La violazione del divieto imposto al difensore di assumere più incarichi difensivi, in favore di imputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di altro imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso o collegato, comporta la nullità delle dichiarzioni, anche se non espressamente prevista, solo nel caso che via sia stato un effettivo e concreto pregiudizio difensivo dell’imputato.

(Cass. Sezione VI Penale, 8 febbraio – 1 marzo 2012, n. 8067)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GARRIBBA Tito – Presidente
Dott. CORTESE Arturo – Consigliere
Dott. LANZA Luigi – rel. Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
OMISSIS, nato l'(OMISSIS);
e da OMISSIS, nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza 8 novembre 2010 della Corte di appello di Firenze;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Luigi Lanza;
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Geraci Vincenzo che ha concluso per il rigetto dei ricorsi, nonchè i difensori dei ricorrenti, avv. OMISSIS per OMISSIS, e avv. OMISSIS per OMISSIS, i quali hanno chiesto l’accoglimento delle rispettive impugnazioni.
OMISSIS e OMISSIS ricorrono avverso la sentenza 8 novembre 2010 della Corte di appello di Firenze, che, in parziale riforma della sentenza 12 marzo 2009 del Tribunale di Pistoia, qualificati tutti i reati ritenuti dal primo giudice come violazione dell’art. 319 c.p. e riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ha ridotto la pena ad anni tre di reclusione ciascuno.
La Corte di appello ha così determinato la pena per i due Incaricati di pubblico servizio partendo dalla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione (previa riduzione ex art. 320 c.p. delle pene stabilite dall’art. 319 c.p. per il solo pubblico ufficiale) per le condotte in danno del OMISSIS, fissando la sanzione finale di anni 3, applicata la riduzione ex art. 62 bis c.p. ed aumentata la pena ex art. 81 cpv. c.p..
1.) il ricorso di OMISSIS.
L’impugnazione del OMISSIS dedica le prime dieci pagine ad una serie di rilievi preliminari nei quali si evidenzia: a) che il ricorrente, necroforo, sia in appello che in primo grado ed anche nella fase delle indagini preliminari, è stato difeso di fiducia dagli Avv.ti OMISSIS e OMISSIS, entrambi del Foro di Pistoia;
b) che i medesimi legali hanno difeso nelle indagini preliminari, in primo grado ed in appello, anche il coimputato necroforo, OMISSIS, accusato del medesimo reato e con posizione processuale praticamente speculare a quella del OMISSIS; c) che i detti avv.ti , nelle indagini preliminari ed in primo grado, gli stessi avvocati, nel medesimo processo, senza che nessuno ne avesse mai rilevato la palese incompatibilità, avevano anche difeso e fatto assolvere OMISSIS, titolare della ditta di pompe funebri “OMISSIS”, accusato di essere il corruttore dei necrofori asseritamente corrotti; d) che il titolare della ditta aveva anche reso dichiarazioni compromettenti, riconoscendo il passaggio di danaro nei confronti dei necrofori (pag.
17 sentenza di appello) in danno degli altri imputati e quindi anche di OMISSIS.
Sulla base di tali elementi il difensore del OMISSIS deduce quindi con un primo motivo la nullità assoluta delle due sentenze, di primo e secondo grado, per palese violazione del diritto di difesa del suo assistito in relazione al disposto dell’art. 106 c.p.p..
Il motivo per come proposto non supera la soglia dell’ammissibilità.
Va infatti ed in proposito condiviso quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il divieto di assunzione da parte di uno stesso difensore della difesa di più imputati, che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilità di altro imputato nello stesso procedimento o in procedimento connesso o collegato, si considera predisposto ad evitare che la comunanza delle posizioni difensive influisca sulla genuinità ed indipendenza delle dichiarazioni stesse, e, come tale, non risulta sanzionato con espressa previsione di nullità, sicchè occorre verificare di volta in volta, per l’affermazione della nullità, l’esistenza di un effettivo e concreto pregiudizio effettivamente arrecato della difesa dell’imputato stesso (cass. pen. sez. 6, 47079/2008 Rv. 242145, cass. pen. sez. 2, 11865/2006 Rv. 233804).
Inoltre, non è sufficiente a integrare l’incompatibilità del difensore la diversità di posizioni giuridiche o di linee di difesa tra più imputati, ma occorre che la versione difensiva di uno di essi sia assolutamente inconciliabile con la versione fornita dagli altri assistiti, così da determinare un contrasto radicale e insuperabile, tale da rendere impossibile, per il difensore, sostenere tesi logicamente inconciliabili tra loro (cass. pen. sez. 1, 41305/2009 Rv. 245038), circostanza questa che incombeva al ricorrente di documentare (in adempimento al criterio dell’autosufficienza del ricorso) e, comunque, di prospettare in modo concreto con il rilievo dell’effettivo pregiudizio.
