La sentenza di proscioglimento divenuta irrevocabile ha effetto preclusivo anche laddove la stessa sia stata pronunciata da giudice ordinario carente di giurisdizione in ordine a reato militare.

(Cass. Sezione I Penale, 13 dicembre 2011 – 11 luglio 2012, n. 27635)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BARDOVAGNI Paolo – Presidente –
Dott. IANNELLI Enzo – Consigliere –
Dott. TARDIO Angela – Consigliere –
Dott. CAVALLO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. CASSANO Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE MILITARE della REPUBBLICA presso la CORTE MILITARE di APPELLO di ROMA;
nei confronti di:
OMISSIS
avverso la sentenza n. 442/2009 del GUP del TRIBUNALE MILITARE di VERONA, del 11/11/2010;
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. ANGELA TARDIO;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale dott. Luigi Maria FLAMINI, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
1. Con sentenza dell’11 novembre 2010 il G.u.p. del Tribunale militare di Verona, all’esito dell’udienza preliminare, ha dichiarato non luogo a procedere, perchè l’azione penale non doveva essere iniziata ex art. 649 cod. proc. pen., nei confronti di OMISSIS per il reato di lesioni personali di cui all’art. 223 e art. 47 c.p.m. p., n. 2 commesso il 27 giugno 2008, allo stesso contestato per avere, nella sua qualità di sottocapo OMISSIS della Marina Militare in servizio a bordo della nave Cavour, colpito con pugni e calci, in una via pubblica di La Spezia, per cause estranee al servizio e alla disciplina, il comune di seconda classe OMISSIS, cagionandogli contusioni varie guarite in cinque giorni, con l’aggravante del grado rivestito.
1.1. Il Giudice, a ragione della decisione, rilevava che:
– il G.u.p. del Tribunale ordinario di La Spezia per lo stesso fatto aveva emesso il 9 febbraio 2010 nel confronti dell’imputato sentenza di non doversi procedere in ordine al reato di cui all’art. 582 cod. pen. perchè l’azione penale non poteva essere proseguita per remissione di querela;
– avverso tale sentenza non era stata proposta impugnazione in termini ai sensi dell’art. 428 cod. proc. pen.;
– il fatto oggetto di detto processo, che era richiamato e riassunto, era lo stesso di cui al procedimento pendente, anche se erroneamente ricondotto, attesa la qualità di militari dei soggetti coinvolti, alla fattispecie di cui all’art. 582 cod. pen., invece che a quella di cui all’art. 223 c.p.m.p., essendo uguali la condotta, l’evento, il nesso causale e le circostanze di tempo, di luogo e di persona;
– non solo l’art. 649 cod. proc. pen. era da ritenere applicabile alla sentenza di non luogo a procedere secondo la giurisprudenza di questa Corte, ma nella specie la sentenza, avendo dichiarato l’estinzione del reato, non era revocabile ed era equiparata alla sentenza di proscioglimento, producendo un effetto preclusivo irreversibile.
2. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il Procuratore Generate Militare della Repubblica presso la Corte militare d’appello di Roma, che ne chiede l’annullamento, denunciando, con unico motivo, inosservanza o erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b), con riferimento agli artt. 649 e 425 cod. proc. pen., e manifesta illogicità della motivazione, al sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), per essersi erroneamente ritenuto che l’imputato non doveva essere sottoposto a procedimento penale militare in conseguenza di precedente procedimento penale per il medesimo fatto, definito con sentenza del Giudice ordinario di non luogo a procedere per remissione di querela.
Secondo il ricorrente, il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo il quale la sentenza di non luogo a procedere per estinzione dei reato è equiparata alla sentenza di proscioglimento, non è applicabile quando la sentenza sia emessa erroneamente dal Giudice ordinario carente di giurisdizione per un reato pacificamente militare, e non comune, perseguibile a richiesta del Comandante di corpo, e non a querela sconosciuta al diritto penale militare.
3. In data 6 dicembre 2011 il difensore dell’imputato ha depositato memoria, con la quale chiede dichiararsi inammissibile il ricorso del Procuratore Generale, rilevando che la pronuncia del G.u.p. del Tribunale ordinario di La Spezia, non impugnata, è divenuta non revocabile anche rispetto alla questione di giurisdizione, precludendo altro giudizio anche dinanzi alla Giurisdizione militare.
