Il semestre da valutare agli effetti della detrazione di pena ex art. 54 O.P. può risultare dal cumulo di periodi detentivi non continuativi, purché essi non siano separati da un intervallo temporale così lungo da impedire di verificare concretamente la partecipazione del detenuto al trattamento rieducativo (fattispecie in cui tale possibilità è stata esclusa in relazione a periodi detentivi separati da un intervallo di circa 26 mesi).
(Tribunale di Sorveglianza di Torino, ordinanza 27 marzo 2013, n. 1151)
(Tribunale di Sorveglianza di Torino, ordinanza 27 marzo 2013, n. 1151)
TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI TORINO
il giorno 27-03-2013 in TORINO si è riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei componenti:
Dott. VIGLINO MARCO Presidente
” VIGNERA GIUSEPPE Giudice rel.
” RIGHINI PAOLO Esperto
” LA GIOIA ANGELA Esperto
con la partecipazione del Dott. BURDINO GIANFRANCO, Sost. Procuratore Generale presso la Corte di Appello di TORINO, per deliberare sul reclamo avverso provvedimento di rigetto di istanza di detrazione di pena per liberazione anticipata, presentato da C. F., nata a TIRANA (ALBANIA) il XXXX, residente e domiciliata in XXX, Via XXXX n. 23, difesa dall’Avv. Abate Zaro Deborah del Foro di Torino, condannata con Sentenza N. 2010/3168 Reg. Gen., emessa in data 10-11-2010 da Corte D’Appello MILANO, confermata in data 05-11-2009 da Gip Presso il Tribunale Ordinario MILANO, definitiva il 01-03-2011.
FATTO E DIRITTO
1. – Con provvedimento in data 22 gennaio 2013 il Magistrato di Sorveglianza di Cuneo dichiarava inammissibile l’istanza di detrazione di pena per liberazione anticipata presentata da C. F. per il periodo di sei mesi risultante dalla somma di quello (di “carcerazione presofferta”) compreso tra il 10 dicembre 2009 ed il 5 giugno 2010 e di quello (di “detenzione attuale”) compreso tra il 1° agosto 2012 ed il 6 agosto 2012, trattandosi di periodi non contigui.
A fondamento della superiore ordinanza veniva posto l’insegnamento di Cass. pen. Sez. I, sentenza 28 maggio 1996 n. 3650, Brunello, secondo cui: “in relazione all’esigenza che il limite minimo di valutazione, ai fini dell’applicabilità dell’istituto della liberazione anticipata, non sia inferiore a sei mesi, deve escludersi che detta esigenza possa essere soddisfatta riunendo tra loro periodi di durata inferiore, lontani nel tempo, potendosi solo ammettere la possibilità di valutazione congiunta di periodi di detenzione, ciascuno dei quali inferiore al semestre, quando si tratti di sommare un periodo di custodia cautelare ad uno di espiazione, ad esso contiguo, come si verifica allorché, per effetto della definitività della condanna, la detenzione a titolo di custodia cautelare prosegue trasformandosi in esecuzione di pena”.
Avverso tale provvedimento ha proposto tempestivo reclamo l’interessata, che invoca il più recente orientamento della Suprema Corte in subiecta materia. Trattasi, più esattamente, di Cass. pen., Sez. I, sentenza 6 maggio 2008 n. 21689, Santoro, secondo cui: “Ai fini dell’applicazione dell’istituto della liberazione anticipata, la lunghezza dell’intervallo di tempo intercorrente tra due periodi di carcerazione non è di per sé ostativa ad una valutazione complessiva, qualora la somma dei periodi raggiunga un semestre di pena e si riferisca alla medesima esecuzione, sempre che sia possibile accertare un’effettiva partecipazione del condannato all’opera di rieducazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha precisato che deve trattarsi di periodi di durata tale da consentire un’effettiva valutazione e non intervallati da periodi di libertà in cui risultino poste in essere condotte criminose o anche semplicemente antisociali)”.
2. 1 – L’impugnazione è infondata.
