In tema di liquidazione dell’indennizzo previsto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione (articolo 314 e ss. c.p.p.), il canone base per la liquidazione è costituito dal rapporto tra la somma massima posta a disposizione dal legislatore (€ 516.456,90), il termine di durata massima della custodia cautelare (di cui all’art 303, co. 4, c.p.p., espresso in giorni) e la durata dell’ingiusta detenzione patita nel caso concreto. Tale criterio aritmetico di calcolo, rispetto al quale, in particolare, la somma che ne deriva (€ 235,82 per ciascun giorno di detenzione in carcere) può essere ragionevolmente dimezzata (€ 177,91) nel caso di detenzione domiciliare, attesa la sua minore afflittività, costituisc, però, solo una base utile per sottrarre la determinazione dell’indennizzo a un’eccessiva discrezionalità del giudice e garantire in modo razionale una uniformità di giudizio.
Il parametro aritmetico indicato, pertanto, costituisce uno standard che fa riferimento all’indennizzo in un’astratta situazione in cui diversi fattori di danno derivanti dall’ingiusta detenzione si siano concretizzati in modo medio e ordinario; con la conseguenza che tale parametro può subire variazioni verso l’alto o verso il basso in ragione di specifiche contingenze proprie del caso concreto.
In ogni caso, al giudice è chiesta una valutazione che pur equitativa, non può mai essere arbitraria, onde egli è tenuto a offrire una adeguata motivazione che dia conto, alla luce del materiale probatorio acquisito, delle ragioni per le quali si è distaccato dai parametri standard, con l’unico limite che il frutto della sua determinazione non può condurre allo sfondamento del tetto, normativamente fissato, dell’entità massima della liquidazione (nella specie, la Corte, accogliendo il ricorso del ministero dell’Economia, ha annullato con rinvio l’ordinanza, evidenziando come il giudice, nello specifico, avesse liquidato l’indennizzo in misura sensibilmente superiore a quella standard, facendo riferimento, ma senza adeguata motivazione, a voci di pregiudizio ulteriori, quali lo strepitus fori e patologie patit; non si faceva cenno nell’ordinanza, secondo la Cassazione, né alle qualità professionali e personali del ricorrente e alla sua eventuale incensuratezza, né alle imputazioni per quali era stato arrestato e, quindi, alla relativa incidenza sulla reputazione, né alle specifiche patologie patite e alla prova del nesso causale di esse con la custodia).
(Cass. Pen. Sez. IV, sentenza 16 luglio – 5 novembre 2009, n. 42510)