1. Il ricorso è infondato.
2. Questa Corte ha più volte affermato che il principio generale del ne bis in idem, di cui sono espressione gli artt. 649 e 669 cod. proc. pen., al pari delle norme sui conflitti positivi di competenza (artt. 28 e segg. cod. proc. pen.), tende a evitare che per lo stesso fatto reato si svolgano più procedimenti contro la stessa persona e si emettano più provvedimenti anche non Irrevocabili, l’uno indipendente dall’altro, e a porre rimedio alle violazioni del principio stesso.
Ai fini della preclusione connessa al predetto principio, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, dep. 28/09/2005, P.G. in proc. Donati e altri, Rv.
231799; Sez. 1, n. 19787 del 21/04/2006, dep. 09/06/2006, Marchesini, Rv. 234176; Sez. 2, n. 21035 del 18/04/2008, dep. 27/05/2008, Agate e altri, Rv. 240106; Sez. 5, n. 16703 del 11/12/2008, dep. 20/04/2009, Palanza e altri, Rv. 243330; Sez. 4, n. 48575 del 03/12/2009, dep. 18/12/2009, Bersani, Rv. 245740; Sez. 2, n. 26251 del 27/05/2010, dep. 09/07/2010, Rapisarda e altri, Rv. 247849; Sez. 5, n. 28548 del 01/07/2010, dep. 20/07/2010, Carbognani, Rv. 247895).
2.1. E’ consolidato l’orientamento che ritiene che la preclusione conseguente alla consumazione del potere di azione penale che si consolida, restando immutati i termini oggettivi e soggettivi della regiudicanda, a chiusura del processo, e che determina la dichiarazione di impromovibilità dell’azione penale quale epilogo necessitato del secondo processo, giustifica tale dichiarazione anche in presenza di provvedimenti decisori diversi da quelli indicati nell’art. 649 cod. proc. pen., come, tra l’altro, nel caso della sentenza di non luogo a procedere ove in concreto manchino le condizioni per la sua revocabilità ex art. 434 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, citata, e precedenti ivi richiamati).
Si è anche osservato che quando la sentenza è stata emessa ex art. 425 cod. proc. pen. per estinzione dei reato, l’effetto preclusivo è irreversibile, al pari di quello di cui all’art. 649 cod. proc. pen., non potendosi configurare neppure in via ipotetica la sopravvenienza dei presupposti per un nuovo esercizio dell’azione penale (Sez., 6, n. 459 del 08/11/1996, dep. 24/01/1997, Privitera, Rv. 207728; Sez. 3, n. 2455 del 06/07/1999, dep. 25/09/1999, Levrino F., Rv. 214905;
Sez. 4, n. 31446 del 25/06/2008, dep. 28/07/2008, P.G. in proc. Mustaccioli, Rv. 240894).
3. Di detti principi, che il collegio condivide e riafferma è stata fatta esatta interpretazione e corretta applicazione da parte del G.u.p. del Tribunale militare di Verona.
La sentenza impugnata, in coerenza con i dati fattuali disponibili, specificatamente richiamati, ha rilevato che il procedimento oggetto di trattazione aveva a oggetto il medesimo fatto oggetto della sentenza emessa dal GUP del Tribunale di La Spezia, uguali essendo la condotta, l’evento, il nesso causale, le circostanze di tempo, di luogo e di persona, e tutelando l’art. 582 cod. pen., cui la detta sentenza si era riferita, lo stesso bene giuridico di cui all’art. 223 c.p.m.p., e ha rimarcato, con ampi richiami agli indicati principi, che la sentenza di non luogo a procedere, emessa dal G.u.p. del Tribunale ordinario nei confronti dell’Imputato perchè l’azione penale non poteva essere proseguita per intervenuta remissione della querela, era preclusiva dell’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la stessa persona, in mancanza delle condizioni per la sua revocabilità, e, anzi, irreversibilmente, per il suo contenuto dichiarativo della estinzione del reato.
4. La censura mossa dal ricorrente Procuratore, che non ha contestato l’identità del fatto, nè la correttezza degli indicati principi di diritto, attiene alla pertinenza degli stessi al caso di specie in dipendenza della erronea pronuncia della prima sentenza ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen. da parte del Giudice ordinario, e non del Giudice militare, con riguardo a un fatto, erroneamente qualificato come reato comune perseguibile a querela, costituente, invece, pacificamente ed esclusivamente reato militare, procedibile a richiesta del Comandante del corpo ex art. 260 c.p.m.p., comma 2.