Invero, anche senza aderire all’insegnamento posto a fondamento del reclamato provvedimento [a favore del quale sembra militare l’argomentazione letterale desunta dal fatto che l’art. 54, comma 1, O.P. non parla di “periodo di sei mesi di pena scontata”, ma di “ogni singolo semestre di pena scontata”: e al sostantivo “semestre” il linguaggio corrente ed i dizionari assegnano il significato di “periodo continuativo di sei mesi”, così come a “trimestre” si assegna il significato di “periodo continuativo di tre mesi”, a “bimestre” quello di “periodo continuativo di due mesi” , a “mese” quello di “periodo continuativo di trenta giorni” e a “settimana” quello di “periodo continuativo di sette giorni”], sta di fatto che neppure l’indirizzo evocato dalla Reclamante merita adesione.
Invero, alla sua stregua:
a) si estende l’oggetto dell’osservazione pure alla condotta (“intermedia”) tenuta dal condannato in libertà al fine di verificare se essa (condotta) sia stata o meno “criminosa” o “anche semplicemente antisociale”;
b) se l’individuazione di condotte “criminose” può essere possibile attraverso le informazioni acquisibili presso la banca-dati SDI (Sistema Di Indagine) consultabile dalle Forze di Polizia Italiane, praticamente impossibile risulta invece accertare eventuali “condotte semplicemente antisociali” del condannato: per la semplice ragione che un controllo della persona “in libertà” (in un ordinamento che non sia uno “Stato di polizia”) è una vera e propria contradictio in terminis;
c) se possibile (tramite, per esempio, informazioni analoghe a quelle richieste alle Forze di Polizia operanti sul luogo di residenza dell’interessato ai fini dell’accertamento della “buona condotta” ex art. 179, comma 1, c.p.), del resto, una tale verifica risulterebbe impossibile o, comunque, molto difficoltosa allorchè tale periodo “intermedio” si sia protratto per un tempo assai lungo (e ciò non è affatto un fenomeno raro, posto che il passaggio in giudicato della sentenza di condanna spesso avviene diversi anni dopo la cessazione dello stato di custodia cautelare “sofferto” dalla persona nella fase iniziale del procedimento).
A parte queste considerazioni, sta di fatto che tutta la restante giurisprudenza del Supremo Collegio sembra presupporre che l’osservazione del detenuto agli effetti de quibus riguarda periodi di detenzione contigui o comunque ravvicinati tra di loro (v. esemplificativamente Cass. pen., Sez. I, sentenza 12 marzo 1998, n. 1513, Viviani, in Cass. Pen., 1999, 1942: “Ai fini della concessione della liberazione anticipata, per quanto il giudizio debba essere espresso relativamente a ciascun semestre, tuttavia la valutazione sui semestri immediatamente precedenti o immediatamente successivi a quelli interessati da infrazioni disciplinari, specie quando si tratta in infrazioni di una certa gravità, può essere negativa anche in assenza di illeciti disciplinari, dovendosi, in tal caso, considerare la condotta in contrasto con quell’atteggiamento di responsabilità che è lecito attendersi da detenuti che, per godere del beneficio, devono dar prova di partecipazione all’opera di rieducazione intrapresa nei loro confronti, ai fini del loro più efficace reinserimento sociale”; conf. tra le più recenti Cass. pen., Sez. I, sentenza 22 novembre 2011 n. 983, Palamara).
2. 2 – A tutte queste obiezioni non si espone il terzo (rispetto a quello “restrittivo” ricordato dal primo Giudicante ed a quello “estensivo” invocato dalla Reclamante) degli indirizzi espressi dalla Corte di Cassazione in argomento, al quale (terzo indirizzo) aderisce questo Tribunale.
In base a codesto indirizzo, più esattamente, “ai fini dell’applicazione dell’istituto della liberazione anticipata possono essere presi in considerazione anche periodi di detenzione i quali, singolarmente, siano inferiori al semestre ma raggiungano, messi insieme, tale soglia, sempre che trattisi di periodi riferibili tutti ai titoli in esecuzione e sia concretamente possibile effettuare, per il semestre così ricostruito, la verifica del grado di adesione del condannato all’opera di rieducazione” (così Cass. pen., Sez. I, sentenza 27 giugno 1997 n. 4455, Scanavino; conf. Cass. pen., Sez. I, sentenza 11 aprile 2001 n. 24627).
