In tema di legittimità della consegna, fin tanto che l’attuazione del meccanismo del mandato d’arresto europeo non sia sospesa (ai sensi dell’art. 7, par. 2, T.U.E.) nei confronti dello Stato membro che abbia in modo grave e persistente violato i principi fondamentali sanciti dall’art. 2 T.U.E. (il che necessita di una decisione del Consiglio dell’U.E.) la possibilità del rifiuto della consegna va riconosciuta soltanto “in circostanze eccezionali” in cui l’Autorita Giudiziaria di esecuzione accerti, in esito ad una valutazione concreta e precisa del caso di specie, che vi sono motivi seri e comprovati per ritenere che la persona oggetto di tale mandato d’arresto europeo corra, a seguito della sua consegna all’Autorita Giudiziaria emittente, un rischio reale di violazione del diritti fondamentali.
(Cass. Penale Sez. VI, sentenza 21 – 26 maggio 2020, n. 15924)
La Suprema Corte, nel dar conto delle proprie motivazioni di annullamento con rinvio, ha rilevato peraltro che, dopo la pronuncia della Corte U.E. del 25 luglio 2018, la situazione in Polonia in ordine al rispetto dei principi dello Stato di diritto si è ulteriormente aggravata a causa di successive riforme riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario, soffermandosi anche sull’ordinanza dell’8 aprile 2020 della Corte U.E. con la quale è stata disposta la sospensione in via cautelare della legislazione polacca in materia di procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici, nonché sulla nuova procedura di infrazione avviata il 29 aprile 2020 dalla Commissione europea nei confronti della Polonia in relazione alla legge sulla magistratura entrata in vigore il 14 febbraio 2020.
Con tale ultima iniziativa la Commissione europea ha denunciato che la nuova legge sul funzionamento del sistema giudiziario polacco verrebbe a compromettere ulteriormente l’indipendenza dei Giudici nazionali e risulterebbe incompatibile con il primato del diritto dell’U.E. impedendo ai Tribunali polacchi di applicare direttamente determinate disposizioni del diritto dell’U.E. a tutela dell’indipendenza giudiziaria e di presentare alla Corte di giustizia domande di pronuncia pregiudiziale su tali questioni.
La nuova legge, secondo la Commissione, avrebbe ampliato la nozione di reato disciplinare e quindi aumentato il numero di casi in cui il contenuto delle decisioni giudiziarie può essere qualificato come reato disciplinare, cosi trasformando il regime disciplinare come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie.