Pare tuttavia al Collegio che, non soltanto l’orientamento prevalente non e’ univoco nell’individuare le ragioni che sostengono la preclusione, ma che l’argomento sistematico-costituzionale sul quale pone l’accento la sentenza [OMISSIS] – “precludere la possibilita’ di adire il giudizio abbreviato, e di beneficiare della conseguente riduzione di pena, a chi voglia insistere nel richiedere il controllo del rispetto delle norme sul giudice naturale integrerebbe evidente violazione dell’articolo 24 Cost., comma 2, e articolo 25 Cost., comma 1” – sia particolarmente forte, e mai specificamente confutato.
Piu’ nel dettaglio, in alcune occasioni la non proponibilita’ dell’eccezione una volta richiesto il giudizio abbreviato, e’ argomentata rilevando, soltanto in premessa (sentenza Acampora) ovvero traendone una ratto deciderteli, che le norme che regolano tale rito non prevedono “il segmento processuale dedicato alla trattazione e risoluzione delle questioni preliminari”. Il dato non puo’ pero’ ritenersi realmente significativo. Cio’ che contraddistingue il giudizio abbreviato e’ che manca del dibattimento, ovverosia della fase riservata alla richiesta e all’ammissione delle prove e alla istruzione dibattimentale. Ovvio che formalmente manchi, percio’, anche della fase delle questioni preliminari al dibattimento. Ma cio’ non puo’ essere sufficiente per ritenere che nel giudizio abbreviato, come nell’udienza preliminare, dopo gli accertamenti sulla regolare costituzione delle parti non possano essere prospettate questioni pregiudiziali: sulla competenza, o sulla separazione o sulla riunione dei giudizi. Semmai, e all’opposto, ben puo’ significare che per i giudizi a forma contratta, nei quali non si’ deve procedere all’assunzione delle prove, il legislatore non ha ritenuto necessario fissare, per la trattazione delle questioni “preliminari” all’esame del merito, alcuna rigida scansione procedimentale preclusiva.
Tutte le decisioni che sostengono la preclusione evidenziano quindi, nella sostanza, che la scelta del rito abbreviato comporta che debbono intendersi implicitamente rinunciate le eccezioni che, per il regime ad esse riconosciuto, rientrano nella sfera di disponibilita’ degli interessati. L’opzione processuale di tipo abdicativo varrebbe insomma non soltanto per le inutilizzabilita’ e le nullita’ che afferiscono alle prove, ma anche in relazione agli atti processuali propulsivi e introduttivi del rito inficiati da nullita’ intermedie e, per conseguenza, alle eccezioni sulla competenza.
Ora pero’, in relazione alle questioni sulla competenza territoriale, codesto indirizzo in tanto puo’ ritenersi condivisibile, in quanto non conduca ad escludere in radice per l’imputato il diritto di essere giudicato con il rito abbreviato dal giudice per lui naturale.
Nessun dato normativo, testuale o sistematico, consente di affermare che l’imputato chiamato in udienza preliminare davanti a giudice incompetente, anche solo per territorio, debba essere costretto a scegliere tra la facolta’ di fare ricorso a riti alternativi e quella di chiedere di essere giudicato dal giudice naturalmente competente in relazione alla sua posizione, necessariamente rinunciando a una delle due possibilita’, entrambe garantite a livello costituzionale.
Non v’e’ dubbio, difatti, che l’opzione per i riti alternativi attiene all’esercizio di difesa e ne costituisce importante manifestazione per la consistente riduzione di pena che tali riti possono assicuragli; ma anche la tendenza ordinamentale a radicare la competenza per territorio nel luogo di manifestazione del reato, espressa dall’articolo 8 c.p.p., articolo 9 c.p.p., comma 1, e articolo 16 c.p.p., rappresenta l’attuazione di un precetto costituzionale; la prescrizione del giudice naturale precostituito per legge, di cui all’articolo 25 Cost., comma 1, non esaurendosi nella previsione relativa alla precostituzione ma indicando altresi’ – come hanno sottolineato sia la Corte costituzionale, nella sentenza n. 168 del 2008, sia le Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza n. 40537 del 16 luglio 2009, Orlandelli – la naturale e fisiologica allocazione del processo, fin quando e dove possibile, nel luogo commissi delicti.
