La responsabilità a titolo di concorso dell’amministratore di diritto nel reato di riciclaggio e autoriciclaggio non può derivare esclusivamente dalla assunzione della carica e richiede la prova sotto il profilo soggettivo di un concorso, quantomeno morale, e cioè la coscienza e volontà che la società verrà utilizzata per il compimento di tali attività.
(Cass. Sez. 2^ Pen. – sentenza 19/10/2022 n. 47529)
La Corte ha spiegato in maniera chiara che le considerazioni formulate dalla giurisprudenza di legittimità e riferite ad ipotesi di reati tributari, per i quali incombe sull’amministratore di diritto l’onere della regolare tenuta delle scritture e del pagamento delle imposte, non possono essere automaticamente estese alla posizione dell’amministratore di diritto, a fronte di condotte di riciclaggio e autoriciclaggio compiute dei gestori di fatto delle società.
Ed invero, solo per i reati tributari gli obblighi giuridici in capo all’amministratore di diritto permettono l’applicazione della clausola di cui all’art. 40 cpv. c.p., ma non consentono l’estensione di responsabilità dell’amministratore di diritto anche a tutti gli altri reati consumati all’interno di compagini sociali o mediante le stesse, proprio per l’assenza di un obbligo giuridico ricavabile da uno specifico riferimento normativo in tal senso.