In tema di ordine europeo di indagine, la Suprema Corte ha affermato che l’acquisizione su server estero di messaggistica criptata non costituisce dato informatico utilizzabile ai sensi dell’art. 234-bis c.p.p. e la relativa attività acquisitiva, se riguardante comunicazioni avvenute nella fase “statica”, dev’essere inquadrata nelle disposizioni dettate in materia di perquisizione e sequestro (art. 254-bis c.p.p.); se relativa a comunicazioni avvenute nella c.d. fase “dinamica”, devono essere adottatati i canoni degli artt. 266 e ss. c.p.p in materia di intercettazioni telematiche.

La Direttiva OEI – strumento normativo dell’Unione europea che si iscrive nel quadro del sistema del mutuo riconoscimento dei provvedimenti giudiziari ni materia penale – prevede che, per compiere uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro (Stato di esecuzione) ai fini di acquisire prove, sia emessa “una decisione giudiziaria” (l’ordine europeo di indagine) da una autorità competente, secondo l’ordinamento nazionale, a disporre tali atti e ciò al fine di garantire che “l’atto o gli aiti di indagine richiesti nell’o.e.i. avrebbero potuto essere emessi alle stesse condizioni ni un caso interno analogo”.
A fronte di una prova definitivamente trasmessa all’autorità italiana, la questione posta dalla difesa in questa sede risulta quindi preclusa.
Ciò non esclude, peraltro, come ha richiesto al Corte di giustizia, che la difesa posa ottenere, attraverso i rimedi disponibili nella nostra legislazione, la verifica sulla sussistenza dele condizioni di ammissibilità della prova secondo ke regole proprie dell’ordinamento nazionale.
Verifica che, in quanto non effettuata dal giudice nel procedimento a quo prima dell’emissione dell’O.E.I., incidentalmente, può essere effettuata successivamente anche dal Giudice del riesame.

(Cass. 6^ Penale, Sentenza 26.10.2023, n. 44154)

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