La nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza sul modello dell’art. 48 della Costituzione di Weimar o dell’art. 16 della Costituzione francese, dell’art. 116 della Costituzione spagnola o dell’art. 48 della Costituzione ungherese.
Si tratta di una scelta consapevole.
Nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell’assetto dei poteri.
La Costituzione, peraltro, non è insensibile al variare delle contingenze, all’eventualità che dirompano situazioni di emergenza, di crisi, o di straordinaria necessità e urgenza, come recita l’art. 77 Cost., in materia di decreti-legge.
La Repubblica ha attraversato varie situazioni di emergenza e di crisi – dagli anni della lotta armata a quelli della più recente crisi economica e finanziaria – che sono stati affrontati senza mai sospendere l’ordine costituzionale, ma ravvisando all’interno di esso quegli strumenti che permettessero di modulare i principi costituzionali in base alle specificità della contingenza: necessità, proporzionalità, bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità sono i criteri con cui, secondo la giurisprudenza costituzionale, in ogni tempo deve attuarsi la tutela «sistemica e non frazionata» dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e dei relativi limiti.
Dunque, nella giurisprudenza costituzionale si ravvisano criteri in sé sufficientemente elastici e comprensivi da consentire una adeguata considerazione delle specificità del tempo di crisi.
Anche nel tempo presente, dunque, ancora una volta, è la Carta costituzionale così com’è – con il suo equilibrato complesso di principi, poteri, limiti e garanzie, diritti, doveri e responsabilità – a offrire a tutte le istituzioni e a tutti i cittadini la bussola che consente di navigare «per l’alto mare aperto» dell’emergenza e del dopo-emergenza che ci attende.