Il porto abusivo di uno strumento da punta o da taglio integra il reato previsto dall’art. 4 della legge 110/1975, quando si accerti in concreto l’attitudine all’offesa, non essendo più rilevanti le dimensioni dello strumento a seguito dell’abrogazione dell’art. 80 del Regolamento per l’esecuzione del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza.
(Cass. penale Sez. I, sentenza 22 marzo – 5 aprile 2011, n. 13618)
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Prima Penale
Sentenza 22 marzo – 5 aprile 2011, n. 13618
[OMISSIS]
Con sentenza deliberata il 21 settembre 2010 e depositata il 24 settembre 2010, il Giudice della udienza preliminare del Tribunale per i Minorenni di Ancona ha dichiarato il non luogo a procedere, perché il fatto non costituisce reato, nei confronti del minore in epigrafe indicato, imputato della contravvenzione di porti di armi od oggetti atti ad offendere, ai sensi dell’articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, commessa in [OMISSIS] motivando sulla base dell’accertamento della materialità della condotta: la lama del coltello, dalla lunghezza complessiva di dieci centimetri, misura quattro centimetri; l’utensile, pertanto, non eccedendo i limiti stabiliti dall’articolo 80 del Regolamento per l’esecuzione del Testo Unico delle leggi di P.S., approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, non deve considerarsi strumento da punta e da taglio atto a offendere.
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, mediante atto recante la data del 9 ottobre 2010, depositato l’11 ottobre 2010, col quale denunzia ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p., erronea applicazione della legge penale, in relazione all’articolo 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110, deducendo: l’articolo 80 del Regolamento per l’esecuzione del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, è stato abrogato; per effetto della abrogazione della norma il dato considerato dal giudice a quo della lunghezza della lama non vale a escludere la ricorrenza del reato; si deve, invece, apprezzare l’attitudine dello strumento da punta e da taglio alla offesa della persona; e nella specie il coltello portato, senza giustificato motivo, dal giudicabile è dotato di “adeguata lama” e presenta “caratteristiche di pericolosità”.
Il ricorso è fondato.
Giova ricordare che questa Corte ha, da tempo, fissato il seguente principio di diritto:
In tema di reati concernenti le armi, la definizione degli strumenti da punta e da taglio atti a offendere, il cui porto è vietato senza giustificato motivo, era contenuta nell’articolo 80 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per l’esecuzione del T.U.L.P.S.) in funzione espressa ed esclusiva dell’articolo 42 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.) il cui secondo comma è stato espressamente abrogato dall’articolo 4, penultimo capoverso, della legge 18 aprile 1975 n. 110: deve pertanto ritenersi che all’abrogazione non sfugga anche il predetto articolo 80.
Ne consegue che, dopo l’entrata in vigore della legge n. 110 del 1975, la categoria degli strumenti da punta e da taglio atti a offendere non può più essere individuata in base all’articolo 80 citato, in quanto ormai svincolata del tutto dalla elencazione in esso contenuta; perciò in tale categoria vanno compresi anche tutti gli strumenti che prima erano esclusi e il cui porto era in ogni caso consentito.
L’articolo 4 della legge n. 110 del 1975, nel disciplinare “ex novo” la materia, prevede soltanto l’accertamento in concreto dell’attitudine ad offendere dello strumento, prescindendo, per quanto concerne i coltelli, dalle esclusioni un tempo previste, per quelli di minori dimensioni, dall’articolo 80 del Regolamento per l’esecuzione del T.U.L.P.S.
Epperò le dimensioni dello strumento da punta e da taglio sono, di per sé, affatto “irrilevanti”: la relativa potenzialità offensiva deve essere esclusivamente desunta dalle caratteristiche dell’utensile.
Conseguono l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio, per nuovo giudizio, al Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale per i Minorenni di Ancona, il quale si conformerà al principio di diritto testé enunciato.
[OMISSIS]
Il ricorso è fondato.
Giova ricordare che questa Corte ha, da tempo, fissato il seguente principio di diritto:
In tema di reati concernenti le armi, la definizione degli strumenti da punta e da taglio atti a offendere, il cui porto è vietato senza giustificato motivo, era contenuta nell’articolo 80 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per l’esecuzione del T.U.L.P.S.) in funzione espressa ed esclusiva dell’articolo 42 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.) il cui secondo comma è stato espressamente abrogato dall’articolo 4, penultimo capoverso, della legge 18 aprile 1975 n. 110: deve pertanto ritenersi che all’abrogazione non sfugga anche il predetto articolo 80.
Ne consegue che, dopo l’entrata in vigore della legge n. 110 del 1975, la categoria degli strumenti da punta e da taglio atti a offendere non può più essere individuata in base all’articolo 80 citato, in quanto ormai svincolata del tutto dalla elencazione in esso contenuta; perciò in tale categoria vanno compresi anche tutti gli strumenti che prima erano esclusi e il cui porto era in ogni caso consentito.
L’articolo 4 della legge n. 110 del 1975, nel disciplinare “ex novo” la materia, prevede soltanto l’accertamento in concreto dell’attitudine ad offendere dello strumento, prescindendo, per quanto concerne i coltelli, dalle esclusioni un tempo previste, per quelli di minori dimensioni, dall’articolo 80 del Regolamento per l’esecuzione del T.U.L.P.S.
Epperò le dimensioni dello strumento da punta e da taglio sono, di per sé, affatto “irrilevanti”: la relativa potenzialità offensiva deve essere esclusivamente desunta dalle caratteristiche dell’utensile.
Conseguono l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio, per nuovo giudizio, al Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale per i Minorenni di Ancona, il quale si conformerà al principio di diritto testé enunciato.
[OMISSIS]