In tema di rifiuto di atti di ufficio, il carattere di urgenza dell’atto ricorre nel caso del medico in servizio di guardia che sia richiesto di prestare il proprio intervento da personale infermieristico e medico con insistenti sollecitazioni, non rilevando che il paziente non abbia corso alcun pericolo concreto per effetto della condotta omissiva.
(Cass. Sez. VI Penale, sentenza 5 luglio – 29 settembre, n. 40753)
Suprema Corte di Cassazione
Sezione Sesta Penale
Sentenza 5 luglio – 29 settembre 2016, n. 40753
(OMISSIS)
avverso la sentenza del 01/07/2015 della Corte d’appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Di Leo Giovanni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito il difensore, Avv. Alessandro Tudor, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Trieste ha confermato la sentenza del 14 giugno 2013, con la quale il Tribunale di Tolmezzo ha condannato U.L. per il reato di cui all’art. 328 c.p. , per avere, in qualità di dirigente medico dipendente della azienda sanitaria n. (OMISSIS), in servizio presso il Pronto Soccorso dell’ospedale di (OMISSIS), con mansioni di medico di guardia, omesso di visitare B.M. che si era presentata presso il Pronto Soccorso lamentando un dolore al braccio sinistro in conseguenza di una caduta accidentale in bagno, accettata con codice triage verde; nonostante il reiterato invito fattogli dall’infermiera di sottoporre a visita la paziente per una probabile frattura alla spalla, l’imputato non prestava le dovute cure “perché a quell’ora si era da poco messo riposare”.
1.1. In via preliminare, il Collegio ha ricordato che, secondo la ricostruzione dei fatti compiuta dal Tribunale, B.M. si presentava presso il Pronto Soccorso dell’ospedale alle 4:30 – 4:50, lamentando un dolore al braccio sinistro con un’intensità pari a 9 (nella scala da 1 a 10) a seguito di una caduta accidentale e veniva accettata con l’attribuzione del codice verde; l’infermiera P. avvisava dell’arrivo della paziente il medico di servizio al Pronto Soccorso Dott. U. che, in quel momento, si trovava a riposare; il Dott. U. non visitava la paziente, dicendo all’infermiera di somministrare alla donna un antidolorifico e di invitarla rimanere in Pronto Soccorso fino alle 8:00 per eseguire le radiografie; al momento non v’erano pazienti presso il Pronto Soccorso ed il Dott. U. aveva terminato l’ultima visita alle 3:00; la B. tornava a casa dopo circa due ore ed il mattino seguente si ripresentava alle 8:00 al Pronto Soccorso, veniva visitata da altro medico ed, alle 10:00, eseguiva la radiografia, all’esito della quale le veniva diagnosticata una frattura scomposta dell’omero sinistro, venendo operata il giorno seguente.
1.2. Dopo avere dato atto dei motivi d’appello, la Corte ha evidenziato come le infermiere P. e Pe. abbiano riferito di aver insistito col Dott. U. affinché visitasse la paziente e di avere ricevuto in risposta l’indicazione di somministrarle un antidolorifico, mentre la decisione di immobilizzare l’arto era stata presa dalle stesse infermiere, così come quella di invitare la paziente a rimanere in Pronto Soccorso. Nonostante la paziente avesse dichiarato di aver un dolore pari a 9, il medico aveva ritenuto di non visitarla, mentre il rinvio della visita alle 8:00 era stato funzionale a spostare l’incombente su un altro medico, che subentrava di turno al mattino e che effettivamente visitò la paziente.
