Sono consentite, in caso di rifiuto di rendere l’esame in sede dibattimentale, le letture dei verbali contenenti le dichiarazioni spontanee rese dall’imputato nelle altre fasi processuali ivi comprese quelle rese in sede di riesame.
(Cass. Penale, Sez. III , 

sentenza 5 maggio 2011, n. 17391
)

Corte Suprema di Cassazione
Terza Sezione Penale
Sentenza 5 maggio 2011 n. 17391

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 


Dott. FERRUA Giuliana – Presidente
Dott. PETTI Ciro – Consigliere 


Dott. LOMBARDI Alfredo Maria – Consigliere 


Dott. GRILLO Renato – est. Consigliere
Dott. GAZZARA Santi – Consigliere
ha pronunciato la seguente: 



SENTENZA

sul ricorso proposto da:
[OMISSIS];

avverso la sentenza emessa il 26 gennaio 2010 dalla Corte di Appello di Napoli; 

udita nella pubblica udienza del 13 gennaio 2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRILLO Renato;

 udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE SANTIS Fausto che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.



SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza del 12 gennaio 2010 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli del 15 gennaio 2009 con la quale [OMISSIS] – imputato del reato di illecita detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina pari ad otto dosi per gr. 1,25 di cocaina pura – era stato ritenuto colpevole del detto reato e,con la circostanza attenuante di cui all’articolo 73, comma 5 equivalente alla recidiva reiterata specifica nel quinquennio contestata – condannato alla pena di anni sei di reclusione ed euro 26.000 di multa oltre pene accessorie di legge (interdizione in perpetuo).
Con la sentenza oggi impugnata la Corte di Appello aveva anzitutto disatteso la doglianza relativa all’indebita acquisizione ed utilizzazione in violazione dell’articolo 513 c.p.p., delle dichiarazioni spontanee rese dal [OMISSIS] dinnanzi al Tribunale del Riesame (nel corso delle quali aveva ammesso il fatto rettificando il precedente diniego di responsabilita’ manifestato all’atto della convalida dell’arresto), rilevando come si trattasse di dichiarazioni comunque rese dall’imputato, soggette a lettura laddove (come si era verificato) l’imputato si rifiuti di sottoporsi all’esame in sede dibattimentale.

Aveva, ancora, respinto la doglianza di merito mirante all’assoluzione per carenza di prova della responsabilita’, desunta invece (oltre che dalle ricordate dichiarazioni, anche da quelle rese in sede dibattimentale, parzialmente modificative di quelle rese nel corso dell’udienza dinnanzi al Tribunale del Riesame) e da altri elementi quali: a) la percezione diretta della Polizia che aveva notato il [OMISSIS] indirizzare verso il [OMISSIS] alcuni giovani che gli si rivolgevano; b) alcune frasi pronunciate sia dal [OMISSIS] che dal [OMISSIS] al momento dell’arrivo della Polizia; c) il sequestro dei cilindretti contenenti le dosi spacciate dal [OMISSIS]; aveva, conseguentemente ed implicitamente disatteso la tesi del favoreggiamento personale (sostenuto dall’appellante in quanto secondi la prospettazione difensiva il [OMISSIS] avrebbe cooperato con il [OMISSIS] solo dopo che quest’ultimo aveva commesso il reato; aveva, ancora, disatteso la tesi della esclusione della recidiva (ritenuta dall’appellante facoltativa e non obbligatoria non essendo stato formulato un giudizio di pericolosita’ collegato alla pregressa commissione di reati similari); aveva, infine, disatteso le doglianze sull’entita’ della pena ricordando che il giudizio di comparazione tra attenuante speciale e recidiva poteva essere formulato solo in termini di equivalenza e che l’imputato era immeritevole delle circostanze attenuanti generiche in quanto piu’ volte condannato per fatti analoghi ed in ultimo aveva respinto la doglianza riguardo all’entita’ della pena in quanto concretamente applicata – una volta effettuata la comparazione in termini di equivalenza – nel minimo.


Propone ricorso il difensore dell’imputato affidando il ricorso a quattro motivi: motivi, peraltro, gia’ presi in esame dalla Corte di Appello che ha dato risposta coerente, completa e logica a ciascuno di essi.


