In tema di accertamento della capacità di intedere e di volere del soggetto agente, qualora l’indagine psichiatrica abbia evidenziato una importante patologia di stampo psicotico, in soggetto con disturbi di personalità con tratti impulsivo-asociali e con capacità cognitive-intellettive ai limiti inferiori della norma, possono risultare importanti ulteriori indagini (diagnosi descrittiva, diagnosi di sede, diagnosi di natura) tali da restituire un quadro coerente e credibile della condizione mentale dell’imputato.
A tal fine può essere utile la somministrazione di test neuropsicologici ed il ricorso alla risonanza magnetica funzionale dell’encefalo.
Particolarmente indicative possono risultare le indagini genetiche, alla ricerca di polimorfismi genetici significativi per modulare le reazioni a variabili ambientali, fra i quali quello che interessa, nel caso di specie, l’esposizione a eventi stressanti ed a reagire agli stessi con comportamento di tipo impulsivo.
Tale indagine, del tutto innovativa rispetto al livello di approfondimento corrente degli accertamenti giudiziari, avrebbe consentito di accertare che l’imputato “risulta possedere, per ciascuno dei polimorfismi esaminati, almeno uno se non tutti e due gli alleli che, in base a numerosi studi internazionali riportari sinora in letteratura, sono stati riscontrati conferire un significativo aumento del rischio di sviluppo di comportamento aggressivo, impulsivo (socialmente inaccettabile). In particolare, l’essere portatore dell’allele a bassa attibvità per il gene MAOA (MAOA-L) potrebbe rendere il soggetto maggiormente incline a manifestare aggressività se provocato o escluso socialmente.
E’ opportuno sottolineare che tale vulnerabilità genetica risulta avere un peso ancora più significativo nel caso in cui l’individuo sia cresciuto in un contesto familiare e sociale non positivo e sia stato, specialmente nelle prime decadi della vita, esposto a fattori ambientali sfavorevoli, psicologicamente traumatici o negativi”.
[OMISSIS]
Proprio la circostanza emersa nel corso dell’ultima perizia psichiatrica e, vale a dire, che determinati geni presenti nel patrimonio cromosomicodell’imputato lo renderebbero particolarmente reattivo in termini di aggressività – e, conseguentemente vulnerabile – in presenza di situazioni di stress, induce la Corte a rivalutare la decisione del G.U.P. di non appliccare nel massimo la riduzione di pena possibile per il difetto parziale di imputabilità.
Proprio l’importanza del deficit riscontrato dai periti con queste nuovissime risultanze frutto dell’indagine genetica, portano a ritenere che la riduzione possa essere effettivamente operata nella misura massima di un terzo.
[OMISSIS]
(Corte di Assise di Appello di Trieste, sentenza 1 ottobre 2009, imp. B.A.)