Va rigettata l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale allorché essa, per la mancata prospettazione di un’attività lavorativa o di volontariato da espletare durante l’esecuzione della misura, si basa soltanto sull’idoneità della misura stessa d evitare il pericolo delle recidiva, la quale (idoneità) invece di per sé sola costituisce il presupposto della detenzione domiciliare “generica” ex art. 47, comma 1 bis, O.P.
(Tribunale di Sorveglianza di Torino, ordinanza 27 ottobre 2010, in proc. 2493/2010)
Tribunale Penale di Torino
Sezione Sorveglianza
Ordinanza 27 ottobre 2010, in proc. 2493/2010
[OMISSIS]
1. – P.G. sta scontando una pena di anni 16 di reclusione per i reati di omicidio volontario (vittima l’ex moglie), tentato omicidio (vittima l’accompagnatore-amico della donna) e porto illegale di armi, commessi in XXXX il 16 giugno 2001 in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
Arrestato il 13 giugno 2001, il predetto terminerà l’espiazione della pena (a seguito delle liberazioni anticipate e dell’indulto concesso il 31 luglio 2006) il 22 giugno 2012 (salve liberazioni anticipate future).
Oltre alla condanna in esecuzione, il P. ha un altro precedente penale per furto (commesso nel 1973), ma non ha carichi pendenti.
Il detenuto ha chiesto l’affidamento in prova al servizio sociale, indicando soltanto il luogo di svolgimento della misura (l’abitazione della sorella in XXXX), ma senza allegare alcuna attività (lavorativa o di volontariato) da espletare durante l’esecuzione della misura stessa.
I Carabinieri di [OMISSIS] in data 23 ottobre 2009 hanno riferito che il predetto “prima del suo arresto risultava persona di buona condotta morale e civile in genere… Svolgeva l’attività di manovale edile. Si è sempre comportato bene sia in pubblico che in privato, senza mai manifestare tendenze deteriori … tuttora, in special modo tra la popolazione del Comune di Roasio, è ricordato quale persona mite, rispettosa e socievole con tutti”.
Di condotta regolare “durante il periodo in cui ha risieduto in questa Provincia” parlano pure i Carabinieri di Cagliari nella comunicazione del 21 settembre 2010 (dove si conferma la disponibilità all’accoglienza data dai familiari del P. residenti in [OMISSIS]).
La relazione di sintesi evidenzia:
a) una condotta intramuraria sempre regolare;
b) la “fruttuosa” partecipazione alle attività trattamentali proposte al detenuto e concretatesi nella frequenza del corso d’impiantisti civili ed industriali (interrotta su proposta dell’équipe, che ha ritenuto preferibile inserire il soggetto presso il servizio di manutenzione ordinaria dell’intercinta) e nell’espletazione del lavoro ex art. 21 O.P. alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria per l’attività di manutenzione presso l’intercinta dell’Istituto penitenziario;
c) l’interruzione nell’estate del 2009 di codeste attività (solo) per sopravvenuti problemi di salute del detenuto, i quali hanno di fatto impedito l’espletazione del lavoro ex art. 21 O.P. all’esterno dell’Istituto ed alle dipendenze di un Comune, che era stata già “programmato” dalla Direzione;
d) la regolare fruizione di permessi premiali dal novembre 2009;
e) la titolarità di una pensione ammontante a 550 euro mensili.
Alla stregua della relazione sanitaria della Casa di Reclusione di Alessandria in data 14 ottobre 2010, infine, il soggetto a causa delle sue patologie (sindrome ansiosa-depressiva e sindrome vertiginosa accompagnata da cervicobrachialgia) e della sua età (ultrasessantenne, essendo nato nel 1943) “è persona parzialmente inabile ai sensi dell’art. 47 ter, comma 1, lettera d), O.P.”
2. – L’istanza di affidamento in prova al servizio sociale va rigettata, atteso che non è stato prospettato lo svolgimento di alcuna attività (lavorativa o di volontariato) durante l’esecuzione della misura: di guisa che non si comprende su cosa dovrebbe svolgersi la richiesta “messa in prova”.
