(Cass. Sezione III Penale, 25 gennaio – 1 marzo 2012, n. 8011)
Terza Sezione Penale
Sentenza 25 gennaio – 1 marzo 2012, n. 8011
sul ricorso proposto da:
difensori di S.V.R.P., nato a (OMISSIS); A.C., nato a (OMISSIS); P.F., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia del 31 gennaio del 2011;
Udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il Procuratore generale nella persona del dott. Giuseppe Volpe, il quale ha concluso per l’annullamento senza rinvio perchè estinti i reati per prescrizione ed annullamento delle statuizioni civili con rinvio al giudice competente;
udito per la parte civile l’Avv. OMISSIS, quale sostituto processuale, il quale ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
sentito il difensore avv. OMISSIS, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza impugnata.
osserva quanto segue:
S.V.R.P., A.C. e P. F. sono stati tratti al giudizio del tribunale di Bergamo perchè rispondessero dei seguenti reati:
S. ed A.:
A) del reato di cui all’art. 110 c.p., art. 61 c.p., n. 11 e della L. n. 633 del 1941, art. 171 bis, perchè, in concorso tra loro, nella qualità di lavoratori dipendenti della Tullio Giusi s.p.a. con sede in (OMISSIS), rispettivamente con funzioni di direttore tecnico (lo S.), e di responsabile elettronico (l’ A.), abusivamente duplicavano, per trame profitto, il programma per elaboratore “winprogress”, ideato e realizzato dalla società Tullio Giusi s.p.a. ed il programma per elaboratore di gestione del laser connesso al precedente programma “Winprogress”, e li utilizzavano nell’attività concorrente a quella della Tullio Giusi s.p.a. gestita dalla società “Laserberg. s.r.l.” con sede in (OMISSIS), amministrata dagli stessi, dopo aver dato le dimissioni dalla s.p.a. Tullio Giusi, con la circostanza aggravante dell’aver commesso il fatto con abuso di relazioni d’ufficio; reato commesso in (OMISSIS) in epoca prossima e antecedente il (OMISSIS).
B) del reato di cui agli artt. 110 e 623 c.p. e art. 61 c.p., n. 11 perchè, in concorso fra loro nella qualità indicata nel capo precedente, essendo a conoscenza di tecniche e procedimenti industriali della Tullio Giusi s.p.a. per la produzione di macchine laser le utilizzavano per la commercializzazione di macchine laser analoghe a quelle costruite dalla Tullio Giusi s.p.a., con la circostanza aggravante dell’aver commesso il fatto con abuso di relazione d’ufficio; reato commesso in (OMISSIS) in epoca successiva all’11.3.2004 (data di costituzione della “Laserberg s.r.l.”. C) del reato di cui agli artt. 110 e 646 c.p. e art. 61 c.p., nn. 2 e 11 perchè, in concorso tra loro, nella qualità di lavoratori dipendenti della Tullio Giusi s.p.a., si impossessavano di documentazione commerciale in originale (quali offerte di vendita da parte di fornitori, disegni, listino prezzi e corrispondenza varia meglio descritta nel verbale di sequestro del 28.7.2004), per procurarsi un ingiusto profitto, con le circostanze aggravanti dell’aver commesso il fatto per eseguire il reato di cui al capo B) e con abuso di relazioni d’ufficio; reato commesso in (OMISSIS) in epoca prossima e antecedente il (OMISSIS).
S., A. e P.:
d) del reato di cui agli artt. 110 e 640 c.p. e art. 61 c.p., n. 11 perchè, in concorso tra loro ed in particolare, da un lato, P.F. in qualità di amministratore della “s.n.c. Eletto P.” con sede in (OMISSIS) (principale fornitore della Tullio Giusi s.p.a.) e, dall’altro, S. e A., mediante artifici e raggiri consistiti nell’esposizione, nelle fatture (nn. (OMISSIS) e nn. (OMISSIS)) relative a forniture di merci o prestazioni d’opera effettuati dalla “Eletto P. s.n.c.” a favore della “Tullio Giusi s.p.a.”, di importi maggiorati per un totale di Euro 35.044,00, fatture controllate dallo S. e dall’ A. essendo all’epoca dipendenti della Tullio Giusi s.p.a., inducevano in errore la predetta società sulla correttezza delle fatture da pagare, così procurandosi un ingiusto profitto pari all’importo maggiorato delle fatture come sopra evidenziato e pari danno per la vittima, con la circostanza aggravante dell’aver commesso il fatto da parte di S. e A. con abuso di prestazioni d’ufficio e da parte di P. con abuso di prestazioni d’opera, fatto commesso in (OMISSIS).
