Nel procedimento di convalida e giudizio direttissimo, il Giudice ha il potere di disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché proceda nelle forme ordinarie solo nel caso in cui ravvisi la mancanza dei presupposti prestabiliti dalla legge e, quindi, disponga la non convalida dell’arresto, con la conseguenza che è invece abnorme ogni diversa e difforme decisione, quale quella di disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero dopo la convalida dell’arresto.

(Cass. Penale Sez. VI, sentenza 8 – 29 febbraio 2012, n. 7933)


Corte Suprema di Cassazione

Sezione Sesta Penale
Sentenza 8 – 29 febbraio 2012. n. 7933
[OMISSIS]

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Como propone ricorso avverso l’ordinanza 31 agosto 2011 del G.I.P. del Tribunale di Como che, convalidato l’arresto di G.M. , e Y.M. , arresto operato dagli agenti della Questura di Como, ha rigettato la richiesta della misura cautelare per i reati di rissa ed altro, avanzata dal P.M. e ha disposto la restituzione degli atti al P.M. richiedente perché proceda nelle forme ordinarie, ordinando la liberazione degli arrestati.

La parte pubblica ricorre denunciando l’illegittimità della decisione e la sua abnormità.
L’impugnazione, nei termini sviluppati dal Procuratore della Repubblica è fondata.

Come esattamente rilevato dal ricorrente l’abnormità dell’ordinanza emergerebbe con assoluta evidenza sotto un duplice profilo:
a) in primo luogo, la restituzione degli atti all’ufficio requirente dopo (e nonostante) la convalida dell’arresto, si pone in netto contrasto con l’art. 558 comma 6 c.p.p., quale espressamente stabilisce che “se l’arresto è convalidato a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente al giudizio”;
b) in secondo luogo, l’ordinanza impugnata ha determinato una indebita regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, pur in presenza di tutte le condizioni necessarie e sufficienti alla celebrazione del processo con rito direttissimo.
La richiesta di giudizio direttissimo rappresenta infatti una forma di esercizio dell’azione penale, rispetto alla quale il Giudice deve limitarsi ad accertare se sussistano i presupposti tassativamente predeterminati dalla legge, senza possibilità di sindacare l’opportunità o la convenienza della scelta (peraltro irretrattabile) compiuta dall’organo della pubblica accusa.
L’argomentare del P.M. e quello adesivo del Procuratore generale sono corretti.
Invero è pacifico che il Giudice ha il potere di disporre la restituzione degli atti all’ufficio del Pubblico Ministero solo nel caso in cui ravvisi la mancanza dei presupposti prestabiliti dalla legge, con la conseguente abnormità di ogni diversa e difforme decisione.
Nella vicenda, l’arresto in flagranza degli imputati, la loro presentazione dinanzi all’organo giudicante entro il termine perentorio di 48 ore stabilito dalla legge, nonché la convalida dell’arresto da parte del Giudice stesso, hanno pienamente integrato le condizioni di legge in presenza delle quali occorreva procedere al giudizio con il rito direttissimo, e l’eventuale incompletezza dell’attività di indagine, ove sussistente, ben poteva essere colmata attraverso l’esercizio dei poteri di ufficio da parte del Giudice, all’esito dell’istruttoria dibattimentale.
Come evidenziato nel ricorso, nel giudizio direttissimo, le conseguenze processuali che derivano dalla decisione del Giudice sulla richiesta di convalida dell’arresto sono predefinite in modo tassativo dalla legge, con la conseguenza che la convalida dell’arresto impone al giudice stesso di celebrare il processo nelle forme dei rito direttissimo, e soltanto una “decisione di non convalida” può determinare la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.
Nella specie risulta quindi assunta una decisione illegittima, dal momento che, convalidato l’arresto, si è concretizzato il subprocedimento prodromico all’instaurazione del giudizio, non essendo praticabile in tale contesto la restituzione degli atti all’ufficio del Pubblico Ministero, attesa la presenza di tutte le condizioni per la celebrazione del processo con il rito direttissimo.
Il provvedimento quindi si connota per la sua abnormità (cfr. in termini anche: Cass. Pen. sez. 6, 2112/1998 Rv. 212116) con conseguente ricorribilità per cassazione, posto che esso ha determinato l’indebita regressione del processo a procedimento, al di fuori dei casi consentiti e ha omesso di considerare che il giudizio direttissimo è connesso alla procedura contestuale di convalida dell’arresto e non alla flagranza di esso.
Per tali ragioni l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Como.
P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Como.

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