Il che val quanto dire che ai fini in discorso possono essere presi in considerazione periodi di detenzione inferiori a sei mesi purchè, sebbene non contigui, siano comunque suscettibili di valutazione unitaria in quanto tra loro ravvicinati e/o non separati da un rilevante lasso di tempo [v. in questo preciso senso Cass. pen., Sez. I, 4 febbraio 1999 n. 1019, Sessa: “Ai fini dell’applicazione del beneficio della liberazione anticipata, non è necessaria la continuità del periodo di detenzione da valutare, giacché il computo del semestre di pena scontata, agli effetti della detrazione prevista dall’art. 54 della legge n. 354 del 1975, può avvenire anche cumulando periodi di detenzione separati da un intervallo temporale, purché si tratti di frazioni di semestre che si prestino ragionevolmente ad un efficace apprezzamento della partecipazione all’opera di rieducazione. (Nell’enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha escluso la possibilità di procedere a sommatorie di singoli periodi di detenzione fra loro cronologicamente distanti e tali da non consentire di verificare la partecipazione del detenuto al trattamento rieducativo, ma soltanto di verificare la regolarità della condotta carceraria”); conf. Cass. pen., Sez. I, 28 novembre 2002 n. 16985, Citarella].
Orbene!
Tale condizione non è configurabile rispetto ai periodi sub iudice perchè tra la fine del primo (5 giugno 2010) e l’inizio del secondo (1° agosto 2012) intercorrono circa 26 mesi.
A fondamento della superiore ordinanza veniva posto l’insegnamento di Cass. pen. Sez. I, sentenza 28 maggio 1996 n. 3650, Brunello, secondo cui: “in relazione all’esigenza che il limite minimo di valutazione, ai fini dell’applicabilità dell’istituto della liberazione anticipata, non sia inferiore a sei mesi, deve escludersi che detta esigenza possa essere soddisfatta riunendo tra loro periodi di durata inferiore, lontani nel tempo, potendosi solo ammettere la possibilità di valutazione congiunta di periodi di detenzione, ciascuno dei quali inferiore al semestre, quando si tratti di sommare un periodo di custodia cautelare ad uno di espiazione, ad esso contiguo, come si verifica allorché, per effetto della definitività della condanna, la detenzione a titolo di custodia cautelare prosegue trasformandosi in esecuzione di pena”.
Avverso tale provvedimento ha proposto tempestivo reclamo l’interessata, che invoca il più recente orientamento della Suprema Corte in subiecta materia. Trattasi, più esattamente, di Cass. pen., Sez. I, sentenza 6 maggio 2008 n. 21689, Santoro, secondo cui: “Ai fini dell’applicazione dell’istituto della liberazione anticipata, la lunghezza dell’intervallo di tempo intercorrente tra due periodi di carcerazione non è di per sé ostativa ad una valutazione complessiva, qualora la somma dei periodi raggiunga un semestre di pena e si riferisca alla medesima esecuzione, sempre che sia possibile accertare un’effettiva partecipazione del condannato all’opera di rieducazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha precisato che deve trattarsi di periodi di durata tale da consentire un’effettiva valutazione e non intervallati da periodi di libertà in cui risultino poste in essere condotte criminose o anche semplicemente antisociali)”.
2. 1 – L’impugnazione è infondata.
Invero, anche senza aderire all’insegnamento posto a fondamento del reclamato provvedimento [a favore del quale sembra militare l’argomentazione letterale desunta dal fatto che l’art. 54, comma 1, O.P. non parla di “periodo di sei mesi di pena scontata”, ma di “ogni singolo semestre di pena scontata”: e al sostantivo “semestre” il linguaggio corrente ed i dizionari assegnano il significato di “periodo continuativo di sei mesi”, così come a “trimestre” si assegna il significato di “periodo continuativo di tre mesi”, a “bimestre” quello di “periodo continuativo di due mesi” , a “mese” quello di “periodo continuativo di trenta giorni” e a “settimana” quello di “periodo continuativo di sette giorni”], sta di fatto che neppure l’indirizzo evocato dalla Reclamante merita adesione.
Invero, alla sua stregua:
a) si estende l’oggetto dell’osservazione pure alla condotta (“intermedia”) tenuta dal condannato in libertà al fine di verificare se essa (condotta) sia stata o meno “criminosa” o “anche semplicemente antisociale”;
b) se l’individuazione di condotte “criminose” può essere possibile attraverso le informazioni acquisibili presso la banca-dati SDI (Sistema Di Indagine) consultabile dalle Forze di Polizia Italiane, praticamente impossibile risulta invece accertare eventuali “condotte semplicemente antisociali” del condannato: per la semplice ragione che un controllo della persona “in libertà” (in un ordinamento che non sia uno “Stato di polizia”) è una vera e propria contradictio in terminis;
c) se possibile (tramite, per esempio, informazioni analoghe a quelle richieste alle Forze di Polizia operanti sul luogo di residenza dell’interessato ai fini dell’accertamento della “buona condotta” ex art. 179, comma 1, c.p.), del resto, una tale verifica risulterebbe impossibile o, comunque, molto difficoltosa allorchè tale periodo “intermedio” si sia protratto per un tempo assai lungo (e ciò non è affatto un fenomeno raro, posto che il passaggio in giudicato della sentenza di condanna spesso avviene diversi anni dopo la cessazione dello stato di custodia cautelare “sofferto” dalla persona nella fase iniziale del procedimento).