Il tribunale di Bergamo Sezione distaccata di Grumello Del Monte in composizione monocratica, in data 19.01.2010, dichiarava S. V.R.P. e A.C. colpevoli dei reati agli stessi ascritti ai capi A) – B) e C) dell’imputazione, unificati ex art. 81 c.p., e li condannava ciascuno alla pena di anni uno mesi dieci di reclusione ed Euro diecimila di multa, oltre al pagamento in solido delle spese processuali. Dichiarava la pena detentiva e pecuniaria predetta interamente estinta per indulto. Condannava S. ed A. al risarcimento, in solido tra loro, dei danni – da liquidare in separata sede – in favore della costituita parte civile Tullio Giusi s.p.a. ed alla rifusione, sempre in solido, in favore della stessa delle spese di costituzione, rappresentanza e difesa. Assegnava alla parte civile Tullio Giusi s.p.a. una provvisionale di Euro cinquecentomila. Assolveva S. ed A., nonchè P.F., dal reato di cui al capo D) per l’insussistenza del fatto.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 31 gennaio del 2011, in parziale riforma di quella resa il 19 gennaio 2010 del Tribunale di Bergamo, impugnata da S.V.R.P., A. C., P.F. e dalla parte civile Tullio Giusi s.p.a., assolveva S.V.R.P. e A.C. dal reato di cui al capo B) della rubrica per l’insussistenza del fatto e, concesse ad entrambi le attenuanti generiche, valutate equivalenti alla contestata aggravante, riduceva la pena per le residue imputazioni di cui ai capi A) e C), ad anni uno e mesi tre di reclusione e Euro 6.500,00 di multa; concedeva ad entrambi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna; accogliendo l’impugnazione della parte civile dichiarava S.V.R.P., A.C. e P. F. responsabili, ai soli fini civili, della truffa di cui al capo D) della rubrica e li condannava, in solido fra loro, al risarcimento del danno cagionato alla parte civile Tullio Giusi s.p.a., da liquidarsi in separato giudizio civile, concedendo alla parte civile medesima una provvisionale di Euro 38.000, 00, riduceva la provvisionale a carico di S.V.R.P. e A.C., concessa alla parte civile in relazione ai capi A) e C) della rubrica, a Euro 50.000,00; condannava P.F. al pagamento delle spese del grado e S.V.R.P., A.C. e P.F. al pagamento, in solido fra loro, delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile Confermava nel resto la sentenza impugnata.
Ricorrono per cassazione gli imputati per mezzo dei rispettivi difensori.
Lo S. e l’ A., deducono con riferimento al reato di cui capo a):
1) violazione di legge, per avere la Corte ritenuto l’opera tutelabile dalla legge in base alla semplice originalità ravvisata nel tempo occorso per realizzare l’opera e nella sua destinazione, mentre tali elementi sono assolutamente insufficienti per valutare la tutelabilità di un’opera intellettuale;
2) violazione di legge ed illogicità della motivazione per avere ritenuto che il programma “laserwiz” fosse sostanzialmente una duplicazione del programma “winprogress” senza individuare il nucleo essenziale del programma “winprogress” che sarebbe stato riprodotto nel programma ” laserwiz”;
3) illogicità della motivazione sulla configurabilità del reato, per avere la Corte, da una parte, individuato il fine di profitto richiesto dalla norma nell’utilizzazione del programma e ritenuto, dall’altro, che mancasse la prova del concreto utilizzo da parte della società Laserberg.
Con riferimento al delitto di cui al capo c) deducono:
1) mancanza di motivazione sull’altruità dei documenti che si assumono oggetto dell’appropriazione: precisano che nei motivi di appello si era sostenuto che i documenti appartenevano agli imputati e sul punto la motivazione della Corte è totalmente carente;
2) violazione di legge e mancanza di motivazione sull’elemento oggettivo del reato ossia sull’interversione del titolo del possesso:
precisano che non è sufficiente che un bene altrui sia detenuto ma deve essere accertato anche che la condotta abbia determinato un’interversione del possesso della cosa; l’utilizzazione del contenuto di un documento non integra il reato in esame che deve avere per oggetto un bene materiale.