4.1. Devono farsi due considerazioni in diritto.
4.1.1. Si rileva, innanzitutto, che la giurisdizione militare in tempo di pace sussiste, per espressa previsione dell’art. 103 Cost., comma 3, “soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze Armate”, ed è, quindi, riferita alla cognizione dei reati militari, ovvero – secondo la definizione datane dall’art. 37 c.p.m.p., comma 1, – delle violazioni delle leggi penali militari, sanzionate con una pena militare.
Tale particolare giurisdizione, circoscritta entro limiti rigorosi, come più volte ribadito dalla Corte Cost. (tra le altre, sentenze n. 29 del 1958, n. 48 del 1959, n. 81 del 1980, n. 112 e n. 113 del 1986, n. 206 del 1987), quale deroga alla giurisdizione ordinaria da considerare, per il tempo di pace, come ia “giurisdizione normale”, e la cui eccezionalità è sottolineata dall’uso dell’avverbio “soltanto” nell’indicato art. 103 Cost., comma 3, è esercitata, salva l’ipotesi di connessione nel caso di pluralità di reati, comuni e militari, di cui all’art. 13 cod. proc. pen., comma 2, dal Tribunale militare che giudica, nella fase dibattimentale, in composizione collegiale mista, quale giudice specializzato con l’intervento di un membro laico, ufficiale delle Forze armate di grado almeno pari a quello dell’imputato, il cui apporto qualificato è volto a integrare le conoscenze prevalentemente tecnico – giurldiche dei giudici professionali (tra le altre, Sez. 1, n. 2631 del 31/05/1994, dep. 22/08/1994, P.G. Mil. in proc. Garro, Rv.
198899; Sez. 1, n. 6308 del 28/11/1996, dep. 23/12/1996, Della Penna, Rv. 206347; Sez. 1, n. 5074 del 21/09/1999, dep. 28/10/1999, Chioni, Rv. 214422; Sez. 1, n. 4488 del 19/06/2000, dep. 26/06/2000, P.M. in proc. Spotorno, Rv. 216290; Sez. 1, n. 16439 del 03/03/2005, dep. 02/05/2005, P.M. in prò. Tria; Sez. 1, n. 21863 del 05/05/2008, dep. 30/05/2008, Poggiali, Rv. 240420), fermi restando i poteri di cognizione e di decisione, quale giudice militare monocratico, del giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare secondo i principi del codice di rito penale, in virtù del principio di complementarietà espresso nell’art. 261 c.p.m.p., secondo il quale “salvo che la legge disponga diversamente, te disposizioni del codice di procedura penale si osservano anche per i procedimenti davanti ai Tribunali militari” (Sez. 1, n. 2215 del 19/01/1996, dep. 29/02/1996, P.M. in proc. Pellecchia, Rv. 203894).
4.1.2. Si rileva, inoltre, che la sentenza che decide sulla giurisdizione è inoppugnabile, ai sensi dell’art. 568 cod. proc. pen., comma 2, in relazione all’art. 591 cod. proc. pen., comma 1, lett. b), e può, per costante giurisprudenza di questa Corte, soltanto dare luogo a conflitto di giurisdizione a l; norma dell’art. 28 cod. proc. pen., denunciabile anche nel corso delle indagini preliminari quando due o più giudici diversi (tutti ordinati o ordinar e speciali) prendano cognizione ovvero si rifiutino di conoscere lo stesso fatto attribuito al medesimo soggetto, e proponibile anche per la soluzione dei rapporti tra il giudice ordinario e il giudice speciale militare (Sez. 1, n. 6518 del 06/12/1996, dep. 13/01/1997, P.M. in proc. Esposito, Rv. 206608; Sez. 1, n. 33891 del 26/06/2009, dep. 03/09/2009, Toscano, Rv. 244832).
4.2. Tanto rilevato, l’infondatezza della doglianza oggetto del proposto ricorso discende dal rilievo – che muove dalla duplice considerazione dei rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale militare, soggetti ai principi dettati, in tema di conflitto di giurisdizione, dagli artt. 28 e segg. cod. proc. pen., e dell’effetto preclusivo della sentenza, emessa ex art. 425 cod. proc. pen., anche quanto al presupposto della giurisdizione – della non contestabilità della giurisdizione del GUP del Tribunale ordinario che ha emesso la sentenza pregiudicata, nei cui confronti le parti avrebbero potuto solo, se del caso, denunciare conflitto, non proposto, e della sua efficacia preclusiva rispetto a un secondo giudizio per il medesimo fatto, legittimamente rilevata.
5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

PQM

Rigetta il ricorso.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.