Il ricorso per cassazione è l’unica forma di gravame concessa al pubblico ministero in relazione alle sentenze di proscioglimento emesse dal Giudice di Pace.
(Cass. Sezione V Penale, 30 aprile – 22 maggio 2012, n. 19331)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRASSI Aldo – Presidente
Dott. SAVANI Piero – Consigliere
Dott. BRUNO Paolo Antonio – Consigliere
Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino;
nel procedimento nei confronti di:
OMISSIS;
OMISSIS;
avverso la sentenza del 3/02/2009 del Giudice di Pace di Moncalieri;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GALASSO Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
1. Con sentenza del 3 febbraio 2008 il Giudice di Pace di Moncalieri assolveva ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2 OMISSIS e OMISSIS dall’accusa di aver cagionato a OMISSIS lesioni personali lievissime e di aver ingiuriato la stessa in data 26 luglio 2007. 1.1 Il giudice di prime cure motivava la decisione in ragione della ritenuta insufficienza delle prove assunte a dimostrare i fatti contestati, rilevando contraddizioni tra le dichiarazioni rese dalla persona offesa e quelle, apparentemente di riscontro, rilasciate dalla di lei figlia, nonchè l’insolubile contrasto tra le stesse dichiarazioni della persona offesa e quelle rese dall’unico testimone oculare dei fatti non direttamente coinvolto nella vicenda ed improntate alla sostanziale negazione della versione dei fatti fornita dalla prima ed alla conferma di quella avanzata invece nel corso dell’esame da entrambe gli imputati. Il medesimo giudice riteneva inoltre non decisivo il certificato medico prodotto dalla C. a riscontro dell’oggettività delle lesioni asseritamente subite, sottolineando come la diagnosi ivi riportata si fonderebbe esclusivamente sulle dichiarazioni rese ai sanitari dalla donna e dunque i dubbi sull’attendibilità di quest’ultima si riverberebbero inevitabilmente sull’affidabilità del documento in questione.
2. Avverso la sentenza ha presentato appello al Tribunale di Torino il P.G. presso la locale Corte d’Appello, lamentando l’incompletezza, illogicità e contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla negata valenza probatoria del summenzionato certificato ed osservando in proposito come il giudice di prime cure abbia trascurato che il documento invece attesta, tra l’altro, l’obiettiva rilevazione sulle braccia della OMISSIS da parte del medico certificante di ecchimosi bilaterali, lesioni che il ricorrente evidenzia essere del tutto compatibili con le modalità dell’aggressione denunziate dalla stessa persona offesa.
2.1 Con provvedimento del 6 aprile 2010 il Tribunale adito disponeva infine la conversione dell’appello proposto dal PG in ricorso per cassazione, in ragione dei limiti posti all’appellabilità delle sentenze di proscioglimento del giudice di pace dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 36, comma 1, nonchè della natura dei motivi presentati a sostegno dell’impugnazione, riconducibili per il suddetto Tribunale all’alveo dell’art. 606 c.p.p., lett. e).
3. La difesa degli imputati ha depositato memoria in data 20 gennaio 2011 rilevando: 1 in via pregiudiziale l’inammissibilità dell’impugnazione del PG, in proposito osservando che per le sentenze di proscioglimento relative al reato di cui all’art. 582 c.p. – non punito con pena alternativa – non sarebbe consentito al pubblico ministero dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 36, comma 1, l’appello e pertanto nemmeno la possibilità di ricorrere per cassazione “per saltum”, atteso il disposto dell’art. 569 c.p.p., comma 1; non di meno tale ultima disposizione dovrebbe essere letta secondo il ricorrente alla luce del terzo comma dello stesso articolo da ultimo citato, per cui l’eventuale ricorso “per saltum” si avvertirebbe in appello qualora il vizio denunciato mediante l’impugnazione sia da classificare tra quelli considerati dall’art. 606 c.p.p., lett. d) ed e); posto dunque che le lamentele del pubblico ministero sarebbero riconducibili alla menzionata art. 606 citato, lett. e), l’impugnazione dovrebbe essere convertita in appello, ma a tale esito, conclude la memoria, osterebbe ancora una volta il disposto della norma speciale sull’appellabilità delle sentenze del giudice di pace, non versandosi nella fattispecie disciplinata dall’art. 572 c.p.p., con la conseguenza che il pubblico ministero dovrebbe ritenersi non legittimato ad impugnare in alcun modo le sentenze di proscioglimento del giudice di pace relative a reati puniti con pena non alternativa;
2 in via principale l’inidoneità del certificato medico additato dal P.G. ricorrente a sostenere la prova dell’attribuibilità delle lesioni all’azione degli imputati e dunque la sostanziale correttezza delle conclusioni assunte nella sentenza impugnata e la completezza della motivazione che la sostiene.