Con riferimento al capo D) deducono:
1) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità o di decadenza per essersi la Corte pronunciata, sia pure ai soli fini civili, su un reato che al momento della pronuncia si era estinto per prescrizione, l’unico episodio di truffa non prescritto è quello relativo alla fattura n. 64 del 30 settembre del 2003;
2) mancanza ed illogicità della motivazione sulla sussistenza degli artifici e raggiri per avere la corte ritenuto provata la sovrafatturazione delle prestazioni di lavoro e forniture sulla base di due fogli rinvenuti presso la società Laserberg intestati alla società “Eletto P” di cui era titolare P.F., senza fornire alcuna motivazione in ordine alla sussistenza degli artifici o raggiri;
3) mancanza ed illogicità di motivazione per avere la Corte omesso di apprezzare la deposizione del teste C.G., funzionario della Confartigianato e consulente fiscale del P., il quale aveva riferito che lo schema delle fatture era stato predisposto proprio per valutare quale somma potesse essere accantonata in vista della costituzione della nuova società;
4) mancanza di motivazione sulle statuizioni provvisionali, in quanto non era stata accertata l’entità del danno.
Nell’interesse del P. si deducono censure sostanzialmente analoghe a quelle proposte nell’interesse degli altri prevenuti relativamente al delitto di truffa.
In particolare si deduce:
1) la violazione dell’art. 640 c.p. e mancanza di motivazione sulla sussistenza dei raggiri in quanto il presunto aumento del prezzo della merce o della fornitura non può costituire una condotta fraudolenta in assenza di altri elementi;
2) la mancanza di motivazione sulla testimonianza di C. G.;
3) mancanza di motivazione sotto diversi profili ossia sul ruolo svolto dall’ A. e S. per indurre in errore la T. G.; sulle fatture relative a forniture effettuate a soggetti diversi dalla Tullio Giusi, s.p.a., sulla congruità dei prezzi e sulla testimonianza di C.A., il quale aveva attestato la congruità dei prezzi;
4) violazione dell’art. 578 c.p.p. per avere la Corte affermato la responsabilità civile per un reato ormai estinto senza una preventiva pronuncia di condanna.
In diritto il collegio rileva che i reati contestati ai capi A) e C) della rubrica si sono ormai estinti per prescrizione essendo maturato alla data del 30 giugno del 2011 il termine prescrizionale prorogato.
Il ricorso, ancorchè infondato per le considerazioni che si svolgeranno in seguito, non può considerarsi manifestamente tale. Di conseguenza l’impugnazione è ammissibile ed i motivi devono essere ugualmente esaminati, a norma dell’art. 578 c.p.p., ai fini della conferma delle statuizioni civili relative ai reati di cui ai capi A) e C).
Con riferimento al reato di cui al capo A) – illecita duplicazione del programma – tutti e tre i motivi proposti, che vanno esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi, in quanto relativi alla configurabilità del reato, sono infondati.
Con riferimento alla tutelabilità del programma, va precisato che i giudici del merito hanno affermato che esso era tutelato dalla legge sul diritto d’autore non per il tempo occorso per realizzarlo, ma per la sua originalità e creatività. Al tempo occorso si è fatto riferimento unicamente per evidenziare che il nuovo programma era completamente diverso da quello precedente e per sottolineare che trattavasi di un’opera creativa nuova.
In proposito è opportuno ricordare che, in materia di creatività dell’opera, si contrappongono due nozioni: una oggettiva tendente a ritenere che sia creativa un’opera oggettivamente caratterizzata da elementi originali ed innovativi tali da distinguerla da qualsiasi altra opera preesistente, ed una soggettiva secondo la quale dovrebbe ritenersi creativa l’opera che presenti l’impronta personale del suo autore.
