L’opposizione proposta avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza che dispone l’espulsione del cittadino extracomunitario, ai sensi dell’art. 16 della legge n. 286 del 1998 è assoggettata, secondo quanto previsto dal comma quinto dello stesso articolo, alle regole generali vigenti in materia di impugnazioni, in forza delle quali i motivi possono essere sì formulati successivamente alla dichiarazione, ma pur sempre entro il termine stabilito per la presentazione dell’impugnazione.
Inoltre il provvedimento concernente l’espulsione dello straniero, disposta dal magistrato di sorveglianza quale misura sostitutiva della pena detentiva, non deve essere comunicato al difensore dell’interessato, non avendo l’adozione di detta misura alcun collegamento con il procedimento conclusosi con l’irrogazione della pena in sostituzione.
(Cass. Penale Sez. I, sentenza 16 settembre – 9 ottobre 2013, n. 41753)

Corte Suprema di Cassazione
Sezione Prima Penale
Sentenza 16 settembre – 9 ottobre 2013, n. 41753

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza del 6 novembre 2012, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta da OMISSIS avverso il decreto del Magistrato di sorveglianza di Roma del 18 luglio 2012 che aveva disposto, ai sensi dell’art. 16 legge n. 286/1998, l’espulsione dell’opponente, cittadino extracomunitario condannato alla pena di anni due di reclusione dal Tribunale di Verona siccome colpevole del reato di maltrattamenti continuati e di lesioni personali aggravate e detenuto in espiazione di una pena residua di anni 1 mesi 11 e giorni 12 di reclusione, avendo rilevato che i motivi a sostegno della pur tempestiva opposizione, non erano stati mai esplicitati.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione OMISSIS, per il tramite del suo difensore, deducendone l’illegittimità per violazione di legge.
2.1 Nel ricorso si deduce, in particolare: (a) che il decreto di espulsione opposto era stato notificato al solo condannato OMISSIS e non anche al difensore che lo aveva assistito nel procedimento penale conclusosi con la sua condanna e che l’indicato provvedimento, pur disponendo una misura alternativa alla detenzione e presentando, per ciò, una indubbia natura penale, non conteneva, tuttavia, alcun espresso avvertimento per l’interessato relativamente alla facoltà di nomina di un difensore di fiducia, sicché la palese nullità del decreto non poteva non riflettersi anche sulla legittimità del provvedimento impugnato; (b) che il Tribunale, invece di rilevare l’inammissibilità dell’opposizione, avrebbe quindi dovuto rilevare la nullità del decreto di espulsione, anche perché nello stesso si affermava, del tutto erroneamente, che OMISSIS aveva manifestato la volontà di accedere alla misura alternativa dell’espulsione; (c) che il Tribunale, infine, invece di rilevare preliminarmente l’inammissibilità dell’opposizione, avrebbe dovuto concedere ai difensori dell’OMISSIS di esplicitare i motivi di gravame nell’udienza camerale fissata per la decisione sull’opposizione.
Considerato in diritto
1. L’impugnazione proposta nell’interesse di OMISSIS è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.
1.1. Incontestato il fatto storico che alla tempestiva dichiarazione di opposizione dell’OMISSIS al decreto di espulsione, non aveva fatto seguito, nel termine di dieci giorni, l’indicazione dei motivi proposti a sostegno del gravame che il cittadino extracomunitario si era riservato di presentare successivamente, con il terzo motivo d’impugnazione – il cui esame si rivela preliminare sul piano logico e procedurale – si sostiene che la mancata presentazione dei motivi non costituirebbe, in realtà, una causa di inammissibilità dell’opposizione, ben potendo gli stessi venire esposti (dall’interessato o dai suoi difensori), successivamente, nel corso dell’udienza camerale fissata dal Tribunale per deliberare sull’opposizione.
1.2 Il motivo è infondato.
Rappresenta, infatti, un principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (in termini si veda ex multis Cass., Sez 1. Sentenza n. 6029 del 2/11/1999 – 8/2/2000, rv. 215328, ric. Creanza) che in tema di impugnazione, i motivi dedotti a sostegno della stessa possono essere sì formulati anche successivamente alla dichiarazione, purché nel termine stabilito per la presentazione dell’impugnazione medesima, anche perché non puo’ qualificarsi come impugnazione una dichiarazione di gravame che non risulti motivata.
Al riguardo occorre considerare, infatti, che l’impugnazione deve contenere a pena di inammissibilità (art. 591 comma 1, cod. proc. pen.), oltre alla indicazioni necessarie per identificare il provvedimento impugnato, i capi o i punti del provvedimento che si intendono impugnare, le richieste ed i motivi specifici che sorreggono ogni richiesta, rappresentando, invero, un modello procedurale del tutto eccezionale quello previsto dall’art. 309 cod. proc. pen. secondo cui, invece, la richiesta di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva deve ritenersi ammissibile anche quando non siano presentati i motivi.
Ed invero la peculiarità dell’istituto del riesame, che costituisce una forma sui generis di impugnazione, la non riconducibilità dell’espulsione nell’alveo delle misure coercitive previste dal capo II del libro IV del codice di rito, l’assenza nella formulazione dell’art. 16 comma 5 legge n. 286/1998 di un’espressa previsione della facoltà per l’opponente di enunciare motivi nuovi (contrariamente a quanto espressamente previsto dall’art. 309 comma 6 cod. proc. pen.), induce a ritenere inapplicabile, con riferimento all’opposizione al decreto di espulsione, il modello procedimentale previsto in tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva.
Nessuna violazione o erronea applicazione di legge è quindi ravvisabile nel provvedimento impugnato per avere il Tribunale di sorveglianza, rilevata la mancata presentazione nei termini dei motivi di opposizione al decreto di espulsione, dichiarato, in via preliminare ed assorbente, l’inammissibilità della proposta opposizione.
1.3 Quanto poi agli ulteriori motivi di ricorso – che afferiscono tutti ad asseriti profili di invalidità del decreto di espulsione opposto – a prescindere dalla pur decisiva considerazione che il loro esame risulta evidentemente precluso dal riconoscimento della piena legittimità della declaratoria di inammissibilità dell’opposizione, va comunque evidenziato, per completezza di esposizione, che gli stessi muovono da una premessa in diritto priva di effettivo fondamento giuridico: quella secondo cui all’espulsione prevista dall’art. 16 comma 5 legge n. 286/1998 come misura alternativa alla detenzione, deve riconoscersi natura di sanzione penale (atipica) in quanto comunque collegata ad un procedimento penale, laddove un’ordinanza relativamente recente della Corte Costituzionale (la n. 226 del 15/07/2004), ha diffusamente chiarito, di contro, la natura amministrativa di tale provvedimento, anche se adottato dal giudice di sorveglianza.
In particolare, con riferimento al dato relativo alla mancata notifica al difensore del provvedimento di espulsione, occorre precisare che la giurisprudenza di questa Corte è ormai univoca nell’affermare che il provvedimento concernente l’espulsione dello straniero, disposta dal magistrato di sorveglianza quale misura sostitutiva della pena detentiva, non deve essere comunicato al difensore dell’interessato, non avendo l’adozione di detta misura alcun collegamento con il procedimento conclusosi con l’irrogazione della pena in sostituzione (in termini Sez. 1, n. 25622 del 20/04/2011 – dep. 27/06/2011, Bahij, Rv. 250690).
2. Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 settembre 2013.

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