La Corte di Cassazione conferma l’orientamento di legittimità secondo il quale sono pienamente utilizzabili in giudizio i documenti autonomamente acquisiti all’estero dalla parte (quindi anche dalla difesa dell’imputato o della parte civile) direttamente dalle banche dati locali, da valutarsi alla stregua dei criteri stabiliti dagli articoli 234 e seguenti del codice di procedura penale.

(Cass. Sez. 2^ Pen. – sentenza 25/10/2019 – 31/01/2020, n. 4152)

La sanzione d’inutilizzabilità degli atti assunti per rogatoria non si applica ai documenti autonomamente acquisiti dalla parte all’estero direttamente dalle amministrazioni competenti. (In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che, al fine di valutarne l’utilizzabilità nel processo, la disciplina applicabile è quella dettata dagli artt. 234 e ss. cod. proc. pen.) (Sez. 3, n. 24653 del 27/05/2009, D., Rv. 244087)
«E’ legittima l’acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti di provenienza estera di natura amministrativa, compiuti al di fuori di qualsiasi indagine penale e come tali non sottoposti al regime delle rogatorie internazionali» (Sez. 2, n. 2471 del 10/10/2014, dep. 2015, Saliou, Rv. 261822).

Con la sentenza qui allegata la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa degli imputati che eccepivano la violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 729, commi 1 e 1-ter, cod. proc. pen. per avere i giudici di merito erroneamente utilizzato documentazione di provenienza estera, nonché le dichiarazioni dell’investigatore privato che aveva reperito la documentazione proveniente da Società ed Autorità Doganali estere (redatta nelle lingue inglese e russa) prodotta in giudizio dalla parte civile all’esito della deposizione resa dall’investigatore.

Secondo la difesa dei ricorrenti avrebbero errato i Giudici di merito nel ritenere utilizzabile la predetta documentazione e le dichiarazioni del teste (che l’ha richiamata nella propria deposizione) perché detta documentazione avrebbe dovuto essere acquisita mediante rogatoria internazionale, trattandosi di documentazione amministrativa rilasciata da autorità doganali straniere.

In tema di traduzione degli atti nella lingua italiana, la Suprema Corte ribadisce il principio secondo il quale l’obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti da compiere nel procedimento davanti all’autorità giudiziaria che procede, mentre per quelli già formati, da acquisire nel processo, l’obbligatorietà della traduzione si pone solo qualora lo scritto in lingua straniera assuma concreto rilievo rispetto ai fatti da provare, a condizione che la parte richiedente indichi le ragioni che rendono plausibilmente utile la traduzione dell’atto, nonché il pregiudizio concretamente derivante dalla mancata effettuazione della stessa.
TESTO INTEGRALE SENTENZA

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