La giurisprudenza di questa Corte ha optato per la nozione soggettiva sottolineando che l’oggetto della tutela non è necessariamente l’idea in sè, la quale può essere alla base di diverse opere dell’ingegno, bensì la forma particolare che assume a prescindere dalla sua novità e dal valore intrinseco del suo contenuto (cfr Cass. civ. sez. 1^ 11 agosto 2004 n. 15496). Tale orientamento è confermato dalla disposizione di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 4 in forza del quale sono tutelate, purchè abbiano carattere creativo, anche le elaborazioni dell’opera stessa, quali ad esempio….le trasformazioni in altra forma artistica, le aggiunte, le modificazioni, ecc…
L’art. 2 della legge fornisce un’elencazione, ritenuta dalla giurisprudenza e dalla dottrina meramente esemplificativa delle opere tutelate, tra la quali al n. 8, introdotto con la L. n. 518 del 1992, sono compresi i programmi per elaboratori in qualsiasi forma espressi purchè originali, quale risultato della creazione intellettuale dell’autore. Restano esclusi da tale tutela le idee ed i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma.
Con il termine “programma per elaboratore” si intende un complesso di informazioni atte a fare eseguire ad un elaboratore operazioni determinate. In base ai principi dianzi esposti un programma per elaboratore è tutelato dalla legge sul diritto d’autore non solo quando sia completamente nuovo, ma anche quando dia un apporto nuovo nel campo informatico, esprimendo soluzioni di problemi in modo migliore rispetto al passato.
Nella fattispecie anche per mezzo di consulenza si è accertato che il programma in questione non costituiva la mera riproduzione di un’opera esistente ma un programma nuovo con soluzioni migliori e diverse da quelle adottate in precedenza.
I ricorrenti assumono che nel caso in esame non si era accertata la duplicazione perchè non si era individuato il nucleo essenziale del programmo “winprogres” che sarebbe stato duplicato.
In proposito premesso che secondo, il consolidato orientamento di questa Corte, in base al disposto di cui agli artt. 64 bis, 64 ter e 64 quater della legge sul diritto d’autore, il reato è configurabile anche in presenza di una duplicazione parziale, (cfr Cass. n. 15968 del 2002; n. 15509 del 2002) si rileva che nella fattispecie tale duplicazione è stata accertata sia per mezzo di una consulenza che per mezzo delle dichiarazione del soggetto che aveva creato il programma allorchè era dipendente della società. Invero l’ing. G. ha ammesso di avere utilizzato nel programma “laserwiz” parti del programma “winprogress” perchè quest’ultimo programma l’aveva realizzato lui e riteneva di poterne disporre liberamente.
Nella sentenza n. 15509 del 2002 si è statuito che la duplicazione abusiva di programmi per elaboratore comprende non soltanto la produzione non autorizzata di copie perfette del programma interessato, ma anche la realizzazione di programmi ricavati dallo sviluppo o da modifiche del prodotto originale, quando di quest’ultimo sia replicata una parte funzionalmente autonoma e costituente, comunque, il nucleo centrale dell’opera protetta.
Sussiste infine il dolo specifico costituito dal fine di profitto perchè, come accertato dai giudici del merito, gli appellanti avevano commissionato al G. la duplicazione del programma per utilizzarlo nella macchine di nuova costruzione della neo costituita società Laserberg a nulla rilevando che non abbiano avuto il tempo di ricavarne un lucro, posto che per la configurabilità del reato non è necessario il conseguimento di un lucro essendo sufficiente che l’azione sia diretta a ricavarne un profitto.
Con riferimento al delitto di appropriazione indebitava premesso in fatto che, come risulta dalla sentenza di primo grado la documentazione oggetto del capo d’imputazione (disegni tecnici, cataloghi, corrispondenza commerciale, listino prezzi, ecc) è stata rinvenuta in originale durante la perquisizione in un capannone della Laserberg. Tale documentazione, fatta eccezione per una parte modesta di essa, individuata all’udienza del 25 giugno del 2009, che apparteneva al P., come accertato dal tribunale, era della Tullio Giusi s.p.a. ed aveva rilevanza economica.
L’altruità della cosa è stata quindi accertata e non è stata seriamente contestata dai prevenuti i quali si sono limitati ad affermare che comunque non era stata utilizzata.
