Segnaliamo un’interessante arresto giurisprudenziale che delinea con estrema chiarezza la differenza fisiologica tra il consenso necessario per accedere al rito abbreviato e quello prestato dal difensore nell’ambito del rito ordinario per l’acquisizione al fascicolo del dibattimento degli atti di indagine, con la conseguenza che la scelta operata dalla difesa all’esclusivo fine di snellire l’attività processuale non preclude il diritto di eccepire l’inutilizzabilità dell’atto acquisito.

(Cass. Sez. 4^ Penale, sentenza 16.01.2020, n. 4896)

L’acquisizione della prova su accordo delle parti è un istituto che risulta pacificamente differente rispetto al giudizio abbreviato. I due istituti infatti sono disomogenei e non assimilabili, dal momento che gli accordi che possono intervenire tra le parti, in ordine alla formazione del fascicolo per il dibattimento, non escludono il diritto di ciascuna di esse ad articolare pienamente i rispettivi mezzi di prova secondo l’ordinario ed ampio potere loro assegnato per la fase dibattimentale.

La scelta della difesa di acconsentire all’acquisizione degli atti di indagine, finalizzata unicamente allo snellimento dell’attività processuale, non fa venire meno il diritto della parte stessa di eccepire l’inutilizzabilità dell’atto acquisito.

Del resto, in difetto di richiesta di rito abbreviato, il consenso prestato a far transitare uno o più atti delle indagini preliminari nel fascicolo per il dibattimento e ad utilizzarli ai fini della decisione, non produce alcun effetto premiale in termini di pena.

TESTO INTEGRALE SENTENZA

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