A parte queste considerazioni, sta di fatto che tutta la restante giurisprudenza del Supremo Collegio sembra presupporre che l’osservazione del detenuto agli effetti de quibus riguarda periodi di detenzione contigui o comunque ravvicinati tra di loro (v. esemplificativamente Cass. pen., Sez. I, sentenza 12 marzo 1998, n. 1513, Viviani, in Cass. Pen., 1999, 1942: “Ai fini della concessione della liberazione anticipata, per quanto il giudizio debba essere espresso relativamente a ciascun semestre, tuttavia la valutazione sui semestri immediatamente precedenti o immediatamente successivi a quelli interessati da infrazioni disciplinari, specie quando si tratta in infrazioni di una certa gravità, può essere negativa anche in assenza di illeciti disciplinari, dovendosi, in tal caso, considerare la condotta in contrasto con quell’atteggiamento di responsabilità che è lecito attendersi da detenuti che, per godere del beneficio, devono dar prova di partecipazione all’opera di rieducazione intrapresa nei loro confronti, ai fini del loro più efficace reinserimento sociale”; conf. tra le più recenti Cass. pen., Sez. I, sentenza 22 novembre 2011 n. 983, Palamara).
2. 2 – A tutte queste obiezioni non si espone il terzo (rispetto a quello “restrittivo” ricordato dal primo Giudicante ed a quello “estensivo” invocato dalla Reclamante) degli indirizzi espressi dalla Corte di Cassazione in argomento, al quale (terzo indirizzo) aderisce questo Tribunale.
In base a codesto indirizzo, più esattamente, “ai fini dell’applicazione dell’istituto della liberazione anticipata possono essere presi in considerazione anche periodi di detenzione i quali, singolarmente, siano inferiori al semestre ma raggiungano, messi insieme, tale soglia, sempre che trattisi di periodi riferibili tutti ai titoli in esecuzione e sia concretamente possibile effettuare, per il semestre così ricostruito, la verifica del grado di adesione del condannato all’opera di rieducazione” (così Cass. pen., Sez. I, sentenza 27 giugno 1997 n. 4455, Scanavino; conf. Cass. pen., Sez. I, sentenza 11 aprile 2001 n. 24627).
Il che val quanto dire che ai fini in discorso possono essere presi in considerazione periodi di detenzione inferiori a sei mesi purchè, sebbene non contigui, siano comunque suscettibili di valutazione unitaria in quanto tra loro ravvicinati e/o non separati da un rilevante lasso di tempo [v. in questo preciso senso Cass. pen., Sez. I, 4 febbraio 1999 n. 1019, Sessa: “Ai fini dell’applicazione del beneficio della liberazione anticipata, non è necessaria la continuità del periodo di detenzione da valutare, giacché il computo del semestre di pena scontata, agli effetti della detrazione prevista dall’art. 54 della legge n. 354 del 1975, può avvenire anche cumulando periodi di detenzione separati da un intervallo temporale, purché si tratti di frazioni di semestre che si prestino ragionevolmente ad un efficace apprezzamento della partecipazione all’opera di rieducazione. (Nell’enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha escluso la possibilità di procedere a sommatorie di singoli periodi di detenzione fra loro cronologicamente distanti e tali da non consentire di verificare la partecipazione del detenuto al trattamento rieducativo, ma soltanto di verificare la regolarità della condotta carceraria”); conf. Cass. pen., Sez. I, 28 novembre 2002 n. 16985, Citarella].
Orbene!
Tale condizione non è configurabile rispetto ai periodi sub iudice perchè tra la fine del primo (5 giugno 2010) e l’inizio del secondo (1° agosto 2012) intercorrono circa 26 mesi.
P.Q.M.
conferma l’impugnato provvedimento.