Contrariamente all’assunto dei prevenuti oggetto dell’appropriazione indebita non era un idea o un bene immateriale, ma una documentazione industriale e commerciale avente rilevanza economica. Nella sentenza di questa Corte, citata dai prevenuti, si è esclusa la configurabilità del reato con riferimento a beni immateriali, ma si è confermata la sussistenza del reato con riferimento alla documentazione rappresentativa dell’idea immateriale (cfr Cass. 20647 del 2010).
L’interversione del possesso è dimostrata in maniera inequivocabile dal fatto che la documentazione di pertinenza della Tullio Giusi s.p.a. è stata rinvenuta nei capannoni di pertinenza della Laserberg.
Relativamente ai reati anzidetti deve quindi essere confermata la condanna al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile a norma dell’art. 578 c.p.p..
Del pari infondate sono le censure proposte dagli imputati in ordine all’affermazione della responsabilità civile anche per il reato di cui all’art. 640 c.p..
In proposito si rileva anzitutto che legittimamente la corte d’appello ha affermato la responsabilità civile dei prevenuti anche se in primo grado non vi è stata pronuncia di condanna per il reato di cui all’art. 640 c.p., in quanto, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, la responsabilità civile non è stata affermata in base all’art. 578 c.p.p. ma a norma dell’art. 576. In proposito questa Corte (cfr Cass. n. 3670 del 2011) ha statuito che: “Non è inammissibile l’impugnazione della parte civile avverso la sentenza di assoluzione (nella specie perchè il fatto non sussiste) – non impugnata dal P.M. – anche se sia rilevata l’estinzione del reato per prescrizione alla data della sentenza di primo grado, in quanto nella specie si applica la previsione di cui all’art. 576 cod. proc. pen., che conferisce al giudice penale dell’impugnazione il potere di decidere sulla domanda di risarcimento, ancorchè in mancanza di una precedente statuizione sul punto; detta previsione costituisce una deroga all’art. 538 c.p.p. legittimando la parte civile, non soltanto a proporre impugnazione contro la sentenza di proscioglimento, ma anche a chiedere al giudice dell’impugnazione, ai fini dell’accoglimento della propria domanda di risarcimento, di affermare, sia pure incidentalmente, la responsabilità penale dell’imputato ai soli effetti civili, statuendo in modo difforme, rispetto al precedente giudizio, sul medesimo fatto oggetto dell’imputazione e sulla sua attribuzione al soggetto prosciolto.
Pertanto, in tal caso, non sussiste un difetto di giurisdizione civile del giudice penale dell’impugnazione perchè, diversamente dall’art. 578 cod. proc. pen. – che presuppone la dichiarazione di responsabilità dell’imputato e la sua condanna, anche generica, al risarcimento del danno – l’art. 576 cod. proc. pen. presuppone una sentenza di proscioglimento”.
La sovrafatturazione costituisce elemento idoneo a configurare l’artificio della truffa, trattandosi di comportamento che può trarre in errore il soggetto passivo in ordine alla somma da versare quale corrispettivo per la fornitura di merce oggetto della sovrafatturazione.
Gli altri motivi si risolvono in censure in fatto sull’apprezzamento delle prove da parte della Corte territoriale, la quale, con motivazione adeguata, ha indicato le ragioni per le quali la tesi difensiva, secondo la quale i documenti dai quali si era desunta la sovrafatturazione costituivano una mera esercitazione virtuale, non era credibile.
La Corte ha altresì precisato che la tesi dell’accusa non era screditata dal fatto che una minima parte delle fatture risultava essere stata emessa nei confronti di altro cliente, in quanto tali fatture avevano ad oggetto prestazione di assistenza o vendita di prodotti della Tullio Giusi s.p.a. ossia prestazioni che esulavano dall’oggetto sociale della società Elettro P di Pedullà.
L’ammontare della somma liquidata a titolo di provvisionale alla parte civile per il delitto di truffa è contenuta nel limite del danno già accertato Invero, per tale reato è stata riconosciuta una provvisionale di Euro 38.000,00 che ingloba la somma oggetto della truffa contestata ed accertata maggiorata di una somma comunque inferiore a quella risultante dall’applicazione della rivalutazione monetaria dal fatto alla sentenza.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati contestati ai capi A) e C) perchè estinti per prescrizioni. Rigetta nel resto il ricorso e conferma le statuizioni civili, condannando gli imputati al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 (duemilacinquecento), oltre gli accessori di legge.