1.3. In punto di qualificazione giuridica della fattispecie, la Corte ha evidenziato come il delitto di cui all’art. 328 c.p. sia integrato anche se le condizioni di salute del paziente – per cui si è realizzato l’atto omissivo – non siano poi risultate gravi in concreto o che l’atto omesso non abbia provocato l’aggravamento di esse, atteso che si tratta di reato di pericolo plurioffensivo, la cui realizzazione lede, oltre all’interesse del privato danneggiato dall’omissione o dal ritardo dell’atto amministrativo dovuto, anche l’interesse pubblico al buon andamento ed alla trasparenza della pubblica amministrazione. La connotazione indebita attribuibile al rifiuto sussiste quando risulti che l’imputato non abbia esercitato una discrezionalità tecnica, ma si sia semplicemente sottratto alla valutazione dell’urgenza dell’atto d’ufficio. La Corte ha dunque rilevato che, secondo l’uniforme orientamento di questa Suprema Corte: a) l’urgenza dell’atto o i tempi della sua attuazione non debbono essere dettati da norme di legge o dai regolamenti, ma possono essere desunti dalle caratteristiche del caso concreto o da prassi vigenti; b) la valutazione del corretto esercizio della discrezionalità – che, in questo campo, compete al medico – è soggetta a valutazione critica da parte del giudice; c) a nulla rileva che le condizioni della paziente non si siano aggravate, a motivo dell’omissione o del ritardo dell’atto.
Nel caso di specie, la doverosità della condotta richiesta al Dott. U. derivava: 1) dai protocolli vigenti presso l’ospedale di (OMISSIS), secondo cui tutti pazienti che accedono al Pronto Soccorso devono essere visitati e che quelli a cui sia assegnato il codice verde devono essere visitati nell’arco di dieci minuti mezz’ora, se non vi sono altri pazienti con codice rosso o più urgenti; 2) dalle condizioni di salute della paziente, una donna anziana che manifestava un dolore prossimo al massimo; 3) dalle circostanze in cui l’imputato si trovava ad operare, in totale assenza di altri pazienti da visitare. D’altra parte, l’imputato differiva la visita della paziente alle 8:00, ora a cui smontava dal turno, e non si preoccupava di apprestare le prime cure alla paziente, atteso che erano le infermiere a disporre che ella rimanesse al Pronto Soccorso per il monitoraggio del dolore ed a praticarle il bendaggio.
1.4. La Corte ha dunque ritenuto insussistenti presupposti per pronunciare sentenza assolutoria ai sensi dell’art. 131-bis c.p., rimarcando la violazione al dovere di medico e il non trascurabile affanno causato alla parte lesa, una signora ultrasettantenne con un braccio rotto.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso U.L., a mezzo del proprio difensore di fiducia Avv. Alessandro Tudor, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Vizio di motivazione in relazione all’accertamento dei fatti. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia fondato il giudizio di penale responsabilità sulla base di una ricostruzione solo parziale dei fatti, dando per acquisite, sulla base della interpretazione delle deposizioni dei testi P. e Pe., circostanze che, alla luce di una corretta lettura degli atti dibattimentali, appaiono di contenuto diverso. Si evidenzia che il medico non ha omesso la visita della paziente, ma ne ha soltanto disposto il differimento, né ha indicato un orario tale da rimettere l’incombente al successivo medico di turno, indicazione fatta dalle infermiere. L’imputato ha correttamente prescritto i presidi farmaceutici necessari a curare i sintomi del dolore e dilazionato la visita medica della paziente, in quanto si trattava di un caso con codice verde, dunque non urgente, che richiedeva l’effettuazione di ulteriori accertamenti diagnostici – nella specie quelli radiologici – nel corso della mattinata successiva.
2.2. Violazione di legge penale in relazione all’art. 328 c.p.
Lamenta il ricorrente che al prevenuto non è imputabile la condotta penalmente sanzionabile ascritta, non essendo rinvenibile alcuna norma che ponga in capo al medico l’obbligo giuridico (la cui violazione configuri l’ipotesi sanzionata come omissione d’atti d’ufficio) di visitare immediatamente, o in un tempo ridotto o nel rispetto di una tempistica predeterminata e correlata al caso concreto, il paziente che acceda al Pronto Soccorso con attribuzione del codice verde a seguito della procedura di triage. Fra l’altro, anche in occasione del secondo rientro al Pronto Soccorso, avvenuto la mattina successiva, la visita della paziente fu ritenuta differibile, e non dal Dott. U., con indicazione alla stessa di fare rientro alle 10:00. Il Dottor U. era dunque titolare, nella sua qualità di dirigente medico, del potere discrezionale di differire la visita in un lasso di tempo da determinare secondo la propria discrezionalità, fondata sul rispetto del protocollo del triage. Sotto diverso aspetto, si evidenzia che i protocolli interni dell’ospedale non hanno efficacia vincolante e sono insuscettibili di fondare obblighi giuridici ai sensi dell’art. 328 c.p.
