Nonostante che il primo comma dell’art. 5 del d. lg. n. 231 del 2001 proponga in modo apparentemente alternativo i due criteri (“nel suo interesse o a suo vantaggio”), tuttavia, il comma secondo dello stesso art. 5 prevede che l’ente non risponde se il reo ha agito “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi”; ne consegue che, mancando l’interesse, anche solo concorrente, dell’ente, è del tutto inutile (ai fini della responsabilità dell’ente medesimo) l’eventuale esistenza del solo vantaggio.
L’interesse (come il vantaggio) di cui all’art. 5 del d. lg. n. 231 del 2001 ha natura oggettiva, nel senso che l’interesse stesso consiste nella funzione oggettiva della condotta del reo, la quale oggettivamente realizza un interesse dell’ente, al di la dei motivi soggettivi dell’agente.
In tema di art. 25 septies del d. lg. n. 231 del 2001, e specificamente di compatibilità della natura colposa dei delitti ex artt. 589 e 590 c.p. con i criteri di cui all’art. 5 dello stesso d. lg. , esclusa in detti delitti la volontà dell’evento (art. 43 c.p.), non resta che prendere atto che il legislatore ha riferito i criteri dell’interesse e del vantaggio solo alla condotta del reo.
(Tribunale di Camerino, Giudice D. Potetti, sentenza 9 aprile 2013)

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