Non è dato rinvenire indicazioni normative, né espresse né ricavabili in via interpretativa, che ostino alla proposizione della domanda di oblazione da parte del difensore, pur in mancanza di conferimento di procura ad actum, in base alla generale abilitazione conferita dall’art. 99 c.p.p., comma 1, trattandosi di un atto di mero impulso processuale; ed essendo solo l’atto del pagamento della somma sovuta a titolo di oblazione, questo sì “personalissimo”, pur se certamente delegabile, idoneo a incidere irreversibilmente sull’esito del procedimento e sulle relative regole di giudizio.
Se la richiesta di oblazione sia stata correttamente proposta in sede di opposizione a decreto penale, ed erroneamente non accolta, non opera, nel conseguente giudizio di opposizione, il divieto di presentazione di (nuova) domanda, sicché è dovere del giudice del dibattimento di prendere in considerazione detta richiesta.

Corte Suprema di Cassazione
Sezioni Unite Penali
Sentenza 29 ottobre – 15 dicembre 2009, n. 47923
[OMISSIS]
Con sentenza in data 7 ottobre 2008 il Tribunale di Bologna, in composizione monocratica, dichiarava A.D.A. colpevole del reato previsto dall’art. 81 cpv. c.p., D.L.vo 152/2006, art. 256, comma 1, e art. 279, comma 2, e con le attenuanti generiche lo condannava alla pena di € 300,00 di ammenda, in relazione al fatto di cui all’art. 279, comma 2, e a quella di € 600,00 di ammenda per i fatti di cui all’art. 256 del citato decreto.
Il giudizio traeva origine da un’opposizione a decreto penale di  condanna, emesso dal GIP del Tribunale di Bologna in data 26 ottobre 2006, proposta 29 maggio 2007 dal difensore di fiducia dell’imputato, che contestualmente chiedeva per il suo assistito l’ammissione all’oblazione ai sensi dell’art. 162 bis c.p..
In data 27 giugno 2007 il predetto GIP emetteva decreto di citazione a giudizio, ex art. 557 c.p.p..
All’udienza dibattimentale del 19 marzo 2008 il difensore depositava, per la prima volta, una procura speciale, datata 28 maggio 2007, conferitagli dall’imputato ai fini della proposizione della domanda di oblazione.
Il Tribunale, dichiarata la contumacia dell’imputato e revocato il decreto penale, rilevava, quanto alla domanda di ammissione all’oblazione formulata contestualmente all’atto di opposizione al decreto penale, che essa erastata proposta dal difensore non munito di procura speciale, e quindi da un soggetto non legittimato a formularla, trattandosi, per costante insegnamento giurisprudenziale, di diritto personale dell’imputato; e, quanto alla reiterazione della domanda presentata in udienza, che ad essa ostava “il chiaro disposto dell’art. 162 c.p.p. (recte, art. 464 c.p.p.) comma 3”.
In data 26 novembre 2008 l’imputato, a mezzo del suo difensore, avv. Cicognani, proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza, nonché avverso l’ordinanza dichiarativa di inammissibilità della domanda di oblazione, deducendo, in primo luogo, l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 99 c.p.p. e 162 bis c.p., in relazione alla ritenuta inammissibilità della domanda di oblazione.
[OMISSIS]
La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite è così riassumibile:
“Se la domanda di oblazione di cui agli artt. 162 e 162 bis c.p., possa essere proposta (nella specie, in sede di opposizione a decreto penale di condanna) dal difensore dell’imputato non munito di procura speciale”.
[OMISSIS]
Preso atto che la domanda di ammissione all’oblazione non è espressamente nominata dalla legge quale atto riservato all’imputato, non essendo indicativo in tal senso il fatto che il codice penale si riferisca al “contravventore” quale soggetto che può essere ammesso al pagamento, occorre tuttavia verificare se essa sia di per sé irreversibilmente produttiva delle conseguenze accennate, perché in tal caso dovrebbe ritenersi che tale domanda rivesta la natura di atto “personalissimo”, in base alle considerazioni sopra svolte.