D’altronde, e’ stata ancora la Corte costituzionale, nella sentenza n. 70 del 1996, a stigmatizzare come lesivo del diritto di difesa un sistema che, a seguito dell’erronea individuazione del giudice territorialmente competente a celebrare l’udienza preliminare, precludeva all’imputato di accedere al rito abbreviato davanti al giudice naturale: il vulnus cosi’ prodotto ponendo l’esigenza della regressione del procedimento (vedi altresi’, conformi, le sentenze nn. 76 e 214 del 1993, e, a contrario, n. 104 del 2001).
In conclusione, in base alle regole scritte la richiesta di rito abbreviato costituisce un negozio processuale abdicativo con specifico riferimento alla assunzione della prova in contraddittorio e, per l’effetto, ai profili d’inutilizzabilita’ cosiddetta fisologica, o relativa, delle prove, come rileva Sez. U, n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, e deve altresi’ riconoscersi che la medesima richiesta normalmente implica accettazione degli effetti degli atti propulsivi e introduttivi del rito inficiati da nullita’ intermedie,e opera in relazione ad esse un effetto sanante ai sensi dell’articolo 183 c.p.p., come osserva Sez. U, n. 39298 del 29.6.2006, Cieslinsky.
Sulla scorta di tali arresti puo’ convenirsi che la scelta del giudizio abbreviato analogamente costituisca, di regola, una sorta di tacita rinunzia a far valere anche le eccezioni relative alla competenza per territorio.
Codesto effetto, che discende da una presunzione e non ha sede in regole scritte, non puo’ tuttavia ritenersi prodotto allorche’ l’imputato, espressamente; insistendo in via principale, sia prima che dopo la proposizione della richiesta di rito alternativo, sull’arbitrario stravolgimento di criteri riconducibili all’articolo 25 Cost., abbia tenuto un comportamento processuale tale da fare inequivocabilmente escludere qualsivoglia tacita accettazione della competenza del giudice “innaturale” procedente.
Per conseguenza, quando – come nel caso in esame – la richiesta di rito ; alternativo risulti accompagnata dalla formalizzazione della reiterata “preliminare” eccezione d’incompetenza per territorio, fondata sulla non peregrina considerazione che dalla contestazione e dagli atti il reato risulta inequivocabilmente commesso in luogo diverso rispetto a quello dell’accertamento, e non emergono ragioni di connessione idonee allo spostamento della competenza, sarebbe contrario a logica e a principi, oltre che privo di base normativa, sostenere che codesta richiesta comunque comporta accettazione dell’imputato ad essere giudicato da un giudice diverso da quello naturalmente competente.
2. Erroneamente, dunque, la Corte di appello di Milano ha omesso di affrontare, nella situazione sostanziale e processuale evidenziata, la deduzione difensiva nel merito, limitandosi a ritenerla preclusa.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata, in riferimento alla posizione di [OMISSIS], con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano perche’ proceda a nuovo esame della pregiudiziale censura relativa all’incompetenza per territorio, attendendosi ai principi enunzati.
Provvedere la Corte di merito a verificare, preliminarmente, l’esattezza in punto di fatto delle deduzioni del ricorrente sull’evidente, fin dall’origine, diverso luogo di commissione del reato, nonche’ l’assenza di ragioni di connessione idonee a determinare lo spostamento della competenza per territorio ai sensi degli articoli 12 e 16 c.p.p.: ferma la regola che, limitatamente alle ipotesi di cui all’articolo 12 c.p.p., comma 1, lettera b), espressamente riferite alla medesima persona, uno spostamento della competenza e’ possibile solo per coloro che hanno commesso anche il fatto in concorso formale o in continuazione piu’ grave che determina, ex articolo 16 c.p.p., l’attrazione. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, difatti, “l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria di fatti in continuazione non puo’ pregiudicare quello del coimputato in uno di questi fatti a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza” (tra moltissime, Sez. 1, n. 37156 del 16.6.2004, La Perna, e ivi citate sez. 3, 30.7.1993, Bernardini riv. n. 194469; sez. 1, 6.6.1996, Bragagnolo, riv. n. 2053 13).
[OMISSIS]
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di [OMISSIS] e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Rigetta i ricorsi di [OMISSIS] e [OMISSIS] che condanna al pagamento delle spese processuali.