(Cass., Sezione IV Penale, 3 novembre – 21 dicembre 2011, n. 47497)
Sezione Quarta Penale
Sentenza 3 novembre – 21 dicembre 2011, n. 47497
sul ricorso proposto da:
1. Ga. Dz. n. il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 975/2010 della Corte di Appello di Firenze in data 16/9/2010;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Ruggero Galbiati;
udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. MURA Antonio che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
1. Il Tribunale di Firenze-giudice monocratico-, con sentenza in data 28-1-2009, dichiarava Ga. Dz. , nella qualita’ di titolare dell’impresa edile “Ni. e. No. snc”, colpevole per il reato di lesioni colpose gravi perpetrato a danno del lavoratore Me. Sh. dipendente dell’impresa. Lo condannava alla pena di mesi tre di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile liquidati in euro 65.000,00.
In fatto (16-5-2004), era avvenuto che il lavoratore, mentre stava camminando sul tetto di copertura di un capannone industriale costituito da lastre in eternit, era caduto dall’altezza di circa quattro metri a causa della rottura di una delle lastre. Nell’occorso, il dipendente aveva riportato trauma cranico con frattura occipitale e soffusione sub aracnoidea da caduta accidentale, contusioni escoriate sul dorso e l’avambraccio; da tali lesioni era conseguita una malattia della durata di oltre 60 giorni.
L’imputato era accusato di avere determinato l’evento per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione della normativa in materia di prevenzione infortuni; in particolare, egli non aveva predisposto adeguati ponteggi o impalcature atti ad eliminare il pericolo di caduta di persone dall’alto e cioe’ dalla copertura in eternit.
2. Proposta impugnazione, la Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 16-9-2010, confermava la decisione di primo grado. Riteneva corretta ed esaustiva la motivazione espressa dal Tribunale fondata sulla corretta ricostruzione del fatto, come delineata dalla parte offesa ed anche da altro teste.
3. L’imputato proponeva ricorso per cassazione impugnando la sentenza emessa dalla Corte di Firenze ed anche l’ordinanza dibattimentale pronunciata dalla Corte all’udienza del 16-9-2010 con la quale non era stato disposto l’accertamento del legittimo impedimento dell’imputato a comparire perche’ in stato di detenzione all’estero ed era stata dichiarata parimenti la sua contumacia.
Affermava che il Collegio di Appello era incorso nella violazione dell’articolo 178, comma 1, lettera c) e articolo 420 ter cod. proc. pen.. Invero, la Corte di Firenze aveva erroneamente dichiarato la contumacia di esso istante, escludendo che l’imputato potesse essere in stato detentivo al momento di notifica del decreto di citazione a giudizio in appello. Per contro, risultava da rituale certificazione che Ga. Dz. era detenuto per altra causa sin dal 10-9-2009 presso il carcere francese di (OMISSIS) dove era tuttora astretto.
Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza e della sentenza impugnate.
1. Il ricorso deve essere respinto perche’ infondato.
Si osserva che la Corte di Appello ha correttamente valutato le condizioni per dichiarare la contumacia dell’imputato, non comparso all’udienza. In particolare, risulta correttamente applicato l’articolo 420 ter cod. proc. pen., comma 2, secondo cui il giudice rinvia la causa ad altra udienza quando appare probabile che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilita’ di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Inoltre, la seconda parte del comma citato stabilisce che il giudizio sulla probabilita’ dell’impossibilita’ di comparire e’ effettuato dal giudice con valutazione “libera” e non puo’ formare oggetto di discussione successiva ne’ motivo di impugnazione.
Nel caso di specie, il Collegio di Appello ha ritenuto proveniente da fonte incerta la notizia riferita dal difensore di avere ricevuto una telefonata da persona qualificatasi come sorella dell’imputato che aveva affermato che questi era detenuto in Croazia; per cui, i Giudici hanno escluso la ricorrenza di prova dell’impedimento addotto, sottolineando l’improbabilita’ comunque della sua sussistenza. Del resto, si palesa in concreto ragionevole il giudizio formulato dalla Corte e non contrassegnato da inadeguatezza in relazione all’effettiva situazione di fatto, atteso che l’informazione su questa risultava ampiamente vaga e generica, come attestato successivamente per cui si e’ venuti a conoscenza che l’imputato in realta’ all’epoca non si trovava in Croazia ma in Francia.
2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.