Il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 8 del D.L.vo n. 74 del 2000, ha natura istantanea, perfezionandosi nel momento di emissione della singola fattura “oggettivamente” o “soggettivamente” inesistente.
(Tribunale di Napoli, Sez. VI Penale, sentenza 17 dicembre 2009, n. 15844)
Tribunale di Napoli
Sezione Sesta Penale
Sentenza 17 dicenbre 2009, n. 15844
[OMISSIS]
Premesso che all’esito delle indagini preliminari l’imputato S.G. veniva tratto a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere del reato ascrittogli in epigrafe, all’odierna udienza P.M. e difesa, invitati a concludere in via preliminare, chiedevano emettersi ai sensi dell’art. 129 c.p.p. declaratoria di improcedibilità, essendosi estinto il reato “de quo” per intervenuta prescrizione.
Osserva il Giudice, sciogliendo la riserva di cui all’udienza del 29 settembre 2009, che le conclusioni delle parti sono senz’altro condivisibili.
Come è noto, in punto di diritto, a differenza della normativa precedentemente in vigore ex lege 516/’82, la novella di cui al D.L.vo 74/2000, spostando la punibilità al momento della presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sul reddito o dell’IVA, ha necessariamente diviso la pregressa ipotesi criminosa sanzionando, da un lato, il comportamento di chi emette le fatture o i documenti falsi e, dall’altro, la condotta di chi, invece, li utilizza.
In sostanza, mentre in precedenza erano considerati concorrenti nell’unico reato di frode fiscale sia l’emittente che l’utilizzatore, attualmente si sanziona la dichiarazione e, poiché la stessa non può che far capo a chi utilizza i documenti falsi, è stato necessario prevedere anche un’autonoma figura di reato per l’emittente.
Per effetto dell’attuale costruzione normativa, il dolo che supporta il reato è solo quello di consentire ad altri l’evasione, l’indebito rimborso o il riconoscimento di un credito inesistente, perché è evidente che chi emette le false fatture non persegue alcun fine di evasione o di indebito rimborso o di riconoscimento di un inesistente credito personali ma di altri, attraverso l’utilizzazione nella dichiarazione fraudolenta.
Stante l’evidente connessione tra l’emissione di falsa fatturazione e la utilizzazione della stessa in sede di dichiarazione, la novella ex D.L.vo 74/2000 ha configurato due ipotesi di reato speculari, atteso che, pur scisso in due distinte figure criminose, il fatto rimane unitario, tant’è che si è stabilito lo stesso trattamento sanzionatorio per chi emette le fatture e per chi le utilizza in dichiarazione.
In tale ottica si inserisce l’art. 8 D.L.vo 74/2000, la cui condotta tipica consiste nella emissione o nel rilascio di fatture o altri documenti che contengono delle falsità ideologiche presupposto della condotta: infatti, l’emissione o il rilascio deve essere preceduto dalla compilazione e questa non deve corrispondere alla verità, per quanto concerne l’operazione che si attesta avvenuta, in realtà di importo monetario inferiore o del tutto assente ovvero per quanto riguarda i dati contenuti nei documenti, in qualche modo diverga dal vero.
Considerato che con il termine emissione deve intendersi la consegna o la spedizione a terzi utilizzatori del documento, occorrendo ai fini della punibilità che il medesimo esca dalla sfera di disponibilità di chi lo compila, si impongono alcune puntualizzazioni circa la nozione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, anche sulla scorta di quanto precisato nell’art. 1, D.L.vo 74/2000: le fatture integrano quella particolare categoria di documenti emessi dal soggetto che effettua cessioni di beni o prestazioni di servizi, per ciascuna operazione imponibile, con le indicazioni prescritte dal D.P.R. 633/’72; gli “altri documenti” costituiscono una categoria residuale nella quale rientrano quei documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie e, dunque, destinati, per loro natura, ad avere una funzione integrativa e somunque di supporto della fattura (ad es. gli scontrini fiscali, le ricevute fiscli e le schede carburanti).
Tuttavia, non tutte le falsificazioni dei predetti documenti sono idonee ad integrare l’ipotesi di frode “de qua”, dovendo ritenersi cintemplati soltanto casi di falsità ideologica riconducibili nelle seguenti diverse categorie: quella delle fatture o di altri documenti aventi per oggetto operazioni in tutto o in parte inesistenti; quella delle fatture o di altri documenti recanti l’indicazione dei corrispettivi o dell’IVA in misura superiore a quella reale; quella della fatture fatture o di altri documenti che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.
La prima categoria (che viene in rilievo nella vicenda per cui è processo) concerne l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni in tutto o in parte inesistenti.
L’ipotesi più comune è quella della assoluta mancanza dell’operazione fatturata: ricorre in questo caso la c.d. “inesistenza oggettiva” dell’operazione indicata in fattura.
Possono verificarsi anche ipotesi di “divergenza” fra la realtà commerciale e l’espressione documentale della medesima: in tal caso ricorre la c.d. “inesistenza soggettiva” della operaizone fatturata, parimenti sanzionata dalla richiamata novella ex D.L.vo 74/2000.
Orbene, considerato che il reato in esame è di natura istantanea, perfezionandosi nella data di emissione della fattura “oggettivamente” o “soggettivamente” inesistente, mette conto rilevare che nel caso di specie risulta interamente decorso il relativo termine prescrizionale massimo pari a 7 anni e 6 mesi.
In particolare, posto che si versa in tema di fatture e note di credito emessa dal prevenuto nella qualità di legale rappresentante della P.L.C. Sftware srl negli anni di imposta 2001 e 2002, il “dies a quo” del termine prescrizionale è ravvisabile non già nella data dell’accertamento, ma in quella di emissione dei richiamati documenti contabili.
Rilavato che per l’anno 2002 l’ultima fattura è stata emessa in data 18 febbraio 2002 e l’ultima nota di credito risulta del 27 febbraio 2002, appare di tutta evidenza che il “dies a quem” debba essere individuato nella data del 27 agosto 2009.
Ne consegue che, difettando le condizioni ex art. 129 comma 2 c.p.p., si legittima la declaratoria di improcedibilità nei confronti del prevenuto in ordine al reato ascrittogli, perché estinto per intervenuta prescrizione.
[OMISSIS]