La sentenza di non doversi procedere, ai sensi dell’art. 26 D.P.R. 448/88, per difetto di imputabilità del minore presuppone che sia stata accertata la responsabilità dell’imputato ed occorre motivare sulle ragioni del mancato proscioglimento nel merito.

(Cass. Sezione V Penale, 17 gennaio – 11 maggio 2012, n. 18052)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. OLDI Paolo – Presidente
Dott. BEVERE Antonio – Consigliere
Dott. FUMO Maurizio – rel. Consigliere
Dott. ZAZA Carlo – Consigliere
Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) OMISSIS;
2) OMISSIS;
avverso la sentenza n. 185/2011 GIP TRIB. MINORENNI di TRENTO, del 03/10/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;
udito il P.G., in persona del sost. proc. gen. Dott. G. Mazzotta, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito il difensore,  che si è riportata ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.

Con la sentenza di cui in epigrafe, il gip presso il tribunale per i minorenni di Trento ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di OMISSIS e OMISSIS in quanto non imputabili perchè infraquattordicenni al momento del fatto. I predetti sono stati chiamati a rispondere di concorso nel delitto di lesioni in danno di OMISSIS.
Ricorre per cassazione il difensore di OMISSIS, procuratore speciale dei genitori del minore ( OMISSI e OMISSIS) e deduce, violazione del D.P.R. n. 448 del 1988, artt. 7 e 26, artt. 3, 10, 24, 27, 111 Cost., artt. 375, 369 c.p.p..
Nel caso in esame, il gip ha valutato gli atti e si è espresso, sia pure incidentalmente, sulla colpevolezza dei minori.
Ciò è avvenuto per altro sulla base della semplice querela dei genitori della PO, senza alcuna indagine da parte del PM, senza che gli incolpati abbiano potuto presentare le loro difese e, anzi, in assenza di qualsiasi informazione agli stessi o agli esercenti la potestà genitoriale.
Per altro, la motivazione della sentenza è anche contraddittoria, atteso che, prima si afferma “dagli atti emerge il coinvolgimento del minore nel fatto-reato”, quindi si precisa che è escluso “qualsiasi accertamento relativo all’eventuale insussistenza del fatto e alla sua attribuibilità all’indagato”.
Alla pronuncia di non imputabilità, per altro, è collegata l’iscrizione al casellario giudiziario, che permane sino al raggiungimento della maggiore età. Ne consegue che, nel caso in esame, si è violato il diritto di difesa e si è violato il principio del giusto processo. Si è, ad evidenza, verificata nullità assoluta ai sensi degli artt. 178-179 c.p.p. per violazione degli artt. 375, 369 del citato codice.
L’interpretazione fornita dal giudicante contrasta, inoltre, con gli artt. 3, 27, 111 Cost., nonchè con l’art. 10 della Carta fondamentale, per contrasto con norme sovrannazionali (in particolare con la convenzione di New York). Invero, secondo il gip, sarebbe, evidentemente, consentita l’emissione di un provvedimento giurisdizionale in materia penale senza che l’indagato o l’imputato sia stato informato del contenuto dell’accusa; peraltro la pronuncia sul difetto di imputabilità non può essere ricompresa tra le formule ampiamente liberatorie, anche perchè, come premesso, ad essa sono (o possono essere) collegate conseguenze sfavorevoli.
Nè la situazione muta se si ritiene che la sentenza di non luogo a procedere sia comunque estranea a qualsiasi accertamento della responsabilità del minore, in quanto una tale interpretazione comporterebbe la incostituzionalità del ricordato art. 26, sia per la conseguenza sfavorevole sopra indicata, sia perchè il soggetto infraquattordicenne sarebbe discriminato nei confronti dell’indagato, maggiore degli anni 14, che ha la possibilità di essere prosciolto nel merito.
Conclusivamente il ricorrente chiede alternativamente: 1) dichiararsi la nullità della sentenza impugnata per violazione di legge, 2) annullarsi con rinvio la sentenza impugnata, 3) annullare la predetta sentenza e prosciogliere con formula ampia B.W..
Questa Sezione ha recentemente affermato che la previsione di cui al D.P.R. n. 448 del 1988, art. 26, impone al giudice di dichiarare immediatamente, con sentenza, in ogni stato e grado del procedimento, non luogo a procedere, quando accerti che l’imputato sia minore degli anni quattordici, considerato che l’art. 97 c.p. stabilisce una presunzione assoluta di non imputabilità e, quindi, anche di assoluta incapacità processuale, che prescinde dall’effettivo riscontro della capacità di intendere e volere in capo al minore infraquattordicenne. Conseguentemente, al giudice non sarebbe consentito il preventivo accertamento per verificare l’eventuale insussistenza del fatto o la non attribuibilità dello stesso al minore imputato, prima della pronuncia di cui al D.P.R. n. 448 del 1988, art. 26, attesa l’ultroneità di qualsivoglia indagine in relazione a un fatto che la legge non consente di perseguire.
