E’ configurabile il tentativo di rapina cd. impropria anche in assenza dell’elemento dell’avvenuta sottrazione della cosa, giacche’ il capo verso dell’articolo 628 c.p., dove e’ descritta la fattispecie del reato consumato, si integra necessariamente con la norma generale di cui all’articolo 56 c.p., di guisa che non puo’ escludersi che l’una o l’altra delle figure criminose unificate nella norma (il furto e la violenza o minaccia) possa presentarsi in astratto nella forma del tentativo e che non sia correlabile al fine specifico di assicurare al reo, o ad altri, se non il possesso della cosa, l’impunita’ della condotta.
(Cass. Penale Sez. II, 4 marzo 2010, n. 8775)

Corte Suprema di Cassazione
Sezione Seconda Penale
Sentenza 4 marzo 2010, n. 8775

[OMISSIS]avverso la sentenza 21.4.08 della Corte d’Appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Aurelio Galasso, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza 21.4.08 la Corte d’Appello di Firenze confermava la condanna emessa in data 11.1.07 dal Tribunale di Prato nei confronti di Le. To.
per i delitti di tentata rapina impropria e lesioni volontarie aggravate ex articolo 61 c.p., n. 2.
Tramite il proprio difensore il Le. ricorreva contro detta sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti:
a) incompatibilita’ fra il tentativo ed il delitto p. e p. ex articolo 628 c.p., comma 2, che presupponeva inderogabilmente l’avvenuta sottrazione della
cosa;
b) mancanza od inadeguatezza della motivazione nella parte in cui la gravata pronuncia aveva escluso l’esimente dello stato di necessita’, omettendo di rispondere alle obiezioni sollevate nell’atto d’appello e di valutare le prove acquisite in primo grado;
c) inadeguatezza ed insufficienza della motivazione circa il diniego delle attenuanti dell’articolo 62 bis C.p. e della sospensione condizionale della pena, negate sol perche’ il ricorrente era gravato da un precedente specifico e non aveva fissa dimora, situazione – quest’ultima – che non risultava dalla sentenza di prime cure.
1- Il ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato.
Quanto al motivo che precede sub a), in virtu’ di giurisprudenza largamente maggioritaria (v., da ultimo, Casso Sez. 2 n. 3769 del 16.12.08, dep. 27.1.09, rv. 242558, Solimeo) e’ configurabile il tentativo di rapina cd. impropria anche in assenza dell’elemento dell’avvenuta sottrazione della cosa, giacche’ il capo verso dell’articolo 628 c.p., dove e’ descritta la fattispecie del reato consumato, si integra necessariamente con la norma generale di cui all’articolo 56 C.p., di guisa che non puo’ escludersi che l’una o l’altra delle figure criminose unificate nella norma (il furto e la violenza o minaccia: cfr., ad es., Casso n. 5189/96, Semeraro ed altro, rv 204666) possa presentarsi in astratto nella forma del tentativo e che non sia correlabile al fine specifico di assicurare al reo, o ad altri, se non il possesso della cosa, l’impunita’ della condotta.
In altri termini, la condotta diretta alla sottrazione del bene, anche se incompiuta, assorbe, come nel reato compiuto, l’azione violenta, strumentale alla sottrazione, ma non all’evento dell’impossessamento, perche’ questo e’ previsto in alternativa, nella norma, al fine dell’impunita’ (Cass. 49213/2003, cfr. anche Casso n. 47086/2003; n. 32445/2001).
2- Ancora da disattendersi e’ il motivo di censura che precede sub b) perche’ generico e meramente assertivo.
Ne’ a tale lacuna si puo’ ovviare mediante rinvio a motivi d’appello di cui pero’ non si indica neppure in modo sommario il contenuto, cosi’ non consentendo l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte o malamente risolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimita’, dovendo l’atto di ricorso essere autosufficiente, cioe’ contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre alla verifica di questa Corte Suprema (cfr. ad es. Casso Sez. 6 n. 21858 del 19.12.2006, dep. 5.6.2007; Casso Sez. 2 n. 27044 del 29.5.2003, dep. 20.6.2003; Casso Sez. 5 n. 2896 del 9.12.98, dep. 3.3.99; Casso S.U. n. 21 dell’11.11.94, dep. 11.2.95).
3- Il motivo che precede sub c) e’ infondato, noto essendo in giurisprudenza che ai fini della determinazione della pena e dell’applicabilita’ delle circostanze attenuanti di cui all’articolo 62 bis C.p. non e’ necessario che il giudice, nel riferirsi ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., li esamini tutti, essendo invece sufficiente che specifichi a quale di essi ha inteso fare riferimento. Ne consegue che con il riferimento ad un precedente penale dell’imputato (espressamente definito come “specifico” dalla Corte fiorentina), indice concreto della personalita’ del reo, l’impugnata sentenza ha adempiuto l’obbligo di motivare sul punto (cfr., ad esempio, Casso Sez. 1 n. 707 del 13.11.97, dep. 21.2.98; Casso Sez. 1 n. 8677 del 6.12.2000, dep. 28.2.2001 e numerose altre) nonche’ sul diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, riguardo al quale espressamente la gravata pronuncia ha ritenuto impossibile una prognosi favorevole.
Cio’ assorbe ogni altro discorso circa l’astratta idoneita’ argomentativa, in proposito, del concorrente rilievo – ritenuto dai giudici del gravame – della assenza di fissa dimora del Le ..
4- All’inammissibilita’ del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali ed al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che stimasi equo quantificare in euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.

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