Ora prescindendo dal rilievo di ordine generale che nessuno dei motivi di ricorso presenta profili nuovi o diversi rispetto a quelli caratterizzanti i motivi di appello, va ulteriormente ribadito in questa sede – con riguardo alla riferita omessa motivazione circa l’indebita utilizzazione delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso dell’udienza dinnanzi al Tribunale di Riesame, che la dedotta violazione dell’articolo 513 c.p.p., comma 1 non sussiste.
Invero, come correttamente ricordato dalla Corte, nel momento in cui l’imputato rifiuti in sede dibattimentale di sottoporsi all’esame chiesto dal difensore, ben possono essere adoperate processualmente le dichiarazioni rese dallo stesso imputato sia al P.M. che al giudice: ed in questo senso il recupero della dichiarazioni confessorie rese dal CA. nel corso dell’udienza del Tribunale del Riesame appare assolutamente in linea con il precetto normativo di cui all’articolo 513 c.p.p., comma 1.
Invero in siffatta ipotesi la lettura in sede dibattimentale dei verbali contenenti dichiarazioni precedenti rese in altra sede (e per quanto qui rileva, in una fase incidentale come e’ quella davanti al Giudice del Riesame) in forma spontanea, e’ pienamente consentita, cosi’ come esplicitamente previsto dall’articolo513 c.p.p., comma 1 senza che si configuri alcuna nullita’ (Cass. Sez. 1, 9.9.2002 n. 30286 Rv. 222586).


Cio’ senza dire che, come ricordato dal primo giudice, il [OMISSIS] ha reso ulteriori parziali confessioni anche nel corso del dibattimento sia pure sotto forma, ancora una volta, di dichiarazioni spontanee.


Peraltro la Corte non si e’ limitata, per confermare il giudizio di colpevolezza, a tale dato proveniente dall’imputato, ma ha valorizzato altri elementi ritenuti ben a ragione decisivi ripresi dalla informativa di reato e dal verbale di arresto: ne consegue che nessun vuoto motivazionale e’ riscontrabile nel giudizio espresso dalla Corte territoriale.
Ed in questo senso va ricordato il principio in forza del quale la struttura motivazionale della sentenza di appello, laddove le due pronunce di primo e di secondo grado risultino concordanti nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova poste a base delle rispettive decisioni, si salda ed integra con quella precedente di primo grado (Cass. Sez. 1, 26.6.2000 n. 8886; Cass. Sez. 1, 2.10.2003 n. 46350).


Anche il motivo dedotto in relazione alla inosservanza della legge penale (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73) ed erronea applicazione della stessa e’ infondato, avendo, anche in questo caso, la Corte descritto in modo congruo e logico quale fosse il ruolo dell’imputato e quale quello del suo correo [OMISSIS], sottolineando alcuni fondamentali passaggi contenuti nel verbale di arresto denotanti quell’accordo criminoso tra i due imputati e soprattutto il contributo in termini fattuali della condotta del [OMISSIS] che la Corte, in modo esaustivo e convincente, ha ricordato avere il compito di indirizzare i vari tossicodipendenti acquirenti dal [OMISSIS] (poi trovato in possesso dei cilindretti contenenti la cocaina sequestrata).
Peraltro le deduzioni contenute nel ricorso prospettano una ricostruzione alternativa della vicenda processuale non consentita in sede di legittimita’ laddove si sottopone all’attenzione di questa Corte una diversa interpretazione della condotta dell’imputato sulla base di quelle circostanze di fatto gia’ ampiamente passate in rassegna dalla Corte di merito, in questo senso non merita accoglimento la tesi del favoreggiamento personale che la Corte, in modo del tutto convincente – seppur in forma implicita – ha escluso.
Con riferimento all’ultimo motivo del ricorso afferente ad una omessa motivazione sul diverso bilanciamento della recidiva, la Corte territoriale, diversamente da quanto rappresentato dalla difesa del ricorrente ha, sia pur sinteticamente (attraverso il richiamo ai plurimi precedenti penali specifici dell’imputato), motivato la sussistenza della contestata recidiva reiterata specifica infraquinquennale in aderenza ai principi piu’ volte illustrati da questa Corte in proposito, secondo i quali solo ove la recidiva di cui all’articolo 99 c.p., comma 4 – della quale viene riconfermata la natura facoltativa – sia stata ritenuta idonea ad influire sul trattamento sanzionatorio, di essa si deve tenere conto nel giudizio di bilanciamento che non puo’ che essere espresso in termini di mera equivalenza in ossequio al disposto di cui all’articolo 69 bis c.p., comma 4 (tra le tante, Cass. Sez. 4, 23.4.2009 n. 21523, P.G. in proc. c. Pinna Rv. 244010; Cass. Sez. 3, 25.9.2008 n. 45065; P.G. in proc. c. Pellegrino, Rv. 241779).
Non appare quindi fondato il rilievo difensivo secondo il quale la Corte di merito si sarebbe limitata all’applicazione del principio del divieto di bilanciamento tra circostanze di segno opposto in presenza della c.d. “recidiva qualificata” ex articolo 99 c.p., comma 4, avendo comunque esercitato quel potere discrezionale di tipo valutativo sulla incidenza della recidiva ai fini di un aumento della pena. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.



P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.

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