Proprio in applicazione del principio di cui sopra, questa Corte ebbe a dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputato, minore degli anni quattordici al momento del fatto, ricorso volto a censurare il mancato compimento, prima della sentenza di non luogo a procedere, di attività processuali, preordinate a dimostrare la propria estraneità ai fatti oggetto di imputazione. L’assunto sarebbe incondizionatamente da condividere, se nel vigente codice penale, non fosse tutt’ora presente ed “operante” (pur dopo la parziale “sterilizzazione” operata dalla Corte costituzionale) l’art. 224, che prevede la possibilità di applicare la misura di sicurezza del riformatorio o della libertà vigilata per il minore non imputabile, se pericoloso. Questa stessa sezione, tuttavia, con altre pronunzie – di poco anteriori a quella sopra ricordata ha sostenuto che la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità del minore postula il necessario accertamento di responsabilità dell’imputato e delle ragioni del mancato proscioglimento nel merito, ragioni che possono – per la verità- trovare anche motivazione implicita.
Ebbene, ritiene questo Collegio che tale seconda indicazione giurisprudenziale sia da seguire a preferenza della prima (e, di poco, più recente), atteso che essa appare correttamente orientata secundum Constitutionem.
Invero, la formula terminativa di cui al D.P.R. n. 448 del 1948, art. 26, non può essere considerata ampiamente liberatoria, alla stessa stregua di quelle di cui all’art. 129 c.p.p.. Conseguenza ne è la eventuale applicazione dell’art. 224 c.p..
Si profila, pertanto, una sostanziale incompatibilità tra il dettato del predetto art. 26 e quello del ricordato art. 224 c.p., atteso che il primo pretende che, preso atto della età infraquattordicenne della persona nei cui confronti le indagini sono state promosse o dovrebbero esserlo, il giudice emani sentenza di non luogo a provvedere, omettendo o sospendendo – secondo tale “lettura” – qualsiasi eventuale accertamento nel merito, mentre il secondo lascia aperta la possibilità, a seguito della decisione sopra indicata, della applicazione di provvedimenti anche fortemente incisivi sulla libertà personale o, quantomeno, su quella di movimento. E ciò anche dopo che la Corte cost.le, con la ricordata sentenza 20/71, ha eliminato l’automatismo di cui all’art. 224 c.p., comma 2; anzi, a ben vedere, proprio l’abolizione di tale automatismo rende ancor più problematica la coordinazione tra le due norme, atteso che, da un lato, il giudicante deve immediatamente dichiarare non luogo a provvedere, una volta effettuato il semplice “accertamento anagrafico”, dall’altro, dovrebbe essere in grado di conoscere il merito e di “scandagliare” la personalità del minore, allo scopo di valutare la necessità di applicare la misura di sicurezza.
Conseguentemente, sembrerebbe permanere nell’ordinamento una irragionevole situazione di contrasto e di stallo, con evidenti implicazioni circa la sospetta costituzionalità dell’una o dell’altra norma o del loro combinato disposto.
L’interprete è dunque obbligato ad adottare l’interpretazione conforme a Costituzione, vale a dire quella che impone che il giudice, prima di applicare l’art. 26 sopra ricordato, si ponga in condizione di escludere che l’infraquattordicenne possa legittimamente aspirare ad un proscioglimento nel merito.
Invero, se suprema lex, nella materia in esame, è l’interesse del minore ad una rapida fuoriuscita dal circuito processuale, nondimeno va osservato che tale percorso deve, comunque, essere effettuato con le cadenze, i tempi e, sopratutto, con le garanzie che caratterizzano il processo penale.
Diversamente opinando, oltretutto, l’art. 26 del D.P.R. citato finirebbe per entrare in contrasto, non solo – come anticipato – con il dettato costituzionale (art. 3, art. 26 comma 2, artt. 111, 112, 76, 10, 117), ma anche con norme sovrannazionali (in particolare con l’art. 40 della convenzione di New York e con l’art. 6 CEDU).
Invero esso consentirebbe, oltretutto, in base all’interpretazione che questo Collegio respinge, l’emissione di un provvedimento giurisdizionale in materia penale senza che l’indagato o l’imputato sia informato del contenuto dell’accusa.
La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio al Tribunale per i minorenni di Trento, per nuovo giudizio, il quale dovrà applicare l’art. 26 sopra ricordato, solo dopo aver accertato che il OMISSIS non sia meritevole di un proscioglimento nel merito.
Poichè il ricorrente è minorenne, deve farsi luogo al c.d.”oscuramento” dei dati identificativi dello stesso, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

PQM
annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale per i minorenni di Trento per nuovo giudizio.
Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.