Il diritto all’onore ed alla reputazione è un diritto fondamentale della persona, così come la libertà di manifestazione del pensiero è una libertà fondamentale dell’individuo. Quando quel diritto venga a confliggere con questa libertà, la prevalenza andrà assegnata all’uno od all’altra a seconda che sussistano o meno: l’interesse pubblico alla diffusione della notizia o dell’opinione; la verità putativa dei fatti narrati; la continenza delle espressioni adottate. Rispettate queste tre condizioni, il diritto all’onore sarà sempre recessivo rispetto alla libertà di manifestazione del pensiero.
Sulla scorta di questi principi, la Suprema Corte ha statuito che l’esimente della verità putativa dei fatti narrati, idonea ad escludere la responsabilità dell’autore d’uno scritto offensivo dell’altrui reputazione, sussiste solo a condizione che: a) l’autore abbia compiuto ogni diligente accertamento per verificare la verosimiglianza dei fatti riferiti; b) l’autore abbia dato conto con chiarezza e trasparenza della fonte da cui ha tratto le sue informazione, e del contesto in cui, in quella fonte, esse erano inserite; c) l’autore non ha sottaciuto fatti collaterali idonei a privare di senso o modificare il senso dei fatti narrati; d) l’autore, nel riferire fatti pur veri, non abbia usato toni allusivi, insinuanti, decettivi”.
(Cass. Civile Sez. 3^, sentenza 29 ottobre 2019, n. 27592)
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