Più esattamente:
– così come prospettato, il richiesto affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 O.P. dovrebbe essere concesso soltanto sulla base dell’idoneità della misura ad evitare il pericolo della recidiva, la quale (idoneità) invece di per sé sola costituisce il presupposto (recte: l’unico presupposto) della detenzione domiciliare “generica” ex art. 47, comma 1 bis, O.P. (cfr. Cass. pen., Sez. I, sentenza 11 novembre 2009 n. 45511, Papandrea, nella cui motivazione sta scritto: “… per la concessione del beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale l’art. 47 O.P. prevede la sussistenza di tutta una serie di presupposti, da accertare con modalità particolarmente incisive e rigorose, presupposti questi non richiesti in modo similmente categorico per la concessione del beneficio della detenzione domiciliare, ritenuto in sostanza dal legislatore applicabile qualora non ricorrano le condizioni per far luogo all’affidamento in prova e concedibile sulla sola base dell’idoneità della misura ad evitare il pericolo della recidiva”);
– nella fattispecie, tuttavia, la detenzione domiciliare “generica” non potrebbe essere concessa, essendo stato il P. condannato per omicidio (ergo: per uno dei delitti “ostativi” indicati nell’art. 4 bis O.P.) ed operando perciò nei suoi confronti la “preclusione assoluta” divisata al riguardo dall’art. 47 ter, comma 1 bis, ultima parte, O.P. (cfr. Cass. pen., Sez. I, sentenza 7 luglio 2006 n. 30804, Napolitano: “In tema di misure alternative alla detenzione, la previsione di cui all’art. 47 ter, comma primo bis, L. n. 354 del 1975, anche a seguito della sua novellazione ad opera dell’art. 7, comma quarto, n. 1 bis L. n. 251 del 2005, nel disciplinare le ipotesi espressamente preclusive della detenzione domiciliare, rinvia unicamente al catalogo dei reati di cui all’art. 4 bis della Legge sull’ordinamento penitenziario e non al contenuto di quest’ultima disposizione, relativa ad una pluralità di situazioni variamente articolate dal legislatore; ne consegue che rappresenta causa ostativa all’applicazione della detenzione domiciliare la condanna irrevocabile per uno dei delitti tassativamente indicati nel summenzionato art. 4 bis, a nulla rilevando, a tal fine, l’insussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva”);
– l’istanza de qua, pertanto, appare meramente elusiva della suindicata “preclusione assoluta” alla detenzione domiciliare “generica” ex art. art. 47 ter, comma 1 bis, ultima parte, O.P.
3. – Può essere, invece, concessa al P. la (diversa nei presupposti) detenzione domiciliare prevista dall’art. 47 ter, comma 1, lettera d), O.P., posto che:
– a differenza del comma 01 e del comma 1 bis, il comma 1 ed il comma 1 ter dell’art. 47 ter O.P. non considerano la condanna per uno dei delitti ex art. 4 bis O.P. come causa “assolutamente ostativa” alla concessione del beneficio ivi contemplato;
– rispetto alla detenzione domiciliare divisata dall’art. 47 ter, comma 1, O.P. (detenzione domiciliare per motivi di salute, famiglia o studio) ed a quella prevista dal comma 1 ter dello stesso articolo (detenzione domiciliare alternativa al rinvio dell’esecuzione della pena), quindi, la condanna per uno dei delitti previsti dall’art. 4 bis O.P. costituisce una causa “relativamente ostativa” alla concessione del beneficio, operante cioè nei modi e nei limiti previsti dallo stesso art. 4 bis;
– questa “discriminazione” trova la sua giustificazione nel fatto che le ipotesi di detenzione domiciliare descritte dall’art. 47 ter, comma 1 e comma 1 ter, O.P. sono “sensibili” ad esigenze (di salute, di famiglia, di studio et similia) costituzionalmente rilevanti e/o, comunque, considerate dal Legislatore equivalenti a quelle (di difesa sociale) ispiranti l’art. 4 bis O.P.;
– poiché la Prefettura di Alessandria il 12 novembre 2009 ha comunicato che a carico del P. non sono emersi elementi tali da far ritenere la sussistenza di attuali collegamenti del soggetto con la criminalità organizzata, il beneficio in discorso risulta concedibile ex art. 4 bis, comma 1 ter, O.P.;
– la pena ancora da espiare è nella fattispecie inferiore ai quattro anni;
– il P. (essendo nato nel 1943) ha un’età superiore a sessanta anni;
– il predetto è “parzialmente inabile” (v. la suindicata relazione sanitaria della Casa di Reclusione di Alessandria in data 14 ottobre 2010; nel senso che l’inabilità deve essere riferita non già alle attitudini lavorative della persona, ma alla sua condizione psico-fisica, la quale agli effetti de quibus deve essere “tale da limitare in misura apprezzabile la autosufficienza del soggetto”, cfr. Cass. pen., Sez. I, sentenza 4 aprile 1991, Rava, in Cass. pen., 1991, I, 1269);
– pur senza sottovalutare la gravità dei crimini commessi dal P., gli stessi vanno considerati del tutto episodici ed occasionali alla stregua dei dati rappresentati nella relazione di sintesi e nelle comunicazioni degli organi di polizia;
– la detenzione domiciliare, pertanto, appare nella fattispecie idonea a prevenire il pericolo di recidiva, essendo oggi pressoché nulla la pericolosità sociale del P.
P.Q.M.
rigetta l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale; concede a P. G. la detenzione domiciliare per l’espiazione della pena di cui in epigrafe e determina le seguenti prescrizioni:
[OMISSIS]