2.3. Violazione di legge in relazione all’art. 131-bis c.p. , per avere la Corte omesso di applicare la causa di non punibilità, nonostante la particolare tenuità dell’offesa, la non abitualità del comportamento e la condizione di incensuratezza dell’imputato, cui sono state riconosciute le attenuanti generiche.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e deve essere pertanto rigettato.
2. Il primo motivo di doglianza in merito alla ricostruzione in fatto della vicenda oggetto di contestazione non sfugge ad una preliminare ed assorbente censura di inammissibilità, posto che, per un verso, non si confronta con la compiuta e lineare motivazione svolta dai Giudici della cognizione (sopra sunteggiata nei paragrafi 1 del ritenuto in fatto) e, dunque, omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838). Per altro verso, è volto a sollecitare una rilettura delle emergenze processuali, non consentita in questa Sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
3. E’ destituito di fondamento anche il secondo motivo con il quale si è eccepita la violazione di legge in relazione all’art. 328 c.p.
3.1. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, in tema di rifiuto di atti di ufficio, il carattere di urgenza dell’atto ricorre nel caso del medico in servizio di guardia che sia richiesto di prestare il proprio intervento da personale infermieristico e medico con insistenti sollecitazioni, non rilevando che il paziente non abbia corso alcun pericolo concreto per effetto della condotta omissiva (Sez. 6, n. 14979 del 27/11/2012 – dep. 02/04/2013, M., Rv. 254863).
3.2. Di tale regula iuris ha fatto corretta applicazione il Collegio di merito, non essendo revocabile in dubbio che la persona che si presenti al Pronto Soccorso, lamentando un disturbo, abbia il pieno diritto – cui corrisponde un correlativo dovere del sanitario di turno – ad essere sottoposto a visita medica, là dove l’assegnazione del codice di triage all’atto dell’accettazione vale soltanto a definire un ordine di visita fra più pazienti in attesa, ma non ad esentare il predetto sanitario dal dare corso alla visita del paziente la cui patologia sia valutata, ad un primo screening del personale paramedico, non grave. Ciò a maggior ragione allorché si tratti di persona non più giovane (ultrasettantenne) che accusi un dolore acuto (indicato come di intensità 9, in una scala da 1 a 10) ed a fronte delle reiterate sollecitazioni del personale infermieristico, dunque di personale qualificato ed in grado di valutare l’effettiva necessità della visita immediata da parte del medico.
Né il differimento della visita può ritenersi legittimo esercizio della discrezionalità del sanitario per il fatto che l’esame radiologico non avrebbe potuto essere espletato durante la notte, ma soltanto al mattino seguente. A prescindere dall’impossibilità di procedere ad un’immediata indagine radiologica, costituiva infatti preciso dovere del medico di turno presso il Pronto Soccorso – id est presso il presidio sanitario deputato ad apprestare le prime cure in tutti i casi di urgenza – verificare senza indugi la gravità della situazione e formulare una prima diagnosi, così da scongiurare patologie di intensità tale da richiedere un intervento sanitario tempestivo e non dilazionabile al giorno successivo.
3.3. Il fatto risulta pertanto essere stato correttamente qualificato ai sensi dell’art. 328 c.p., avendo U. rifiutato un atto sanitario, che aveva il dovere di porre in essere quale medico di turno del Pronto Soccorso, atto richiesto con insistenza dal personale infermieristico, in una situazione di oggettivo rischio per la paziente, in considerazione dell’età e dell’intensità del dolore da ella riferito.
4. Incensurabile nella sede di legittimità è la valutazione oggetto del terzo ed ultimo motivo. Il Collegio di merito ha invero argomentato con considerazioni immuni da manifesta irragionevolezza il denegato riconoscimento della causa di non punibilità invocata, correttamente valorizzando la gravità del fatto e le sofferenze cagionate alla persona offesa, particolarmente vulnerabile a cagione dell’età avanzata, per escludere la ricorrenza di un’offesa di particolare tenuità ai sensi dell’art. 131-bis c.p.
5. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2016