La sanzione dell’inutilizzabilità prevista dal comma 3 bis dell’art. 64, seconda ipotesi, per le dichiarazioni concernenti la responsabilità di terzi rese in sede di interrogatorio da soggetto sottoposto a indagini quando non gli sia stato rivolto l’avvertimento di cui al precedente comma 3, lett. c), del medesimo articolo, non opera quando trattasi di dichiarazioni che l’imputato di reato connesso o interprobatoriamente collegato abbia reso non in sede di interrogatorio, ma in sede di esame cui egli sia stato sottoposto ai sensi dell’art. 197 bis, comma 2, c.p.p.

 
Corte Suprema di Cassazione
 Seione Quinta Penale
sentenza 11 febbraio 2009 – 3 marzo 2009, n. 9727


[OMISSIS]
Il ricorso, con riguardo al primo motivo, non pare meritevole di accoglimento in quanto risulta dall’impugnata sentenza (e non forma oggetto di contestazione nel ricorso) che le dichirazioni di Tirrò Maria Antonietta, Tirrò Gaetano e Podda Pierina furono da costoro rese non in sede di interrogatorio, ma in sede di esame testimoniale, con le garanzie del contraddittorio e, pertanto, pur dando per ammesso che si trattasse di imputati di reati interprobatoriamente collegati, ex art. 371, comma 2, lett. b), c.p.p. (secondo quanto rappresentato nell’atto di impugnazione), ciò non può portare alla conclusione che, essendo mancato l’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lett. c), c.p.p., dovesse operare la sanzione dell’inutilizzabilità stabilita dal successivo comma 3 bis dello stesso articolo, dal momento che tale comma non è richiamato né dall’art. 197 bis, comma 2 (evocato nel ricorso), né dall’art. 210, comma 6, c.p.p., applicabile, in luogo dell’art. 197 bis, nel caso di soggetti i quali non abbiano reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell’imputato; il che, del resto, ben si spiega, considerando che detti articoli si riferiscono ad “esami” destinati, come tali, a svolgersi nel contraddittorio delle parti, mentre l’art. 64 c.p.p. si riferisce al solo “interrogatorio”, e cioè ad un atto che, per sua natura, si svolge al di fuori del contraddittorio, di tal che trova giustificazione il maggior rigore adoperato dal legislatore a tutela dei diritti dei terzi eventualmente coinvolti nelle dichiarazioni rese nell’interrogatorio; conclusione, questa, che si pone, del resto, in linea con l’orientamento già espresso, ad esempio, da Cass. I, 6 giugno – 12 settembre 2007, n. 34560, Pranno e Cass. V, 14 giugno – 22 dicembre 2005, n. 46853, Franchino, non ritenendosi, per converso, di condividere il diverso orientamento più recentemente espresso da Cass. V, 25 settembre – 23 ottobre 2007, n. 39050, Costanza (e seguito da Cass. V, 17 dicembre 2008 – 12 gennaio 2009, n. 599, Mastroianni), secondo cui: “L’imputato di reato reciproco, non ancora definitivamente giudicato, che renda dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità altrui, assume, in basi all’art. 197 bis c.p.p., la veste di testimone assistito, sicché, qualora egli sia sentito come testimone senza le garanzie previste da tale norma, dette dichiarazioni non sono utilizzabili ex art. 64, comma bis, c.p.p.”; e ciò in quanto tale orientamento fa esclusivamente leva sul richiamo all’art. 197 bis, comma 2, c.p.p. (ai sensi del quale l’imputato in un procedimento connesso o interprobatoriamente collegato può essere sentito nelle forme della testimonianza assistita, oltre che nel caso di cui al precedente comma 1, e cioé intervenuta sentenza irrevocabile di condanna, proscioglimento o applicazione della pena, anche “nel caso previsto dall’art. 64, comma 3, lett. c)”, non considerando, però che con detta norma il legislatore ha inteso soltanto estendere la possibilità di assumere la testimonianza ai soggetti indicati nel comma precedente, all’ipotesi che la loro posizione non sia stata ancora definita con sentenza irrevocabile e che essi abbiano già reso, in sede di interrogatorio, dichiarazioni concernenti la responsabilità di terzi, subordinando tuttavia detta possibilità alla condizione che abbiano ricevuto, all’epoca (e senza necessità, quindi, di una sua rinnovazione all’atto della deposizione) il prescritto avvertimento (in mancanza del quale, infatti, il comma 3 bis dell’art. 64 stabilisce, all’ultima parte, che l’interrogato non possa, in prosieguo, assumere ufficio di testimone), mentre, con riguardo al caso di imputati di reati connessi o interprobatoriamente collegati che non abbiano reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità altrui, trova applicazione soltanto il comma 6 dell’art. 210 c.p.p., il quale prevede sì che debba essere ugualmente dato il suddetto avvertimento, ma non richiama (come si è già rilevato), per l’eventuale inosservanza di tale obbligo, la sanzione dell’inutilizzabilità prevista dal comma 3 bis dell’art. 64, né la stabilisce autonomamente.
[OMISSIS]
 

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