Cio’ che rileva al fine dell’affidamento in prova al servizio sociale, e’ il grado di consapevolezza e di rieducazione raggiunto dal condannato, nonche’ l’evoluzione della sua personalita’ successivamente al fatto, al fine di consentire un’ulteriore evoluzione favorevole e un ottimale reinserimento sociale.
L’affidamento in prova al servizio sociale, infatti, non presuppone una totale assenza di pericolosita’ sociale del condannato, quale realizzabile solo attraverso il completamento del processo di rieducazione, ma postula soltanto l’esistenza di elementi dai quali possa desumersi l’avvenuto inizio di detto processo, da riguardarsi come concettualmente identico per qualsiasi condannato, indipendentemente dalla natura del reato commesso, dovendosi aver riguardo essenzialmente, in armonia con la visione laica cui si ispira l’ordinamento giuridico, alla prospettiva che il condannato acquisisca la consapevolezza della necessita’ di rispettare le leggi penali e di conformare, in genere, il proprio agire ai doveri inderogabili di solidarieta’ politica, economica e sociale sanciti dall’ordinamento medesimo.
(Cass. Penale Sez. V, sentenza 8 settembre 2015, 36833)
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Quinta Penale
Sentenza 8 settembre 2015, n. 26833
[OMISSIS]
1. Con ordinanza emessa il 24.6.2014, il tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, rigettava la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale formulata nell’interesse di (OMISSIS), in relazione alla pena detentiva residua di sei mesi di reclusione, di cui alla sentenza di condanna emessa l’8.3.2012 dal tribunale di Locri, sezione distaccata di Siderno, per il reato ex Legge n. 1423 del 1956, articolo 9, mentre accoglieva la richiesta di detenzione domiciliare formulata sempre nell’interesse del suddetto imputato.
2. Avverso tale ordinanza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), del Foro di (OMISSIS), l’imputato, con cui lamenta violazione di legge per avere il tribunale di Reggio Calabria illegittimamente ritenuto la sussistenza della pericolosita’ sociale del (OMISSIS) sulla base di elementi la cui insussistenza e’ comprovata dagli atti acquisiti al procedimento, nonche’ la nullita’ del provvedimento impugnato perche’ radicalmente privo di motivazione.
3. Con requisitoria del 10.12.2014 il pubblico ministero presso il Supremo Collegio chiede l’accoglimento del ricorso, condividendo le ragioni del ricorrente.
4. Il ricorso e’ fondato e va accolto.
5. Il provvedimento impugnato presenta, invero, delle evidenti lacune motivazionali, che ne impongono l’annullamento.
Da un lato, infatti, il tribunale di sorveglianza, nel fondare il rigetto della richiesta del (OMISSIS) anche sulla sottoposizione di quest’ultimo a misura di prevenzione, ha omesso di considerare, come evidenziato dal pubblico ministero, il dato oggettivo rappresentato dal rigetto della proposta di misura di prevenzione intervenuto in sede di giudizio di rinvio, conseguente ad annullamento, da parte del Supremo Collegio, dell’originario decreto applicativo della misura di prevenzione.
Dall’altro il giudice di merito ha concentrato la sua attenzione, per giustificare il diniego dell’affidamento, essenzialmente sulla natura del reato per cui il (OMISSIS) e’ stato condannato e sulla “biografia” criminale” di quest’ultimo, quale risulta dai precedenti penali e giudiziari esistenti a suo carico, senza prendere in considerazione il periodo successivo al reato e l’evoluzione della sua personalita’, non facendo, pertanto, buon governo dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’ in subiecta materia.
L’affidamento in prova al servizio sociale, infatti, non presuppone una totale assenza di pericolosita’ sociale del condannato, quale realizzabile solo attraverso il completamento del processo di rieducazione, ma postula soltanto l’esistenza di elementi dai quali possa desumersi l’avvenuto inizio di detto processo, da riguardarsi come concettualmente identico per qualsiasi condannato, indipendentemente dalla natura del reato commesso, dovendosi aver riguardo essenzialmente, in armonia con la visione laica cui si ispira l’ordinamento giuridico, alla prospettiva che il condannato acquisisca la consapevolezza della necessita’ di rispettare le leggi penali e di conformare, in genere, il proprio agire ai doveri inderogabili di solidarieta’ politica,economica e sociale sanciti dall’ordinamento medesimo (cfr. Cass., sez. 1, 5.2.1998, n. 688, rv. 210389).
Cio’ che rileva, infatti, al fine dell’affidamento in prova al servizio sociale, e’ il grado di consapevolezza e di rieducazione raggiunto dal condannato, nonche’ l’evoluzione della sua personalita’ successivamente al fatto, al fine di consentire un’ulteriore evoluzione favorevole e un ottimale reinserimento sociale (cfr. Cass., sez. 1, 8.2.2008, n. 8258, rv. 240586; Cass., sez. 1, 11.6.2013, n. 33287, rv. 257001).
Alla luce di tali principi la motivazione impugnata va censurata anche per un’ulteriore incongruenza, laddove, pur evidenziando l’avvio di un percorso di risocializzazione del (OMISSIS) “attestato vuoi dall’espletamento in via stabile di attivita’ lavorativa, vuoi dall’equilibrio familiare raggiunto tramite una serena relazione sentimentale e la nascita di una figlia” (che, tuttavia, il tribunale, con motivazione intrinsecamente contraddittoria, definisce “apparente”), il giudice di merito omette di valutare la rilevanza di tali circostanze ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale.
6. Sulla base delle svolte considerazioni l’impugnato provvedimento va, dunque, annullato, limitatamente al rigetto dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, con rinvio per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, che provvedere ad ovviare alle indicate omissioni ed incongruenze motivazionali, attenendosi ai principi di diritto innanzi indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al rigetto dell’istanza di affidamento al servizio sociale, con rinvio per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria.