Dal 6 marzo 2014, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si producono gli effetti caducatori della sentenza del 25.02.2014 n.32 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’art.4 bis e 4 vices ter del D.L. 272/2005, convertito con la Legge n.49 del 21.02.06 c.d. Fini-Giovanardi, che ha modificato l’art.73 del DPR 309/90. (Gazzetta Ufficiale 1 Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 11 del 5-3-2014).
In particolare il Giudice delle Leggi ha ritenuto fondata la questione di costituzionalità degli artt.4 bis e 4vices ter del DL 275/05 con riferimento alla violazione dell’art.77, comma 2, della Costituzione, per difetto di omogeneità e quindi di nesso funzionale.
Art. 73 DPR 309/90
Ciò in quanto mentre l’art.4 del Decreto Legge contiene norme di natura processuale attinenti alle modalità di esecuzione della pena dei tossicodipendenti ed al recupero dall’uso di droghe, tali non sono le norme impugnate ovvero l’art.4 bis e 4 vices ter, introdotte da ultimo con la legge di conversione e che riguardano gli stupefacenti e non propriamente la persone tossicodipendenti.
La Consulta nella predetta sentenza ha quindi ribadito che:
1. Le modifiche apportate al comma 5 dell’art.73 del DPR 309/90 dal DL 23.12.13 n.146 convertito in Legge il 21.2.14 n.10 trattandosi di IUS SUPERVENIES non hanno alcuna incidenza sulla questione sollevata innanzi alla Corte;
2. A seguito della caducazione delle disposizioni impugnate, tornano a ricevere applicazione l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e le relative tabelle nella formulazione precedente che prevede un trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello caducato, per gli illeciti concernenti le cosiddette “droghe leggere” (puniti con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione da sei a venti anni e della multa), viceversa stabilisce sanzioni più severe per i reati concernenti le cosiddette “droghe pesanti” (puniti con la pena della reclusione da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni);
3. La Consulta rimette infine al giudice, quale interprete delle leggi, il compito di impedire che la dichiarazione di illegittimità costituzionale vada a pregiudicare la posizione giuridica dei singoli imputati, tenendo conto dei principi in materia di successione di leggi penali nel tempo ex art. 2 cod. pen., che implica l’applicazione della norma penale più favorevole al reo.