Il giudice chiamato a pronunziarsi sulla domanda cautelare deve identificare in modo specifico e razionale il significato incriminante degli elementi raccolti sino al momento della decisione e sottoposti al suo esame, senza poter ipotizzare la sopravvenienza di ulteriori elementi a carico dell’accusato allo scopo di “fortificare” un quadro indiziario carente.
Tale aspettativa, infatti, potrebbe essere smentita dal prosieguo dell’attività di indagine, ed il sacrificio della libertà personale – ove nel frattempo disposto – risulterebbe del tutto incongruo e frutto non già di una “prognosi” fondata su elementi già esistenti, quanto, a ben vedere, di una “scommessa” fondata su una aleatoria sopravvenienza di dati, tali da realizzare l’accrescimento qualitativo dei materiali conoscitivi.
(Cass. Penale Sez. I, sentenza 27 settembre – 8 novembre 2013, n. 45268)

Testo integrale sentenza (Avv. Gianluca Anastasio)

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