La pacifica natura “ordinatoria” del termine previsto dall’art. 415- bis cod. proc. pen. impone al pubblico ministero di effettuare l’interrogatorio in ipotesi chiesto dall’indagato “dopo” il decorso del termine di venti giorni previsto dalla norma, ma “prima” della data di emissione della richiesta di rinvio a giudizio.
Nell’occasione, inoltre, la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo il quale le dichiarazioni contenute in un memoriale proveniente dall’imputato acquisito agli atti del processo sono pienamente utilizzabili, salvo l’obbligo del giudice di verificarne l’attendibilità, aderendo – di fatto – al primo motivo di ricorso, per il quale sarebbe illegittima l’ordinanza emessa dal Giudice di merito, che dichiarava l’inammissibilità della produzione difensiva costituita dalle dichiarazioni della ricorrente.
(Cass. Sez. 2^ Penale, sentenza 24.03.2023, n. 22364)
Si riafferma cioè che il termine di venti giorni previsto dall’art. 415-bis cod. proc. pen. per la presentazione di memorie e di richieste non è perentorio, ma ordinatorio, con la conseguenza che i menzionati diritti difensivi possono essere esercitati sino a quando il pubblico ministero non chiede il rinvio a giudizio ai sensi dell’art. 416 cod. proc. pen..
Deve pertanto ritenersi che la mancata effettuazione dell’interrogatorio, chiesto dopo il decorso dei venti giorni previsti dall’art. 415-bis cod. proc pen., ma prima della richiesta di rinvio a giudizio, implichi una lesione del diritto di difesa, inquadrabile come nullità generale a regime intermedio.