Al riguardo va in primo luogo constatato che sia l’art. 162 c.p., comma 2, (c.d. oblazione obbligatoria) sia l’art. 162 bis c.p., comma 6, (c.d. oblazione facoltativa) prevedono che l’estinzione del reato si produce per l’effetto del pagamento della somma dovuta.
Inoltre, alla disciplina sostanziale si affianca altra processuale, introdotta con il vigente codice di rito all’art. 141 disp. att. c.p.p., che, secondo la univoca giurisprudenza (v. per tutte Cass. Sez. II, n. 24062, 20 maggio 2008, Pezzuti; Cass. Sez. IV, n. 17421, 18 marzo 2003, Santini; Cass Sez. I, n. 14289, 14 ottobre 1999, Tornasi), ha implicitamente abrogato la parte “procedurale” contenuta nell’art. 162 bis c.p., (in assenza, invece, di analoghe indicazioni nell’art. 162 c.p.), e in particolare quella contenuta nel comma 2, di detto articolo; con la conseguenza che per qualsiasi forma di oblazione prevista dal codice penale è unico il relativo procedimento (Cass. Sez. III, n. 3027, 26 settembre 1997, Di Cecco).
Così, mentre prima dell’entrata in vigore dell’attuale codice di rito, in base all’art. 162 bis c.p., comma 2, con la domanda di oblazione il contravventore doveva depositare (a pena di inammissibilità) la somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda, nel sistena attuale, in ogni caso di oblazione, in forza dell’art. 141 disp. att. c.p.p., la procedura si articola nei seguenti passaggi: domanda; acqusizione del parere del pubblico ministero; ammissione con fissazione della somma dovuta; pagamento; pronuncia di estinzione del reato.
[OMISSIS]
Appare allora che la domanda di  oblazione non determina alcun effetto irreversibile idoneo a incidere sull’esito del procedimento.
Non solo tale domanda deve essere vagliata dal giudice nei suoi presupposti legali e – nella fattispecie regolata dall’art. 162 bis c.p. – sulla base anche di valutazioni discrezionali; ma è con il pagamento della somma dovuta, specificata nel provvedimento del giudice, di cui deve essere dato avviso all’interessato (art. 141 disp. att. c.p.p., comma 4), che si produce l’effetto processuale del dovere del giudice di pronunciare sentenza dichiarativa della estinzione del reato.
A fronte di una domanda di oblazione presentata dal difensore, proprio perchè questa non determina di per sé alcuna situazione processuale irreversibile, l’imputato può in ogni tempo, anche dopo il provvedimento ammissivo del giudice, non solo togliere ad essa effetto mediante una dichiarazione espressa (art. 99 c.p.p., comma 2); ma può soprattutto, decidendo di non pagare la somma determinata dal giudice, dare corso alla normale procedura di giudizio.
In conclusione, non è dato rinvenire indicazioni normative, né espresse né ricavabili in via interpretativa, che ostino alla proposizione della domanda di oblazione da parte del difensore, pur in mancanza di conferimento di procura ad actum, in base alla generale abilitazione conferita dall’art. 99 c.p.p., comma 1, trattandosi di un atto di mero impulso processuale; ed essendo solo l’atto del pagamento della somma sovuta a titolo di oblazione, questo sì “personalissimo”, pur se certamente delegabile, idoneo a incidere irreversibilmente sull’esito del procedimento e sulle relative regole di giudizio.
La sentenza impugnata deve essere dunque annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Bologna, che dovrà prendere in considerazione la domanda di oblazione tempestivamente proposta dal difensore dell’imputato e reiterata in limine al dibattimento, adottando i provvedimenti conseguenti.
Va al riguardo ribadito che se la richiesta di oblazione sia stata correttamente proposta in sede di opposizione a decreto penale, ed erroneamente non accolta, non opera, nel conseguente giudizio di opposizione, il divieto di presentazione di (nuova) domanda, sicché è dovere del giudice del dibattimento di prendere in considerazione detta richiesta.
[OMISSIS]

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