Da ciò la declaratoria di inammissibilità della relativa doglianza.
Con un secondo motivo si lamenta manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all’esistenza dell’elemento soggettivo e dell’elemento materiale dei reati oggetto di condanna, nonchè ci si duole della determinazione della sanzione, avuto riguardo alla qualità di incaricato di pubblico servizio del ricorrente.
Il motivo è per più profili inammissibile o palesemente infondato.
L’inammissibilità travolge le critiche del gravame che, sul piano della qualificazione giuridica dei fatti e delle attribuzioni di responsabilità, sembrano ignorare l’ampia e precisa argomentazione della corte distrettuale la quale ha fornito adeguata e completa spiegazione della decisione di colpevolezza e degli elementi utilizzati per il manifestato convincimento di reità, elementi tutti che, per come sono stati opportunamente valorizzati, ed analiticamente esposti danno congrua risposta alle doglianze difensive.
Le argomentazioni prospettate nel ricorso si risolvono infatti nel proporre una diversa valutazione del compendio probatorio, non consentita in sede di legittimità, quando ricorra, come nella specie, una struttura di giustificazione dell’affermata colpevolezza, improntata a corretti parametri di valutazione della prova ed espressa con una motivazione congrua, adeguata e priva di incoerenze od illogicità inferenziali od espositive.
Quanto alla palese infondatezza, questa attiene alle deduzioni, peraltro non molto chiare, sulla determinazione della sanzione, che risulta invece correttamente determinata dalla Corte di appello in funzione della ritenuta diversa qualificazione del fatto.
2.) il ricorso di OMISSIS
Con un unico motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della lettura ex art. 512 c.p.p. delle dichiarazioni, rese al P.M. il 27 luglio 2005, da OMISSIS (indagata ed iscritta nel registro degli indagati per il reato di corruzione), in allora colpita da malattia a prognosi infausta ed il cui decesso, ben prevedibile (la donna è morta a soli OMISSIS anni il OMISSIS), sarebbe stato escluso dalla corte distrettuale con motivazione priva di logicità.
Nella specie quindi vi sarebbe stata violazione del canone del rispetto del principio del contraddittorio in relazione al dettato dell’art. 111 Cost., comma 5, e dell’art. 6 p. 1-3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
In conclusione, per la difesa del ricorrente, la colpevolezza dello OMISSIS sarebbe stata desunta da dichiarazioni inutilizzabili, senza che i giudici di merito abbiano individuato “elementi ulteriori a conforto” dell’assunto di responsabilità.
La doglianza è palesemente priva di fondamento.
E’ noto che la sopravvenuta impossibilità, per fatti o circostanze imprevedibili, della ripetizione di atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal P.M., dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso dell’udienza preliminare, rientra nel libero apprezzamento del giudice di merito, la cui valutazione, se adeguatamente e logicamente motivata, non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità (cass. pen. sez. 4, 842/2008; rv. 238664. massime precedenti conformi: n. 42926 del 2002 Rv. 223090).
Orbene, nella specie, l’argomentazione dei giudici di merito, in punto di “Imprevedibilità dell’evento morte” dell’indagata OMISSIS, risulta sostenuta da una plausibile e giustificazione che da ragionevole conto, sia pure nel quadro della patologia in allora conoscibile e curata, della oggettiva impossibile “imminente previsione dell’evento letale” (tra l’altro verificatosi quasi nove mesi dopo), con conseguente insindacabilità di detto giudizio in sede di legittimità.
Cosi ribadita la piena utilizzabilità delle dichiarazioni della OMISSIS, la colpevolezza del ricorrente trova ampia spiegazione e fondamento nella diffusa motivazione della Corte distrettuale che, come già detto, risulta priva sul punto di invalidità od incongruenze qui apprezzabili, considerato ancora che le doglianze prospettate nell’impugnazione si risolvono in una non consentita rivalutazione del merito.
Entrambi i ricorsi vanno quindi dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati ciascuno alle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

PQM

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.

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