La norma sul reato di “atti persecutori” (art. 612 bis c.p.p) è stata inserita nel nostro ordinamento a tutela della libertà morale della persona e ha ad oggetto condotte reiterate di minaccia e molestia che determinano nella vittima, alternativamente: un perdurante e grave stato di ansia o paura; un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona comunque affettivamente legata; la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.
Sul dolo generico ravvisabile in questi comportamenti seriali del [OMISSIS], l’ordinanza si è ugualmente espressa in maniera del tutto adeguata e completa, avendo messo in risalto come l’indagato, passando ripetutamente nei luoghi frequentati dalla minore, proprio negli orari in cui ella era solita ivi trovarsi, abbia dimostrato di rappresentarsi gli effetti psicologici concretamente realizzati.
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Quinta Penale
Sentenza 12 gennaio – 26 marzo 2010, n. 11945
[OMISSIS]
Con ordinanza emessa in sede di riesame il 4.8.2009, il Tribunale di Messina ha confermato il provvedimento del GIP del Tribunale di Barcellona, con il quale è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari, nei confronti di [OMISSIS], in ordine al reato ex art. 612 bis c.p..
Il difensore ha presentato ricorso per violazione di legge in riferimento all’art. 612 bis c.p., agli artt. 273, 274, 275, 282 c.p.p., nonché per vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente, il Tribunale ha ridotto la parte motiva relativa alla qualificazione giuridica del fatto a poche espressioni con cui esprime giudizio positivo sulle argomentazioni contenute nell’ordinanza cautelare, senza specificare per quali ragioni i comportamenti dell’imputato avrebbero integrato l’ipotesi di molestia o avrebbero il carattere di abitualità.
Quanto all’elemento psicologico il Tribunale esprime la sussistenza del dolo generico, senza fornire alcun elemento a sua giustificazione.
A giudizio del ricorrente, il giudice del riesame ha complessivamente omesso di effettuare un’analitica dimostrazione della sussistenza di tutti gli elementi legittimanti il riconoscimento della base indiziaria del provvedimento coercitivo e delle esigenze cautelari.
Altra censura riguarda l’assenza di valutazione sull’adeguatezza e proporzionalità della misura degli arresti domiciliari, valutazione sollecitata dai rilievi critici della difesa.
I motivi del ricorso sono manifestamente infondati.
II Tribunale del Riesame, ha delineato il quadro indiziario grazie a un’accurata analisi delle principali fonti conoscitive, attivate nel corso delle indagini preliminari.
Ha fondato così il suo convincimento sulle dichiarazioni della minore nonché su quelle della nonna, [OMISSIS], e della madre [OMISSIS], con le quali la fanciulla si era confidata.
Dalle loro deposizioni è emerso che, in più giorni, compresi tra fine marzo e fine aprile dell’anno allora in corso, spesso quotidianamente, la minore, dell’età di 12 anni, mentre era in attesa dell’autobus di linea, alla fermata posta nei pressi della propria abitazione, era stata avvicinata da un uomo, alla guida di un furgone, che le aveva rivolto apprezzamenti, mandandole dei baci e l’aveva invitata a salire sul veicolo.
Il giorno 3 aprile, l’uomo si era recato alla scuola della minore, rimanendo dinanzi all’istituto, rivolgendole sguardi insistenti e minacciosi.
Questi fatti avevano fortemente turbato la minore, tanto da indurla a chiedere ai familiari di non recarsi più a scuola per timore per la propria incolumità fisica.
Grazie ad operazioni di osservazione, effettuate dai carabinieri è risultato che effettivamente il conducente del furgone – identificato con certezza nell’attuale indagato – era più volte, anche a brevi intervalli, passato dinanzi all’abitazione della minore rivolgendovi lo sguardo con insistenza. Sulla base di questa ricostruzione dei fatti, l’ordinanza del Tribunale del Riesame – esaminata adeguatamente la piena credibilità delle principale fonte conoscitiva – ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza, in ordine al reato ex art. 612 bis c.p., esponendo argomentazioni tecnicamente corrette, in ordine alla collocazione dei comportamenti del [OMISSIS] nell’ipotesi criminosa (cd stalking, letteralmente “atto di fare la posta alla preda”) introdotta con l’art. 7 del decreto legge 23.2.2009 n. 11, convertito in legge 23.4.2009 n. 38.
Come è noto, la norma sul reato di “atti persecutori” è stata inserita nel nostro ordinamento a tutela della libertà morale della persona e ha ad oggetto condotte reiterate di minaccia e molestia che determinano nella vittima, alternativamente:
– un perdurante e grave stato di ansia o paura,
– un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona comunque affettivamente legata,
– la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.
È evidente la precisa conformità alla norma in esame, della qualificazione giuridica delle condotte del [OMISSIS] contenuta nella motivazione dell’ordinanza impugnata, laddove pone in evidenza i caratteri di reiterazione nel tempo delle illecite condotte del [OMISSIS], che si sono succedute per un ampio arco di tempo, con cadenza anche quotidiana, tanto da giustificare, nel corso delle indagini preliminare, l’accertamento del perdurante stato patologico da esse causato nella vittima.
Pienamente corretta è la definizione di tali atti come molesti, cioè forieri di alterazione della serenità e dell’equilibrio della minore, in quanto diretti a forzare la sua attenzione e a stringere con lei un rapporto, percepito evidentemente come anomalo e pericoloso dalla destinataria.
L’ordinanza ha poi analizzato la realizzazione di uno dei tre tipici eventi, delineati dalla norma in esame e cioè il perdurante e grave stato di ansia e di paura, in quanto ha compiutamente descritto il destabilizzante turbamento psicologico della minore, che ripetutamente ha manifestato il suo stato nei racconti alla nonna e alla madre, giungendo fino a esprimere l’intento di rinunciare a recarsi a scuola.
La non realizzazione di questo intento ha evitato che la condotta del [OMISSIS] determinasse anche un altro evento previsto dalla norma (l’alterazione delle proprie abitudini di vita).
Sul dolo generico ravvisabile in questi comportamenti seriali del [OMISSIS], l’ordinanza si è ugualmente espressa in maniera del tutto adeguata e completa, avendo messo in risalto come l’indagato, passando ripetutamente nei luoghi frequentati dalla minore, proprio negli orari in cui ella era solita ivi trovarsi, abbia dimostrato di rappresentarsi gli effetti psicologici concretamente realizzati.
L’ordinanza ha dato una giustificazione pienamente corretta alla prognosi negativa, ex art. 274 lett. c) c.p.p. sui futuri comportamenti del [OMISSIS] mediante a) il richiamo alla gravità dei fatti e alle modalità di esecuzione in danno della persona offesa, b) il richiamo ad altro gravissimo comportamento del [OMISSIS], tenuto il 2 luglio successivo, in danno di altra minore.
Ugualmente è aderente alla disciplina sui requisiti di adeguatezza e proporzione della coercizione personale in atto, il rilievo dato dall’ordinanza alla capacità a delinquere del [OMISSIS] e all’inidoneità di altra misura meno gravosa a far fronte a esigenze di prevenzione speciale di così alto spessore.
La manifesta infondatezza dei motivi del ricorso comporta la declaratoria della sua inammissibilità, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 in favore della cassa delle ammende.