Quando l’intercettazione è già ritualmente autorizzata nell’ambito di un procedimento, i suoi esiti possono essere utilizzati anche per i reati diversi ma soggettivamente ed oggettivamente connessi o collegati, che siano emersi dalla medesima attività di intercettazione, anche quando il loro titolo o il loro trattamento sanzionatorio non avrebbero consentito un autonomo provvedimento autorizzativo.
(Cass. Sezione VI Penale, 14 gennaio – 26 settembre 2011, n. 34735)

La pronuncia in esame aderisce all’orientamento giurisprudenziale tracciato dalle sentenze n. 39761/2010 e n. 794/2011 ma, sul punto, sussiste un netto contrasto giurisprudenziale per il quale sarebbe auspicabile un intervento delle Sezioni Unite.
Invero, il secondo e più garantista orientamento prevede che i risultati delle intercettazioni telefoniche, disposte per un un determinato reato, possono essere utilizzate per un reato diverso solo quando quest’ultimo rientra tra quelli punibili con una delle pene indicate nell’art. 266 c.p.p (Cass. n. 9247/1994).
Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.

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