1. Pregiudiziale all’esame del ricorso è la questione sull’ammissibilità dell’impugnazione sollevata dalla difesa con la sua memoria.
1.1 Essa peraltro omette di ricordare che il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 36, comma 1 è stato modificato dalla L. n. 46 del 2006, che ne ha cancellato l’ultimo periodo, escludendo così in ogni caso la possibilità per il pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento pronunziate dal giudice di pace.
Parimenti la difesa omette di considerare che il secondo comma della menzionata disposizione attribuisce invece alla parte pubblica, senza frapporre distinzioni di sorta, la facoltà di proporre ricorso per cassazione avverso tutte le sentenze del giudice di pace. Alla luce della menzionata modifica è allora evidente che tale strumento di impugnazione, come già ricordato in precedente occasione da questa stessa sezione della Corte (Sez. 5, n. 41504 del 16 settembre 2009, p.m. in proc. Contadini) è venuto a costituire, nell’ambito dello speciale sistema delle impugnazioni configurato dal legislatore per la giurisdizione del giudice di pace, l’unica forma di gravame concessa al pubblico ministero in relazione alle sentenze di proscioglimento del suddetto giudice, con riguardo alle quali è dunque ultroneo evocare la figura del ricorso immediato ex art. 569 c.p.p., che è per l’appunto strumento alternativo all’appello e la cui disciplina non rileva nel caso in cui, come quello di specie, alla parte sia concesso esclusivamente di ricorrere per cassazione avverso un provvedimento del giudice.
In definitiva, con riguardo alla specifica tipologia di sentenze di cui si tratta, la regola fissata dal secondo comma del citato art. 36, a seguito delle modifiche subite dal primo comma della stessa disposizione, costituisce una specificazione di quella contenuta nel secondo comma dell’art. 606 c.p.p. in ordine alla ricorribilità delle sentenze inappellabili, norma quest’ultima che altrimenti troverebbe comunque applicazione in forza della clausola di adeguamento dello statuto del giudice di pace contenuta nel D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 2.
Il pubblico ministero deve dunque ritenersi legittimato a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento pronunziata dal giudice di pace e correttamente, nel caso di specie, il Tribunale di Torino ha provveduto a trasmettere a questa Corte, ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5, l’impugnazione formalmente qualificata dal P.G. come appello. Pertanto, per questo aspetto, il ricorso di quest’ultimo deve ritenersi ammissibile.
2. Il ricorso è peraltro inammissibile sotto altro profilo.
La deduzione del vizio di contraddittorietà della motivazione risultante da atto del processo specificamente indicato, introdotta dalla L. n. 46 del 2006, presuppone che la motivazione della sentenza sia basata in modo determinante su prova insussistente agli atti, o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, ovvero sia contrastata insuperabilmente da prova presente agli atti ma ignorata (Sez. 5, sent. 39048 del 25.9. – 23.10.2007, rv 238215), si che eliminata – o inserita, secondo i casi – quella prova l’intera ricostruzione fattuale sia vanificata. L’indicazione dell’atto probatorio in questione deve poi garantire l’autosufficienza del ricorso (Sez. 6, sent. 20059 del 16.1- 20.5.2008, rv 240056; Sez. 1, sent. 6112 del 22.1 – 12.2.2009, rv 243225): occorre cioè che al ricorso sia allegato l’atto processuale (o comunque che ve ne sia nel ricorso l’integrale trascrizione ovvero l’individuazione assolutamente puntuale e completa, che non determini la necessità di alcun tipo di ricerca e selezione autonoma da parte della Corte di legittimità) dal quale emerga, senza possibilità di interpretazione o letture alternative, il contrasto tra quanto affermato in sentenza e quanto invece in atti.
Il ricorrente non si è attenuto a questi consolidati principi, richiamando in maniera incompleta l’atto probatorio evocato per censurare la motivazione del provvedimento impugnato, omettendo per di più di evidenziare le ragioni della decisività dell’elemento probatorio di cui si lamenta l’omessa considerazione e cioè la sua capacità di disarticolare il ragionamento probatorio sulla base del quale è stata adottata la decisione impugnata.
In realtà il giudice di pace, valutato nel suo complesso il certificato medico in oggetto, ne ha tratto la non illogica conclusione della sua incapacità a fornire elementi idonei a superare la situazione di stallo probatorio venutasi a creare a seguito dell’assunzione delle collidenti testimonianze della persona offesa e del terzo spettatore della vicenda. Ed infatti sul punto il motivo di ricorso si abbandona alla sostanziale deduzione di questioni di merito, sollecitando una rivisitazione del materiale probatorio che il giudice di pace ha operato sostenendola con motivazione, come detto, coerente ai dati probatori richiamati e immune da vizi logici.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso del P.G..

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.

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